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Battaglia ambientale tra Italia e Slovenia (Il Piccolo 21 feb)

di MAURO MANZIN

TRIESTE Non c’è pace sul ”fronte” orientale. Dopo l’annuncio di Lubiana di aver già predisposto l’intero incartamento per il ricorso alla Corte di giustizia europea sulla questione dei rigassificatori nel Golfo di Trieste (pur lasciando diplomaticamente spazio a un ulteriore confronto sul tema, l’ennesimo) l’Italia stavolta non abbozza. Risponde con un colpo di fioretto che va a bersaglio. Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, infatti, ha chiesto a sua volta alla Slovenia la valutazione dell’impatto ambientale transfrontaliero per i progetti di sviluppo del porto di Capodistria. Siamo dunque alla politica del ”dente per dente”.

A questo punto sarà difficile un incontro a breve del Comitato interministeriale italo-sloveno che avrebbe dovuto sciogliere oltreché il nodo del rigassificatore anche l’atrettanto ingarbugliato tema relativo al percorso della Tav nel tratto Trieste-Divaccia. Prima bisognerà rivedere i piani su cui, se si vuole, ritornare al tavolo diplomatico con la reciproca volontà di risolvere le questioni aperte.

La Slovenia è rimasta spiazzata dalla risposta italiana e fonti di Lubiana parlano già di «una sorta di ritorsione poco convincente e dettata, probabilmente con fini politici, da qualche pessimo consigliere. «I due casi non sono paragonabili – spiega il deputato sloveno di Zares (partito che fa parte della coalizione di governo) e già sottosegretario agli Esteri, Franco Juri – e il governo italiano non fa certo onore alla sua autorevolezza europea rifiutando di verificare in modo approfondito e responsabile quanto le denunce documentate degli ambientalisti, italiani e sloveni, di numerosi esperti italiani e sloveni, di alcuni comuni interessati, italiani e sloveni in merito alle carenze della documetazione relativa ai rischi di un rigassificatore nell’area di Zaule e al non rispetto della direttiva Seveso nella stessa, siano fondate».

La Slovenia, dunque, incassa il colpo, ma non ci sta. Non recede dalle sue posizioni ufficiali che reputano insufficiente la documentazione fin qui fornita dall’Italia sull’impianto di rigassificazione a Zaule e il relativo gasdotto sottomarino che attraverserebbe il Golfo di Trieste in direzione Grado, posizione del resto fin qui sostenuta con vigore anche in sede europea.

Secondo Lubiana si tratta di un tema che interessa chiunque viva sulle sponde del Golfo di Trieste, interessa la sua sicurezza e la sua qualità di vita e che, con la richiesta del ministro Prestigiacomo, viene ora, secondo fonti diplomatiche di Lubiana, «purtroppo ridotto a merce di scambio e a motivo di ritorsioni forse un po’ puerili». La polemica, dunque, che sembrava solo pochi mesi fa aver quasi raggiunto il suo epilogo oggi si infiamma nuovamente e con inusitato vigore.

«C’è comunque – afferma ancora il deputato Franco Juri – un aspetto positivo nella richiesta del ministro Prestigiacomo. È il suo riconoscimento della necessità di una valutazione reciproca, seria e documentata dei rispettivi impatti transfrontalieri». Il ragionamento di Lubiana dopo la richiesta della Prestigiciacomo è lineare: se il governo italiano giudica necessaria la valutazione dell’impatto transfrontaliero di un futuro nuovo molo portuale a Capodistria, tanto più è lecito e comprensibile il timore espresso da Lubiana per i possibili impatti dei due rigassificatori, più il gasdotto, a ridosso del confine nel comune Golfo di Trieste.

È chiaro, tutte le belle parole fin qui pronunciate perdono il loro valore. O ci sarà la volontà di ricucire lo strappo, oppure la ”battaglia” è solo all’inizio.

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