Proseguiamo il ricordo di Padre Flaminio Rocchi nel centenario della sua nascita, con la pubblicazione dell’intervento di Adriana Martinoli in occasione dll’incontro-ricordo organizzato dalla famiglia Rocchi.
Con riferimento ad alcune fonti documentali trovate nel piccolo archivio di mio padre, Giuseppe (Bepi) Martinoli ho l’intento di offrire alcuni spunti che si collegano alla intensa vita di Padre Flaminio Rocchi: dalla missione pastorale della sua vita all’insostituibile protagonista tra gli Esuli.
Per oltre 50 anni è stato il punto di riferimento dei profughi italiani dell’Istria, di Fiume, del Quarnero, della Dalmazia tutta, non solo per gli incontri che intratteneva con personalità politiche e istituzionali, per la promozione di innumerevoli emendamenti legislativi, per i consigli sul da farsi, ma anche in quanto reale sostegno per i delicati problemi personali, privati. Ed è in questa sfera che emergevano la sua forza, la sua tenacia, le sue doti di grande umanità, vicinanza, partecipazione, serenità. Padre Rocchi comunicava con il cuore prima che con le parole. Ha avuto l’intelligenza di saper organizzare e coordinare assieme ad altri personaggi illustri le risorse concrete risollevando lo spirito dei profughi e facendo intravvedere loro la speranza nel futuro.
Le persone, i luoghi
Dunque le persone e i luoghi… sì, perché Padre Rocchi aveva ampi orizzonti, dalla sua piccola e amata Neresine nell’isola di Lussino nel Quarnero dove nasce nel 1913. Nella rappresentazione cartografica di Vincenzo Maria Coronelli – presumibilmente dell’Isolario dell’Atlante Veneto del 1696-’97 – l’isola porta il nome Isola d’Ossoro, vi compaiono Neresine, S. Giacomo di Neresine, Chiunski, Lusin Piccolo, Lusin Grande, gli Scogli di S. Pietro de’ Nembi). Padre Rocchi conosceva bene la storia delle chiese e dei conventi adriatici. Tutti questi luoghi e altri ancora dell’Istria, della Dalmazia, della Venezia Giulia gli sono familiari sia per i contatti che intratteneva con i religiosi e i fedeli sia per cultura storica maturata durante gli anni di studio al Seminario di Zara e poi a Bologna (ad es. citava spesso il Duomo di Lussingrande che sorge sulla piccola chiesetta del 1440, riedificata nel 1675 e poi ingrandita nel 1774, e arredata con opere di pregio: dal dipinto di Bartolomeo Vivarini che ritrae la Madonna con Bambino in trono, all’opera scultorea del veneziano Paolo Groppelli, la Madonna con il Bambino) e l’altare principale in marmo di Carrara.
Grande e profondo era, nelle isole di Lussino e Cherso, il sentimento religioso. Ne è testimonianza tangibile la quantità di chiese, chiesette, conventi, istituti religiosi, spesso raffigurati nelle cartoline come il sontuoso altare del Duomo di Lussinpiccolo in una cartolina del 1956 inviata da Don Ottavio Haracich (Caraci) a mio padre; il convento delle Benedettine di Cherso e l’immagine/santino che Padre Rocchi inviò nel 1984 a mia mamma Luisella Budini Martinoli, in seguito al Raduno degli esuli a Padova, nella quale si vede il Santuario di S. Maria Maddalena di Neresine costruito nel 1456. Inoltre, il Duomo della Madonna della Salute, di Neresine, costruito nel 1878 e riparato nel 1983 con il contributo dei neresinotti residenti in Italia e negli Stati Uniti. Dietro all’immaginetta si legge «Dal Vaticano è giunto a P. Flaminio Rocchi il seguente telegramma: Sommo Pontefice si compiace et invia confortatrice Benedizione Apostolica profughi Neresine in preghiera a Padova sulla tomba di S. Antonio. “Raduno di Padova 29 aprile 1984”».
Intendo ricordare anche alcune figure pastorali di alto profilo spirituale e morale che Padre Rocchi ha conosciuto e con i quali ha condiviso il percorso sacerdotale e la fraterna vicinanza ai profughi. Nelle isole del Quarnero, come in Istria e nella Dalmazia la Fede religiosa era radicata, trovava espressione anche nei piccoli gesti e nelle corrispondenze, come ad esempio nelle cartoline postali: una cartolina di Don Guido Budinich, zio di mia madre e un’altra di Don Emerico Ceci nato a Làgosta ma lussignano d’adozione. Tra tutti ergeva la figura di Don Pietro Doimo Munzani (1890-1951) Arcivescovo di Zara, esempio per l’alto valore spirituale ed etico che è alla base dell’insegnamento ai numerosi Seminaristi da Lui guidati.
Abbiamo una fotografia del luglio 1928, già vista in occasione del convegno su mio padre e sulla quale si era soffermato Lucio Toth, che ritrae il gruppo dei Seminaristi durante il periodo estivo a Lussingrande, nella Villa del Sacro Cuore. Anche Padre Rocchi, qualche anno dopo frequenta il Seminario. Nella foto si notano Giovanni Lovrovich ordinato sacerdote da Don Munzani, Don Ceci, Don Giuseppe Della Valentina, Don Diodato Cossovich ed altri. Tanti sacerdoti che Padre Rocchi conosceva e con i quali condivideva le idee, le speranze e le preghiere. Padre Rocchi era in contatto con tanti altri apostoli della Chiesa, ne cito alcuni: Mons. Raffaele Radossi, Vescovo di Pola e di Parenzo, poi Arcivescovo di Spoleto; Mons. Ugo Camozzo, arcivescovo di Fiume, costretto all’esodo nel 1947, poi Arcivescovo di Pisa; Mons. Antonio Santin, Vescovo di Trieste e di Capodistria; Mons. Tullio Giadrossi, lussignano; Padre Alfonso Maria Orlini di Cherso (che instradò innumerevoli pratiche per i beni abbandonati); Padre Antonio Vitale Bommarco, di Cherso, poi arcivescovo di Gorizia. Nell’ultimo numero del Foglio della Comunità di Lussinpiccolo, Lussino (n.41) compare un articolo di Carmen Palazzolo Debianchi inerente la donazione della biblioteca di Padre Bommarco al Centro di Ricerche Storiche di Rovigno.
Ed ancora Don Giuseppe Stagni di Ustrine (vicino a Ossero) che frequentò il Seminario Arcivescovile di Zara completando gli studi teologici nella sede della Villa del Sacro Cuore a Lussingrande, nel giugno 1944, continuò poi l’apostolato a Ponte all’Ania (Lucca) dove fece erigere la parrocchia. E tra i più giovani, ed oggi ancora attivi, Don Mario Cosulich, dal 1949 accolto nella Diocesi di Trieste dal vescovo Santin e Don Nevio Martinoli a Genova dal 1948. Entrambi nati a Lussinpiccolo, hanno frequentato il Seminario di Zara: anche loro figure carismatiche e importanti punti di riferimento per il mondo degli esuli che si incontravano anche durante i Raduni.
Si conserva una cartolina inviata da Flaminio Rocchi a mio padre che ricorda il II Raduno ad Ancona degli Esuli del Carnaro e ritrae la Madonnina sulla Riva di Fiume e un’altra inviata da Trieste e raffigura la tela di C. Wostry che si trova nella Cattedrale di S. Giusto a Trieste.
La storia delle terre adriatiche.
Le pubblicazioni
Padre Rocchi ha grande cultura che si estende alla storia delle terre dell’Adriatico, alla sociologia, alla filosofia, alle lettere, all’etica e agli studi prettamente religiosi. Porge particolare attenzione ai rifugiati (fa infatti parte, in qualità di presidente del Comitato di Cultura dell’Associazione per lo Studio del problema mondiale dei rifugiati con sede nel Liechtenstein, organo Consultivo dell’ONU e del Consiglio d’Europa). Attinge alle fonti documentali, ai testi, agli studi storici cercando di divulgarli con parole semplici e chiare. Nel 1990 si prodiga per creare, nel Quartiere Giuliano-Dalmata di Roma, una biblioteca specializzata.
Le pubblicazioni di Padre Rocchi hanno avuto grande risonanza e diffusione, ne evidenzio alcune: l’opuscolo Le foibe di Basovizza e Monrupino; il volume L’Esodo dei 350mila Giuliani Fiumani e Dalmati; Centenario della fondazione dell’Istituto Tecnico-Nautico “Nazario Sauro” di Lussinpiccolo; 1855-1955. A quest’ultimo volume egli contribuisce con un articolo riguardante Neresine e partecipa alla cerimonia di presentazione al Teatro Verdi di Trieste nel 1955; Almanacco – Agenda 1998 (contiene innumerevoli ricorrenze, fatti storici, episodi, nomi dei Santi). Nel 2002 esce il suo ultimo volume dal titolo L’Istria dell’esodo. Manuale legislativo dei profughi istriani, fiumani e dalmati, che raccoglie il materiale legislativo per rendere più agevole agli esuli ed ai loro discendenti la consultazione delle leggi inerenti.
Padre Rocchi ha partecipato ai lavori di ben tre Commissioni interministeriali, ha promosso e sollecitato l’approvazione delle leggi a favore dei profughi dei quali ha esaminato 104 mila fascicoli, ha visto la nascita dei campi profughi e poi dei villaggi giuliano-dalmati costruiti dall’Opera per l’Assistenza ai profughi Giuliano-Dalmati affiancando personalità come il primo presidente dell’Opera Profughi, Oscar Sinigalia e sua moglie Marcella Mayer, Aldo Clemente, segretario generale, poi presidente, promotore della creazione di istituzioni e centri di assistenza e tanti altri personaggi illustri ancora. E contattando ministri (Gronchi, Merzagora, Segni, Tambroni, Rumor, Zaccagnini, Leone, e poi Cossiga, Scalfaro, Andreotti) e sindaci, vescovi e importanti funzionari europei.
Padre Rocchi comunica con i profughi anche attraverso le pagine di “Difesa Adriatica” e dell’“Arena di Pola” e attraverso altri scritti spaziando da articoli riguardanti la storia dei luoghi adriatici a comunicati e notizie utili agli esuli, nonché ai resoconti e alle sintesi delle attività delle comunità istriano-dalmate. Ad esempio, ricordiamo una sua recensione apparsa su “Difesa Adriatica” di Cherso cristiana di Antonio Cella; e un altro articolo, sullo stesso periodico, sul raduno dei neresinotti a Roma nel 1975 per il Giulileo, nel quale si legge che in San Pietro si contavano 200.000 persone. L’organizzazione del raduno era stata curata proprio dai fratelli Flaminio e Giuseppe Rocchi. Nella Basilica di S. Maria Maggiore si era tenuta la cerimonia per l’indulgenza giubilare, celebrata dagli arcivescovi Santin e Cocolin e da una trentina di sacerdoti giuliani.
Egli comunicava con intellettuali e giornalisti: anche la lettera che Padre Rocchi scrisse nel 1996 a Indro Montanelli venne pubblicata nel “Corriere della Sera” con la partecipata risposta del grande giornalista.
Ricordi di famiglia
Padre Rocchi ritorna a Neresine solo due volte: nel 1975, anno nel quale ebbe inaspettatamente il grande dolore di percepire l’incomprensione e la freddezza delle persone rimaste a vivere lì; e nel 1987 quando volle intimamente rivedere il luogo, ovvero il Convento di S. Francesco (dall’elegante campanile eretto nel 1505 in memoria di un viaggio di S. Francesco nel 1220) dove nel 1937 aveva celebrato la sua prima S. Messa e fu ordinato sacerdote nell’Ordine dei Frati Minori.
Padre Flaminio veniva spesso a trovare i miei genitori e la famiglia. Lo ricordo da bambina, arrivare con il volto sorridente per introdurci alla Fede con frasi semplici e alla preghiera, alla bontà. Quando con mio padre parlava degli esuli l’espressione del volto cambiava, si faceva triste e una lacrima gli rigava il volto. Mi torna alla mente quando nel 1969 e ’70 andava a trovare mio papà ricoverato all’ospedale e lo rassicurava anche ricordandogli l’amata Lussino; e insieme parlavano delle persone che conoscevano entrambi. Ricordo quando un giorno, negli ultimi giorni di vita di mio papà, Padre Rocchi mi raccontò che gli aveva confidato la nostalgia struggente della sua Lussino e di avere dinnanzi a sé l’immagine del mare azzurro della sua amata isola.
Con lui inoltre abbiamo condiviso momenti di piacevole compagnia assieme a tanti istriano-dalmati durante i raduni e gli incontri, alcuni dei quali improvvisati: si ricorda a metà degli anni Sessanta quello svoltosi nel giardino dell’Orto Botanico “Villa Corsini” sotto al Gianicolo di Roma: c’erano intere famiglie con i loro numerosi bambini.
Un’ immagine serena lo ritrae vicino alla sorella Nives davanti ad un invitante croccante; (pubblicata in Lussino. Foglio della Comunità di Lussinpiccolo, n. 29 del 2009).
Padre Rocchi è stato molto più di una guida spirituale per gli esuli sparsi nel mondo: attraverso il suo operato egli ha aperto la strada a sentimenti di autentica umanità e fratellanza e ha toccato il cuore di chi si avvicinava a lui infondendo fiducia e speranza. La sua figura è stata apprezzata da tutti, anche per questo sarà ricordato per sempre, come testimonia questo messaggio che ho ricevuto pochi giorni fa da Trieste da Licia Giadrossi a nome della Comunità di Lussinpiccolo: «[…] ti prego di portare i nostri saluti e la nostra partecipazione morale a queste cerimonie in onore del nostro presidente onorario quale egli è stato per la Comunità di Lussinpiccolo, che tanto si è prodigato per noi esuli. E di questo gliene saremo sempre grati e lo ricordiamo con affetto e riconoscenza […]. Anche l’Associazione delle Comunità Istriane è partecipe a questa commemorazione».
Un’immagine di Neresine vista dall’alto