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ANVGD Giovani: il nipote di Udovisi lo ricorda a Reggio Emilia

Nella splendida cornice della Sala del Tricolore a Reggio Emilia, per iniziativa di ANVGD Giovani, si è tenuta una emozionante cerimonia per i riconoscimenti intitolati a Graziano Udovisi. Ecco alcuni passaggi dell'intervento di Stefano Setti, nipote di Udovisi, che ha presenziato all'evento.

Ho pensato di iniziare da qui il mio intervento, su quella necessità di “andare oltre” che la nostra società – cari studenti – il nostro tempo, la nostra epoca sta cercando disperatamente. Quella coesione che fa unire un popolo attorno ai suoi valori, alla sua gente, ai suoi simboli. Quella coesione che in Italia è mancata per lungo tempo attorno alla tragedia delle foibe. Lì, in uno di quegli oscuri buchi nella terra è scomparso mio nonno, Graziano Udovisi, e ne è uscito vivo. La tragedia che ha vissuto mio nonno, il dramma delle foibe, non è stato per lungo tempo patrimonio di quell’Italia che oggi, forse con un po’ di ritardo, sta lentamente cercando di far suo. Il momento è poi importante perché in queste settimane stiamo festeggiando i 150 anni dell’unità d’Italia, ed è significativo celebrare le foibe come martirio italiano.

Come ho già detto durante il suo funerale nel maggio dell’anno passato, la foiba istriana è il luogo della morte del giovane tenente Udovisi e contemporaneamente la culla da cui è rinato Graziano, mio nonno. Un uomo che era uomo a soli diciotto anni, un uomo che aveva provato su di sé la barbarie dell’uomo in guerra, dell’uomo che stupra, violenta e uccide per la sola rabbia omicida e feroce. Sempre e solo la parola “uomo”, che più che mai nella guerra riesce a dare il peggio di sé.

Al di là della guerra, al di là delle violenze dell’Istria, oggi siamo qui a celebrare, nel ricordo di Graziano Udovisi, due grandi Italiani: il Prof. Ugo Bellocchi, scopritore del primo tricolore qui a Reggio Emilia, e la memoria del Maresciallo Arnaldo Harzarich attraverso i suoi famigliari qui presenti, valoroso vigile del fuoco che scoprì fra i primi le atrocità delle foibe. A loro, a Bellocchi e Harzarich, va tutto l’affetto mio e della mia famiglia, perché è un dovere, oggi, anche a decenni di distanza (come nel caso di Harzarich), ricordare quelle persone che nel silenzio hanno fatto grande il nome dell’Italia, attraverso il suo tricolore o attraverso i suoi caduti. Grazie della vostra testimonianza eroica e genuina dell’italianità.

A noi oggi il grave compito di non dimenticare, e dunque fare sapere come sono andate le cose, per costruire un giudizio più puro, più congruo agli eventi accaduti, e non per glorificare una fazione piuttosto che un’altra, un’ideologia piuttosto che un’altra.

Oggi non voglio soffermarmi sulle violenze e sulle sevizie che ha subito, nel corpo e nello spirito, mio nonno. Non è il caso. Ma è doveroso soffermarmi su ciò che accadde dopo il suo ritorno in Patria, da esule, e come per lui per tanti altri Italiani nati in Istria ma fuggiti da là. A causa della paura e delle rabbia di alcuni nostri compatrioti, egli non si presentò mai come Udovisi l’infoibato resuscitato, perché ha sempre dovuto combattere con un tremendo silenzio. Come mi ha ricordato un suo caro amico durante la prima presentazione del suo libro nella Sala del Capitano qui a Reggio e poi durante il funerale, il suo più grande dolore è stata la solitudine, la solitudine di un uomo che reca con sé un grande peso ma che nessuno comprendeva appieno.

Ma oggi, caro nonno, non sei più solo. Con te hai tanti cari amici e tanti giovani pronti non a parteggiare per una posizione piuttosto che per un’altra, non per un’ideologia piuttosto che per un’altra. Oggi hai tanti amici e tanti giovani che vogliono capire, che vogliono informarsi, per poi, ma solo poi, realizzare il proprio punto di vista. Liberamente. Al di là delle opposizioni, o, come piace dire a me, “andando oltre".

In conclusione non posso non ringraziare. Sono tante le persone che hanno contribuito a non far scivolare nell’oblio le foibe e il nome di Graziano Udovisi, e tutte sono importanti. Permettetemi, però, di iniziare con il ringraziare il Sindaco Graziano Del Rio e l’Assessore alla Cultura Giovanni Catellani, che hanno avuto il merito di raccogliere da subito e senza indugi la sfida del ricordo di una persona come mio nonno, il quale fu contentissimo e molto emozionato di conoscere l’omonimo Graziano, Sindaco della sua città, la città del Tricolore. A loro va il mio personale ringraziamento. A essi si aggiungono il Sindaco Andrea Tagliavini del mio Comune, Quattro Castella, e l’Assessore Marinella Cavecchi, amici, persone con grande umanità e coraggio. A tutti si aggiungono Marino Segnan e Marco Eboli, amici prima di mio nonno e oggi miei.

In ultimo l’ANVGD, e in particolare all’ANVGD Giovani, va il mio elogio per l’ottima idea di istituire questo riconoscimento nel nome di Graziano Udovisi. In ultimo ringrazio tutti voi presenti, perché da oggi possiamo guardare con pace e serenità una terra così martoriata e insanguinata come l’Istria dell’Italiano Graziano Udovisi.
 

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