Com’era prevedibile il matrimonio in stile jugo-nostalgico del 16 luglio scorso ha sollevato a Trieste un’ondata di indignazione ed ha mosso PdL e Lega Nord a presentare due interrogazioni al sindaco Roberto Cosolini. Per il PdL il capogruppo in Comune Everest Bertoli domanda «se il sindaco, testimone oculare del fatto in quanto presente alla manifestazione medesima, non ritenga suo dovere in qualità di pubblico ufficiale di dover segnalare alle autorità competenti il vilipendio che è stato fatto alla nostra bandiera nazionale»: il riferimento è all’esposizione di un tricolore italiano con la stella rossa al centro, come usava ai tempi della Jugoslavia. Ma c’è di peggio, «visto – come denuncia Bertoli – che in alcuni uffici comunali sono cominciate a spuntare foto e calendari di Tito, come documentato anche da filmati di una emittente locale», a proposito dei quali l’esponente del centro-destra chiede se si aggiungano o siano in sostituzione della fotografia del Presidente Napolitano».
Dalla Regione Friuli Venezia Giulia Bruno Marini (PdL) non si fa attendere: «Sventolare la bandiera jugoslava della defunta Federativa sotto il Comune di Trieste è come sventolare la bandiera con la svastica davanti la Risiera. […]». E Piero Tononi, consigliere regionale e vicecoordinatore provinciale del PdL: «Cosolini chieda scusa alla città».
Antonio Lippolis, segretario cittadino del FLI: «Stia attento il sindaco Cosolini a non farsi fare prigioniero della storia di chi “anche” rappresenta». E critiche dure anche dal movimento “Un’Altra Trieste” in Comune, con Franco Bandelli e Alessia Rosolen: «Invitiamo con forza il sindaco Cosolini a dissociarsi e condannare fermamente quanto accaduto lo scorso 16 luglio in piazza Unità e tutti gli esponenti politici presenti a fare altrettanto. Nessuno può pensare di derubricare quanto accaduto sotto il Municipio come folklore. L’esposizione nel cuore della nostra città di simboli che significano migliaia di morti e ferite ancora aperte nella memoria di tanti nostri concittadini, non possono essere tollerate».
(fonte “Il Piccolo”)