Barbi e il dialogo europeo con le terre di origine

Anno 1962 – La linea europeista e la mano tesa agli italiani rimasti di Paolo Barbi allora presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.

L’On. Paolo Barbi, triestino di origini dalmate, subentrò nel 1962 alla guida dell’ANVGD a Libero Sauro, promuovendo una politica più moderata e di carattere europeista. La novità del programma di Barbi prevedeva in termini culturali non solo la salvaguardia delle tradizioni degli esuli giuliano-dalmati, ma anche una vera apertura verso gli italiani rimasti in Istria e a Fiume dopo il 1945, favorendo i programmi a loro favore che prevedevano la costruzione di nuove scuole, il potenziamento di centri culturali in lingua italiana e altre iniziative. Una linea, quella di Barbi, che non considerava assolutamente possibile prevedere altre guerre per riportare politicamente l’italianità in Istria, Fiume o la Dalmazia, in quanto gli esuli si erano ormai completamente stabiliti in Italia e nelle altre parti del mondo. Al di là di difendere ancora la questione degli indennizzi sui beni nazionalizzati e studiare altre forme di legge a tutela del popolo giuliano-dalmata, Barbi vedeva, con l’avanzare dell’idea dell’Europa comunitaria, la possibilità di una certa rinascita del gruppo etnico italiano in Istria e di un aumento della diffusione della lingua e civiltà italiana in quelle terre nell’ambito di accordi bilaterali tra Italia e Jugoslavia.

Scriveva, infatti, Barbi: «C’è un immenso lavoro da compiere soprattutto per aiutare piccoli nuclei di italiani rimasti a Fiume e in Istria a continuare, come i loro avi, con coraggio, quella medesima opera storica. Oggi è possibile quello che diciotto anni orsono – alla firma del Diktat parigino- noi tutti ritenemmo impossibile; quello che ritenemmo impossibile otto anni fa, quando Trieste tornò all’Italia e l’ultima grande ondata di esuli istriani lasciò la zona B […]. L’Italia torna ad avere per gli Slavi sotto il dominio del comunismo titino una forza esemplare di attrazione economica e civile, forse così efficace come mai è avvenuto in passato. Le esigenze economiche jugoslave aprono ai nostri operatori economici, ai turisti, alla cultura, agli influssi italiani; e la radio e la televisione hanno un prestigio ed esercitano un’influenza incredibili: in Istria anche i bosniaci e i macedoni in breve tempo imparano l’italiano per godersi gli spettacoli della nostra Rai TV! […] Dovremmo ignorare tutto ciò? Non tenerne conto alcuno? A me sembrerebbe un errore, sembrerebbe una colpa […]»

Fonte: Difesa Adriatica, n. 4, 16-22 febbraio 1963, p.1.

Certamente la linea europeista di Barbi e il prefigurare la nascita di un dialogo con le terre di origine dovette provocare molti malumori nelle altre associazioni degli esuli e in molti comitati dell’Anvgd. Tale politica di grande apertura costò sacrifici all’Anvgd, ma rimane un valido esempio da ricordare oggi, un’epoca in cui Italia, Slovenia e Croazia fanno parte dell’Unione Europea.

Marino Micich

Direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume

L’On. Paolo Barbi [fonte: Arena di Pola]

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