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Balcani: dopo 15 anni ancora 8mila dispersi (Il Piccolo 01 set)

di AZRA NUHEFENDIC

BELGRADO Più di 27mila persone sono scomparse durante le guerre in ex Jugoslavia. Ancora oggi non si conosce il destino di circa 8mila persone tra bosniaci, serbi, albanesi, croati e rom. In occasione della Giornata internazionale delle persone scomparse, 30 agosto, ieri a Sarajevo è stata aperta la mostra "Missing Lives", organizzata del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) in Bosnia-Erzegovina, in collaborazione con l'Istituto per le persone scomparse (Ino) e la Commissione internazionale per le persone scomparse (Icmp). Gli autori della mostra, due canadesi, il celebre fotografo Nick Danzingera e la scrittrice MacLean Roryja, rendono omaggio ai dispersi in guerra, le loro famiglie e coloro che instancabilmente cercano di risolvere la questione delle persone scomparse.

La mostra documenta la sorte di 15 famiglie delle persone scomparse dalla zona dei Balcani. Dopo la Sarajevo, la mostra sarà allestita a Mostar e a Banja Luka, poi portata all'estero, prima a Strasburgo in collaborazione con il Consiglio d'Europa, poi a Londra, Berna, Zagabria, Pristina, Belgrado e Ottawa.

L'Icmp ricorda che la questione delle persone scomparse a causa del conflitto armato, i crimini contro l'umanità e altre violazioni dei diritti umani, è un problema dalle proporzioni globali. Nell'occasione della Giornata mondiale delle persone scomparse Icmp sollecita gli Stati ad aderire alla Convenzione per la protezione delle persone disperse, assumersi la responsabilità di trovarle e identificarle e di costruire le istituzioni adeguate per la ricerca dei dispersi.

Il direttore generale dell'Icmp Kathryne Bomberger ha rilevato che il numero delle persone scomparse presenta un potente simbolo del fallimento di tutelare i diritti individuali dello Stato

I resti dei molti scomparsi nei Balcani si trovano, ancora oggi, 15 anni dopo la fine della guerra, in numerose fossi individuali e comuni. In passato le informazioni sui luoghi di sepoltura sono state fornite dai rari sopravvissuti e dai filmati satellitari nel caso di Srebrenica. Ci sono testimoni che hanno visto corpi gettati nei grandi forni delle miniere, buttati nei pozzi, sepolti in luoghi poi minati, talvolta i resti sono stati bruciati o gettati nelle foibe. Ancora oggi si fanno avanti persone che possono indicare località di fosse comuni. Alcuni sono motivati da turbe di coscienza, altri lo fanno per potere patteggiare con la giustizia, altri chiedono soldi.

Varie associazioni e società dei famigliari degli scomparsi collaborano meglio dei politici dei nuovi Stati creatisi nell’ex Jugoslavia. I famigliari delle vittime intraprendono azioni comuni, lavorano insieme, scambiamo i dati. S’impegnano insieme serbi e albanesi, bosniaci e serbi, croati e serbi. Nell'angoscia dei famigliari degli scomparsi la nazionalità o la religione non conta: quello che li unisce è il dolore, spesso peggiore che nel caso di una morte accertata.

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