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Arsia e Carbonia, tra le miniere il sangue sardo versato nelle foibe (Casteddu online 18mag15)

 

Immaginate un inferno di fuoco e polvere che invade, dal basso verso l’alto, tutti i sottolivelli di una miniera senza risparmiare gallerie orizzontali e fornelli che si trasformano in trappole mortali per i lavoratori. Uno scenario apocalittico eppure reale, che si verificò 75 anni fa ad Arsia, il cui nome ricorda l’omonimo corso d’acqua torrentizio che scorre nell’Istria orientale e dà il nome all’omonimo bacino carbonifero. Quella che stiamo per raccontarvi è la maggiore tragedia mineraria d’Italia, uno dei più gravi disastri minerari del mondo, nel quale morirono 187 minatori e che ebbe ripercussioni di carattere politico, creando i presupposti per vendette di sangue mai comprese e forse del tutto incomprensibili. Un disastro, quello di Arsia, che per numero di vittime è superiore anche alla sciagura di Marcinelle in Belgio (tra le vittime 137 italiani). Quando si parla di morti, si sa, non esiste misura al dolore. Così per la storia di Arsia che in tutta la sua drammaticità ci riporta al 28 febbraio 1940. A quei tempi l’Istria sud-orientale era territorio italiano che solo dopo la seconda guerra mondiale divenne jugoslavo e poi croato. Tra i morti di Arsia, molti minatori di origine sarda. Stando alle ricerche degli storici istriani, i Sardi che vi perirono furono 53.

 

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