Ha testimoniato quest’oggi, 22 maggio, la sua permanenza in quell’ex caserma romana “Umberto I”, la signora Giuliana Zelco, esule da Fiume, nel corso della cerimonia di inaugurazione della Targa che Roma Capitale e le associazioni degli esuli giuliani e dalmati attive sul territorio romano e laziale hanno voluto in memoria del passaggio di centinaia di profughi dalle città dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia.
Nelle (allora) camerate dell’edificio in stile liberty che ospita ai nostri giorni il Museo storico dei Granatieri di Sardegna, e nelle immediate vicinanze della bella e ariosa Piazza di Santa Croce in Gerusalemme, trovò primo rifugio una parte delle migliaia di connazionali scampati alle violenze del regime jugoslavo di Tito negli anni 1943-’45 e negli anni successivi, ed approdati fortunosamente nella Capitale. Per molti di essi la prima “sistemazione” furono i sotterranei della Stazione Termini, ammassati in quegli ambienti malsani e privi di qualsivoglia minimo servizio: nelle settimane e nei mesi successivi vennero alloggiati nella Caserma “Umberto I” e a Forte Bravetta, mentre altre famiglie si sistemarono in alcuni quartieri periferici – come il Prenestino, dove la toponomastica ricorda alcune città e isole istriane – ed altri nuclei ancora ad Acilia. Lo ha ricordato Marino Micich, direttore della Società di Studi Fiumani, che ha visionato la documentazione d’epoca depositata presso l’Archivio di Stato di Roma.
La città di Roma fu meno ostile, rispetto ad altre località della Penisola, ai profughi giuliano-dalmati: lo ha riconosciuto la testimone signora Zelco, insegnante prima a Fiume quindi, esodata, nelle scuole della Capitale. L’inserimento fu meno traumatico nonostante il dolore dell’esodo e la consapevolezza che una frattura insanabile si era creata tra l’esistenza nei luoghi natali e la nuova dimensione di profughi in patria. «È stata dura, ma ce l’abbiamo fatta», ha ripetuto più volte per sottolineare la tragicità dell’esodo forzato e il congenito spirito volenteroso delle genti giuliane e dalmate.
Importanti i saluti istituzionali, porti nell’ordine dal Delegato alla Memoria di Roma Capitale prof. Aldo G. Ricci, dal presidente della Commissione Bilancio capitolina Federico Guidi (nipote di esule) e dal presidente della Commissione Cultura Federico Mollicone, intervenuto in vece del sindaco Alemanno. Tutti hanno attribuito un valore sostanziale all’apposizione della Targa in quanto ulteriore tassello di una mappa della memoria che la città di Roma va ampliando, in una fase nella quale finalmente la storia autentica di quelle vicende inizia a ricevere il doveroso riconoscimento. Al contempo, la memoria va trasmessa alle giovani generazioni con opportuni interventi nelle scuole, come ha evidenziato il presidente Mollicone: un percorso che l’ANVGD, la Società di Studi Fiumani e l’Associazione per la Cultura istriana, fiumana e dalmata nel Lazio hanno intrapreso da tempo e proseguono con tutte le risorse possibili, perché la Targa non resti un pur doveroso segnacolo urbano accanto ad un luogo sul quale la profuga di 65 anni addietro è tornata con composta commozione per inaugurare un indizio del suo passaggio.
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22 maggio 2013