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Anton Stress nuovo arcivescovo di Lubiana (Osservatorio Balcani 21 dic)

di Stefano Lusa

Anton Stres è il nuovo arcivescovo di Lubiana e metropolita sloveno. La nomina è arrivata dopo che il suo predecessore, Alojz Uran, ha chiesto di essere rimosso “per ragioni di salute”. A capo della chiesa è stato messo, così, quello che viene considerato un vero e proprio negoziatore, che da anni si occupa dei rapporti con lo stato. A quasi vent’anni dal crollo del regime comunista le cose, infatti, non vanno ancora benissimo.

La curia vorrebbe avere un maggior ruolo nella società e soprattutto vorrebbe più tolleranza nei propri confronti. Secondo il più alto prelato sloveno, il cardinale Franc Rode, in Slovenia ci sarebbero un 15 – 20% di fedeli devoti, che frequentano la chiesa e che seguono i precetti religiosi, poi ci sarebbe una gran parte della popolazione che battezza i figli, li manda a catechismo, ma che sarebbe poco o nulla legata alla chiesa. Infine ci sarebbe un 10-15% di simpatizzanti del vecchio partito che hanno un atteggiamento ostile ed aggressivo nei confronti della chiesa. Molti lavorerebbero nei mass-media, in politica, nelle scuole o nelle istituzioni culturali. Sarebbero proprio loro a creare l’atmosfera ateistica in cui – secondo Rode – si vive in Slovenia.

La chiesa è stata un tassello importante nello sviluppo della coscienza nazionale slovena. Il sentimento religioso nel paese era tradizionalmente fortissimo. Il paesaggio sloveno, del resto, è caratterizzato dalla costante presenza di campanili, chiese, chiesette ed altri simboli della devozione popolare.

Il clero, in passato, era un indiscusso punto di riferimento. Il popolo sloveno tra le due guerre si raccolse attorno al Partito popolare, che divenne una sorta di rappresentanza etnica nel Regno jugoslavo. Si trattava di una formazione clericale, guidata da un sacerdote, Anton Korošec,.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, il paese, venne occupato dalle truppe dell’Asse. In Slovenia iniziò subito la resistenza armata guidata dai comunisti. Nei popolari qualcuno, tra gli ammiccamenti delle alte sfere ecclesiastiche, decise di collaborare. Iniziò così uno scontro vero e proprio tra le opposte fazioni, che assunse, in alcuni momenti, il carattere di vera e propria guerra civile.

Nell’immediato dopoguerra il vescovo di Lubiana Gregor Rožman fu accusato di crimini orrendi e processato in contumacia. Quel procedimento aveva lo scopo di mettere sotto accusa tutta la chiesa.

Il clero e la religione, che erano stati centrali per la politica slovena sino a quel momento, in un battibaleno furono relegati in un cantuccio. In Slovenia il dialogo iniziò lentamente tra mille sospetti e prese slancio solo negli anni Ottanta. In quel periodo le autorità comuniste fecero aperture che vennero considerate inaudite nel resto della federazione.

Il 23 dicembre 1986 il presidente di una delle strutture del regime, Jože Smole, si presentò in televisione per fare ai cittadini gli auguri di Natale. Quando il giorno successivo il suo connazionale, Stane Dolanc, si recò alla riunione della presidenza della federazione jugoslava trovò ad attenderlo tutti gli altri membri che non mancarono di fargli beffardamente gli auguri.

Con l’avvento della democrazia la chiesa ricominciò a ricostruirsi un ruolo pubblico nella società; ma i tentativi di imporre i propri precetti morali vennero sempre accolti con fastidio. Subito dopo l’indipendenza, infatti, si iniziò a discutere dell’aborto, si pensò che si potesse arrivare a vietarlo. Alla fine il diritto all’interruzione di gravidanza fu cementato inserendolo addirittura nella costituzione. La chiesa, poi, si trovò al centro delle polemiche per le richieste di denazionalizzazione di vaste aree boschive e di moltissimi edifici requisiti dal regime comunista.

I rapporti tra stato e chiesa si inasprirono notevolmente nel 1997, quando venne nominato arcivescovo di Lubiana, Franc Rode. Se il suo predecessore, Alojz Šuštar, era stato un campione di diplomazia. Rode dimostrò, invece, di non avere peli sulla lingua. I suoi contrasti con le autorità dello stato furono all’ordine del giorno. Quando, nel 2004, fu chiamato in Vaticano, per andare a guidare un dicastero della curia romana e vestire la porpora cardinalizia, Rode non mancò di commentare sarcasticamente che “in Slovenia chi vuol far carriera deve nascondere la propria fede”.

Al suo posto venne nominato Alojz Uran. Il suo insediamento coincise con il cambio della guardia anche ai vertici del governo sloveno. Le elezioni avevano portato alla vittoria del centrodestra. Uran per indole era molto diverso dal suo predecessore: più attento alle questioni pastorali che a quelle “politiche” ha di fatto tolto, in questi anni, la chiesa dalle polemiche e dalle prime pagine dei giornali, almeno fino alle elezioni dello scorso anno, che hanno visto nuovamente prevalere il centrosinistra.

Ora al suo posto ci sarà Anton Stres. Si tratta di un volto noto della chiesa slovena, che da anni cura i rapporti tra stato e chiesa. Profondo conoscitore di Hegel ed anche di Marx ha fatto tutta la sua carriera in Slovenia, quindi comprende profondamente gli umori del paese e dei suoi politici.

Proprio Stres, subito dopo le elezioni, non aveva mancato di polemizzare con la nuova coalizione. Immediatamente ha preso di mira l’intenzione di ridefinire il rapporto tra stato e comunità religiose. Poi ha messo sotto accusa l’atteggiamento che i mass-media avrebbero nei confronti della chiesa e della religione, i tentativi di “riabilitare il comunismo” e l’intitolazione di una strada al maresciallo Tito a Lubiana. Sempre lui ha anche polemizzato sulla bozza del nuovo codice di famiglia che, se approvato, equiparerebbe gli sposati alle coppie di fatto e consentirebbe i matrimoni tra partner dello stesso sesso.

Per la chiesa del resto la recente nomina di Aleš Gulič a capo dell’ufficio governativo per i rapporti con le comunità religiose è stato un vero e proprio schiaffo in faccia Qualcuno vede proprio in questa mossa una delle ragioni dell’avvicendamento alla guida dell’arcivescovado di Lubiana.

Con la nomina di Stres il clero, indubbiamente, tornerà maggiormente nell’arena politica, anche se probabilmente non si arriverà agli inasprimenti che si sono registrati nel periodo Rode. Il nuovo arcivescovo, comunque, ha cercato di usare toni pacati, ma ha anche precisato che la Slovenia è l’unico paese a maggioranza cattolica che non ha di diritto un suo cardinale. Del resto – ha aggiunto – ad uno stato dove continuamente si sputa sulla chiesa non ha senso dare un cardinale.

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