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31 ago – Sentenza croata: il riepilogo degli interventi

A seguito della sentenza dell'Alta Corte croata sulla nazionalizzazione dei beni sequestrati a cittadini stranieri, vi riepiloghiamo cronologicamente i testi degli articoli e delle notizie apparsi in questi giorni, da noi regolarmente ripresi sul nostro sito. L'unificazione dei testi vi consentirà una più agevole lettura e consultazione.

 

20 agosto – Quotidiano “Il Piccolo”

La Cassazione croata boccia le nazionalizzazioni

ZAGABRIA La sentenza che migliaia e migliaia di persone attendevano da anni. Stando a quanto riportato ieri dal quotidiano zagabrese Jutarnji list, la Corte suprema croata ha dato luce verde a una sentenza che consentirà ai cittadini stranieri di rientrare in possesso, o di essere risarciti, dei beni nazionalizzati dopo la fine del secondo conflitto mondiale dalle allora autorità jugo-comuniste. L'Alta Corte ha convalidato quanto deliberato dal Tribunale amministrativo di Zagabria, la cui sentenza del 2008 aveva dato ragione alla rivendicazione di Zlata Ebenspanger, croata di origini ebraiche, ma cittadina brasiliana. La donna si era rivolta nel 1997 al tribunale di Zagabria chiedendo la restituzione di un'intera palazzina in via Radic 35, nella capitale croata, basando la sua richiesta sulla legge riguardante gli indennizzi per i beni sottratti dal regime comunista jugoslavo. Tredici anni dopo, la Corte suprema croata le ha reso giustizia, emanando un verdetto che apre la via agli altri richiedenti.

RICHIESTE A QUOTA 4211 Da quando la Croazia nel 1991 diventò uno Stato indipendente, sono stati 4211 i cittadini stranieri a rivolgersi al ministero della giustizia croato, per l'avvio dell'iter di restituzione delle proprietà nazionalizzate ed espropriate dopo il 1945. Stando ai dati diffusi dal governo, 1034 sono state le richieste avanzate da cittadini italiani, che capeggiano dunque la speciale graduatoria. Seguono gli austriaci, con 676 domande, gli israeliani (175), e poi via via i tedeschi (143), gli statunitensi (14), gli sloveni (114), ecc. Secondo stime più o meno attendibili, per soddisfare le 4211 richieste, lo Stato croato dovrà pagare qualcosa come un miliardo di kune, pari a circa 138 milioni di euro. Secondo altre fonti, Zagabria dovrà pagare tra i 350 e i 500 milioni di euro di risarcimenti trattandosi in maggioranza di immobili di alto valore appartenuti alla borghesia croata prima della seconda guerra mondiale. Nella lista delle richieste di restituzione, sono comprese lussuose ville, stabili in cui hanno sede organismi statali o autonomie locali e regionali, alloggi situati in zone elitarie, vani commerciali ed anche lotti di terreno edificabile. Le richieste di risarcimento sono valide solo se fatte prima della scadenza del febbraio del 2003, come prevedono le leggi croate.

MARASCHINO Tra coloro che si sono rivolti agli organismi croati, vi sono gli eredi dei Luxardo, ma anche i componenti della famiglia Vlahov. L'istanza di Luxardo concerne il più vecchio stabilimento industriale a Zara e cioè la distilleria del Maraschino, rivendicata assieme alle piantagioni a frutteto e le attrezzature. A Spalato, invece, gli italiani che si sono fatti avanti sono 32, tra i quali gli eredi Lanzetta, i quali chiedono di poter riavere la titolarità su palazzo Milesi, prestigiosa costruzione barocca. I coniugi Piero e Angela Polic chiedono invece la restituzione dell'attuale albergo Park, il cui valore ammonterebbe a 20 milioni di euro. Da non dimenticare i discendenti dei Vuletic, la cui richiesta riguarda una palazzina in pieno centro a Spalato, nei pressi dei mercati centrali, che attualmente ospita una libreria. Stando all'ex ministro della Giustizia, la zaratina Ana Lovrin, il verdetto della Corte suprema snellirà le pratiche attuali e future, dando un nuovo corso alla materia. «Era una sentenza che aspettavamo da tempo. Ora i tribunali di primo e secondo grado dovranno tenere conto di quanto deciso dall'Alta Corte nel valutare le richieste dei proprietari e dei loro eredi».

RADIN: "FATTA GIUSTIZIA" Il presidente dell'Unione Italiana nonché deputato al seggio garantito al parlamento croato, Furio Radin, è soddisfatto. «La diplomazia di Roma – spiega – aspettava da alcuni anni una sentenza del genere. Vi era il luogo comune che tutto avrebbe potuto essere risolto da questo parere e pertanto erano in pochi a credere che ci sarebbe stato un simile verdetto. Sembra invece che lo stato di diritto in Croazia abbia funzionato, consentendo così l'apertura delle porte anche ai cittadini stranieri, finora fatti segno di un'inaccettabile discriminazione. I cittadini croati potevano riavere i beni o i relativi indennizzi, mentre ciò non era permesso agli stranieri, come se la proprietà privata dipendesse dalle varie cittadinanze. Sono dell'avviso che quanto deliberato dalla Corte suprema vada considerato alla stregua di un importante passo avanti nei rapporti bilaterali fra Italia e Croazia. Da parte mia lo reputo un fatto importantissimo, che definisce la Croazia quale Paese europeo. Ora bisognerà vedere come avverrà la denazionalizzazione, perché è nel concreto che spesso si frappongono ostacoli. Certo che la questione era giustamente ritenuta una specie di zona grigia nelle relazioni tra i due Paesi amici».

ESULI ANCORA IN LISTA D'ATTESA Radin ha voluto quindi fare un distinguo, asserendo che la delibera dell' Alta Corte non riguarda in generale le aspettative degli esuli. «La sentenza va a toccare solo quelle persone che abbandonarono più tardi i propri averi, a nazionalizzazione, si badi bene, già avvenuta. Spesso si confondono le due cose. La verità è che la questione dei beni abbandonati degli esuli attende ancora di essere risolta». Quindi, il provvedimento della Corte di Zagabria non riguarda coloro che hanno già chiesto e ottenuto il risarcimento da parte della Repubblica italiana. Ma è indubbio che può aprire nuovi scenari anche nella trattativa fra Italia e Croazia, che rimane ancora aperta.

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20 agosto – Quotidiano “Il Piccolo”

ANVGD e Cassazione croata: ottimo ma vediamo i fatti

Una notizia ottima, la Croazia sta percorrendo la giusta strada verso l'Europa in materia giurisdizionale, è frutto della credibile politica estera che l'Italia ha adottato con continuità prima con l'ex ministro Massimo D'Alema ed ora con Franco Frattini. Abbondano i commenti positivi dai vertici dell'Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd), in molti si aspettavano la sentenza che era preannunciata. Ma allo stesso tempo, a parte qualche scetticismo, c'è la raccomandazione alla massima cautela. Bisogna leggere bene la sentenza, capire quali saranno le reali conseguenze pratiche, quali saranno le procedure di applicazione e se sarà necessario un incontro Italia-Croazia.

«Mi sembra una notizia molto buona, importante e positiva – commenta a caldo il presidente nazionale dell'Anvgd, Lucio Toth – la Croazia sta diventando uno stato di diritto, vengono a cadere i pregiudizi: un grande passo per l'entrata nella Ue. Dovremo capire ora però come i tribunali applicheranno questa sentenza che dovremo leggere a fondo con le motivazioni. Potrebbe anche essere estesa ad altri casi. Certo è un cambiamento di rotta importante: noi abbiamo sempre seguito i processi tra Pola e Fiume, qualche successo c'è stato. Ma non come in questo caso».

Soddisfazione, ma anche cautela. E l'atteggiamento del presidente triestino dell'Anvgd, Renzo Codarin. «Dialogo, grande lavoro e nessuna arroganza: la politica estera dell'Italia ha pagato e ha dato i suoi frutti – dice – le assicurazioni di impegno da parte del ministro Franco Frattini a Pola più di un anno fa hanno trovato conferma. Da parte croata è stata una scelta giurisdizionale in chiave europea. Se è tutto confermato è molto positivo, si sta andando nella giusta direzione. Ha avuto successo l'azione di equilibrio, senza prepotenza e arroganza, iniziata dall'ex ministro D'Alema e proseguita ora con Frattini. Credo davvero che la serietà paghi e l'Italia per la Croazia è diventata uno stato credibile. L'unico mio rammarico è che è passato molto tempo, forse troppo».

Sembra che ci sia anche la possibilità che i Luxardo rientrino in possesso dei loro beni industriali a Zara. Franco Luxardo non è raggiungibile, ma un parere un po' scettico, arriva dal segretario generale dell'Anvgd (vicino ai Luxardo), Giorgio Varisco. «Aspettiamo di conoscere bene le conseguenze giuridiche della sentenza – spiega – soprattutto dal punto di vista del diritto internazionale e di sapere se sono previste delle procedure attuative».

Se l'aspettava questa sentenza il presidente dell'Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota. Il suo è un commento positivo, ma invita alla cautela. «Due mesi fa ero stato ricevuto dal primo consigliere politico del presidente Ivo Josipovic – racconta – e avevo avuto sentore che la sentenza sarebbe arrivata a breve. Vedo positivamente questa notizia e bisogna capire ora come evolvono le cose. Ho più volte chiesto al ministro Frattini ma anche al suo vice Alfredo Mantica, non appena arriva la sentenza, di pensare a un accordo tra Italia e Croazia perché questi beni non siano alienati. È successo anche con la Slovenia tra il '92 e il '93. Molte proprietà sono in mano ai Comuni che potrebbero fare dei bandi per venderle ai privati per pochi soldi rendendole inaccessibili. Per questo ci deve essere un vertice bilaterale in cui si decide che i beni non possono essere venduti. Ma c'è anche un'altra possibilità. Che questa sentenza possa essere estesa ad altri 1400 beni di persone che non erano riuscite a fare domanda e su cui avevamo preparato un dossier».

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20 agosto – Quotidiano “Il Piccolo”

Farnesina: allo studio vicenda giuridica beni Esuli

TRIESTE Il Ministero degli esteri, anche tramite la nostra ambasciata a Zagabria, ha costantemente monitorato la vicenda giudiziaria della restituzione da parte della Croazia dei beni nazionalizzati dal regime comunista e continuerà tale attività.

«La recente sentenza della Corte Suprema – informa la Farnesina – potrebbe produrre effetti positivi su altri casi ancora pendenti, specialmente tra quelli non regolati da accordi internazionali». Per gli esperti del ministero il giudizio della corte croata potrebbe anche portare a un decreto legislativo che consentirebbe la riapertura, anche per gli italiani, dei termini per le domande d'indennizzo di beni confiscati dall'ex Jugoslavia. Il caso generale dei beni degli esuli e quello dell'attuale vicenda giudiziaria sono stati sempre all'attenzione anche del titolare della Farnesina Franco Frattini. Nel gennaio 2009 in un incontro con i vertici croati, il ministro degli Esteri nel ribadire all'allora premier Sanader soddisfazione per come viene esercitata la tutela della minoranza italiana, gli aveva ricordato come un'adeguata sentenza della Suprema corte di Zagabria avrebbe sciolto almeno in parte la questione della denazionalizzazione dei beni. «Una sentenza che costituisce mi sembra un importante passo avanti – ha dichiarato ieri l'ex sottosegretario agli Esteri triestino Roberto Antonione, per anni coinvolto nella tematica – nel rispetto della legislazione dell'Unione europea. A suo tempo sollecitai Zagabria più volte a emendare norme nazionali in contrasto con il principio Ue di perfetta eguaglianza dei cittadini degli Stati membri, anche nella legislazione che regola la proprietà privata. Certo per "chiudere" l'intera, complicata vicenda occorreranno altri passi della Croazia». (p.p.g.)

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21 agosto – Quotidiano “Il Giornale”

Torneranno agli Esuli i beni confiscati da Tito

La Croazia restituirà i beni confiscati dal regime comunista di Tito ai legittimi proprietari, compresi gli esuli italiani. Una sentenza della Corte suprema di Zagabria ha cancellato le confische socialiste, anche per chi è oggi cittadino straniero. La svolta non riguarda la gran parte degli esuli già risarciti dallo Stato italiano, ma oltre un migliaio di istriani, fiumani e dalmati che hanno inoltrato una specifica richiesta prima del 2003. E non si tratta di ruderi o beni di scarso valore: stiamo parlando di alberghi, ex fabbriche e palazzi d'epoca.

«Finalmente! Questa sentenza l'attendevamo da anni. È sancito il diritto di avere indietro il bene nazionalizzato indipendentemente dalla cittadinanza. Zagabria ha bloccato tutte le problematiche legate agli esuli e ai beni abbandonati in attesa della decisione della Corte suprema», spiega al Giornale, Alfredo Mantica, sottosegretario agli Esteri.

Il quotidiano croato Jutarnji List ha rivelato giovedì che la massima corte ha dato ragione a Zlata Ebenspanger, croata di origini ebraiche, oggi cittadina brasiliana. La donna si era rivolta nel 1997 al tribunale di Zagabria chiedendo la restituzione di un'intera palazzina nella capitale croata, che le era stata sottratta in seguito alla Seconda guerra mondiale. Tredici anni dopo la Corte suprema le ha reso giustizia aprendo la strada ad altri 4211 richiedenti.

Secondo i dati governativi, la parte del leone la fanno gli italiani con 1.034 richieste di restituzione. Seguono gli austriaci con 676, gli israeliani (175), i tedeschi (143), gli sloveni (114), gli americani (14).

Fra i richiedenti spiccano gli eredi della famiglia Luxardo, che fondarono il più antico stabilimento industriale di Zara, dove si distillava il famoso Maraschino. Il bene è stato rivendicato assieme a piantagioni e frutteti. Nella sola area di Spalato, città dalmata, sono 32 gli italiani che si sono fatti avanti. Gli eredi Lanzetta chiedono di riavere palazzo Milesi, una prestigiosa costruzione barocca. I coniugi Piero e Angela Polic puntano all'attuale albergo Park, che vale 20 milioni di euro. I discendenti dei Vuletic hanno fatto richiesta per una palazzina in pieno centro, che oggi ospita una libreria.

Nei casi in cui sia impossibile restituire il bene le autorità croate dovranno pensare a un adeguato risarcimento. «Ci auguriamo che la sentenza rimetta subito in moto il meccanismo delle restituzioni e che non sia necessario, come qualcuno dice, una legge ad hoc per evitare dubbi o interpretazioni difformi – spiega Mantica – Un iter del genere ci spaventa perché rischia di dilungarsi per altri due o tre anni». Secondo alcune stime, il totale delle richieste ammonterebbe a una valore di 138 milioni di euro, ma altre fonti indicano cifre superiori fra i 300 e i 500 milioni di euro.

Forte della notizia sulla sentenza l'Unione degli Istriani, una delle associazioni degli esuli è tornata alla carica con un'ulteriore lista di 1.411 beni abbandonati. «È un dossier che abbiamo preparato da un anno e mezzo – spiega al Giornale Massimiliano Lacota, presidente dell'Unione – Si tratta di terreni con fabbricati, nell'entroterra istriano, né nazionalizzati né indennizzati».

Lacota ha già incontrato il consigliere politico del presidente croato Ivo Josipovic. «Ci sono due soluzioni per questi ulteriori beni – spiega il rappresentante degli esuli – O un accordo fra Roma e Zagabria, oppure i croati potrebbero riaprire per altri sei mesi le domande di restituzioni per le 1.411 proprietà».

Il sottosegretario Mantica assicura che a questo punto il governo italiano prenderà la palla al balzo. «La stessa legge croata prevede la possibilità di un accordo bilaterale – sottolinea il rappresentante del governo – che noi invochiamo per affrontare una volta per tutte la questione dei beni abbandonati dagli esuli italiani».

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21 agosto – Quotidiano “Libero”

A Zagabria vince il diritto

di Giuseppe Parlato

La notizia che l'Alta corte di Zagabria ha riconosciuto la fondatezza delle richieste di restituzione dei beni immobili nazionalizzati nel 1945 ha un notevole valore sia dal punto di vista giuridico, sia da quello politico e morale. Le nazionalizzazioni dei beni abbandonati dagli italiani che fuggirono, tra il 1944 e il 1954, dai territori italiani passati di fatto alla Jugoslavia di Tito, dal punto di vista giuridico furono totalmente arbitrarie. Infatti, il trattato di pace (febbraio 1947) aveva tolto all'Italia Fiume, Zara e la maggior parte dell'Istria, lasciando in predicato ancora le famose zone A e B, la prima sotto l'amministrazione alleata (Trieste) e la seconda sotto l'amministrazione jugoslava (Capodistria e la parte settentrionale dell'Istria). La soluzione diplomatica per quelle zone fu raggiunta con il Memorandum d'intesa nel 1954, quando fu assegnata all'Italia definitivamente la zona A. Dal punto di vista strettamente giuridico, la situazione potè considerarsi definitiva soltanto con il Trattato di Osimo, nel novembre 1975.

Per cui, gli espropri dei beni abbandonati dagli italiani avve­nuti prima del 1947 (per quanto riguarda la gran parte degli ex territori italiani) e prima del 1954 (per quanto riguarda la ex "zona B") sono da ritenersi illegittimi, perché da un punto di vista giuridico nulla autorizzava quelle zone ad essere conside­rate ufficialmente Jugoslavia. Bene ha fatto quindi l'Alta Corte croata a intervenire su tale que­stione. Tardivamente, di sicuro sono passati ormai 65 anni ma dal punto di vista giuridico questo è senza dubbio un passo avanti molto significativo. Segno che qualcosa sta lentamen­te cambiando anche nei rapporti geopolitici tra Italia e Croazia. Tuttavia, rispetto ai 350 mila esuli italiani da quelle zone, la questione delle restituzioni riguarda soltanto poco più di mille domande, in genere una per gruppo familiare. Un numero che pare esiguo ma non lo è. Molti esuli non avevano beni di proprietà, a dispetto di chi disse che erano andati via solo i proprietari. Altri hanno scelto di stabilirsi all'estero e sono meno interessati alle restituzioni e agli indennizzi. Altri hanno accetta­to gli indennizzi offerti dallo Stato italiano, a parzialissimo risarcimento di quello che avevano perduto.

Al di là dei numeri, l'elemento significativo è che, tra le richie­ste di restituzione, vi sono palazzi d'epoca prestigiosi che testimoniano della presenza com­merciale ed economica della borghesia italiana tra Otto e Novecento: il barocco palazzo Milesi a Spalato, ovvero l'albergo Park, sempre a Spalato, o ancora la distilleria dei Luxardo a Zara, la più antica industria zaratina, produttrice del celeberrimo maraschino, rivendicata con tutte le piantagioni e le attrezza­ture.

Una decisione, quella dell'Alta Corte croata, che mostra come Zagabria voglia presentarsi all'Europa come uno Stato rispettoso delle regole fonda­mentali del diritto internazionale e che spiazza di fatto la Slovenia, la quale ha sempre fatto orecchie da mercante sulla questione degli indennizzi e delle restituzioni.

Il primo passo è buono ed è anche un successo della nostra diplomazia: Frattini ha sempre posto grande attenzione all'intera vicenda e la porrà ancora per seguire la fase applicativa della risoluzione, affinché non vengano frapposti ostacoli burocratici o politici.

Se tutto andrà in porto bene, sarà compiuto un altro passo significativo per la collaborazione fra Italia e Croazia in vista di una. convivenza pacifica e costruttiva in Europa, senza però cancel­lare una storia dolorosa, ormai neppure troppo recente.

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21 agosto – Quotidiano “Il Piccolo

Mantica: restituzioni? Serve accordo bilaterale

«Siamo lieti di questa sentenza della massima istanza giuridica croata che riafferma il giudizio del Tribunale amministrativo di Zagabria. La attendevamo dal 2008 ma adesso occorre che alle parole seguano i fatti». Il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica non si lascia cogliere da facili entusiasmi alla notizia che la Corte costituzionale ha riconosciuto il diritto di una parte degli esuli alla restituzione dei loro beni allora nazionalizzati dal regime titino.

«È un indubbio passo avanti – commenta l'esponente dell'esecutivo – perché Zagabria ha sempre temuto di dovere "aprire una falla" che avrebbe portato a un fiume di domande d'indennizzo. Così non è ora, poiché la sentenza riguarda una "categoria" specifica di cittadini stranieri privati dei loro beni immobili e potrebbe malauguratamente non esserlo mai. Per ora vi è questo segnale positivo: con l'attuale legislazione si può iniziare a lavorare per fare ottenere giustizia a un certo numero di italiani ma anche di cittadini di altre nazionalità. Credo tuttavia che per "resettare" del tutto il complicato caso legato alle vicende belliche e del Dopoguerra con la Croazia, al contrario che con la Slovenia, si dovrebbe giungere a un accordo bilaterale. Del resto previsto dalla legislazione internazionale a riguardo e anche nell'ambito dei regolamenti dell'Unione europea».

Il sottosegretario ricorda l'impegno del nostro governo sulla vicenda: «È dal 2003 che tramite un'apposita commissione abbiamo formulato quesiti alle autorità di Zagabria, rimasti ancora oggi senza risposta».

Mantica nutre dubbi sulla tempistica anche riguardo il problema affrontato dalla Suprema corte zagabrese, ricordando il diverso comportamento di Slovenia e Croazia in altre vicende. «Ad esempio riguardo il debito
ereditato dai due Paesi dall'ex Jugoslavia verso l'Italia, 110 milioni di euro, Lubiana ha versato qualche anno fa la sua quota in una banca del Lussemburgo, ora a nostra disposizione mentre Zagabria ha riversato la somma di sua competenza nel bilancio statale. Gli sloveni saranno anche non proprio cordiali nei nostri rapporti bilaterali ma hanno una certa "correttezza asburgica". Certo non si può dire dei croati: forse apparentemente più alla mano ma molto lenti nell'adottare le reazioni più appropriate». Per ora sul tavolo resta la vicenda che coinvolge oltre 600 connazionali. «Quando le aule giudiziarie e gli organismi statali croati – si chiede il sottosegretario – inizieranno a lavorare per recepire e attuare nella pratica i dettami della sentenza? Occorrerà che il governo della premier Kosor emani un'apposita legge per dare attuazione alla sentenza o no?»

Il 15 settembre si terrà un incontro bilaterale a livello ministeriale, programmato da tempo: non mancheremo di sollevare il problema e sollecitare decisioni». L'esponente governativo ricorda come la materia stia incanalandosi nell'ambito della normativa Ue: «La Slovenia è già nell'Unione, per la Croazia il Capitolo 23 del Trattato di adesione concerne proprio tali campi. Alla fine dovremo muoverci all'interno di un'azione concordata tra i nostri tre Paesi».

Intanto Mantica saluta con favore la sentenza: «Avevamo già fatto notare a Zagabria in maniera cordiale che una sentenza favorevole, come poi promulgata, avrebbe certo rafforzato l'atmosfera di simpatia nella quale anche Roma si sta muovendo per fare entrare la Croazia nella casa comune europea».

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21 agosto – Quotidiano “Il Piccolo”

Avvocati croati: sentenza solo per pochi italiani

TRIESTE Stop ai facili entusiasmi. Dopo l'invito alla cautela da parte dei vertici dell'Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd) alla notizia della sentenza della Corte suprema di Zagabria che ha bocciato le nazionalizzazioni dei beni, arriva il monito e la raccomandazione alla massima prudenza da parte degli avvocati croati che seguono l'iter dei ricorsi. Sono 4300 le domande presentate da parte di cittadini stranieri, 1034 di cittadini italiani.

Appena sono apparse sui media croati, ma anche serbi, le indiscrezioni che arrivavano dagli uffici della Corte suprema, gli avvocati sono partiti subito alla caccia di notizie più concrete, anche con raffinate ricerche su internet che però non hanno dato ancora esito. Non si sa nulla di ufficiale sulla sentenza della Corte che avrebbe confermato quanto deciso diversi anni fa dal Tribunale amministrativo di Zagabria (equivalente al nostro Consiglio di Stato) sul ricorso di una cittadina straniera che chiedeva la restituzione di un bene nazionalizzato. Il Tribunale, spiegano gli avvocati croati (non citiamo nomi perchè le norme deontologiche dell'Ordine degli avvocati in Croazia vieta agli iscritti di apparire sui media) aveva detto che Zagabria non può discriminare i cittadini stranieri rispetto a quelli croati e i loro diritti devono essere parificati. Il governo aveva fatto ricorso sollevando un'istanza di illegittimità e sembra che ora la Corte suprema abbia confermato la sentenza del Tribunale.

Non c'è nulla di scritto però sinora e bisognerà attendere che la stessa Corte suprema pubblichi la sentenza con tanto di motivazioni allegate. Solo allora si potrà avere un quadro più chiaro di una situazione che, spiegano i legali, è assai complicata e soprattutto richiederà una discussione caso per caso. È l'unica strada per affrontare i ricorsi: l'unica facilitazione potrebbe arrivare nel caso l'Italia decidesse di stipulare uno specifico trattato bilaterale con la Croazia. Praticamente nessuno stato straniero lo ha fatto per ora con la Croazia, l'unico ad aver stipulato accordi sui beni è stato il Vaticano.

Dunque, in attesa dell'ufficializzazione della sentenza, non restano che ipotesi e interpretazioni sia pure di alto profilo. E in questo senso diversi avvocati croati, che stanno seguendo i singoli ricorsi, raccomandano estrema prudenza. La sentenza come è noto non riguarda gli esuli già indennizzati, ma anche quelli cosiddetti optanti, di lingua e cultura italiana che con il trattato di pace hanno deciso di mantenere la cittadinanza italiana abbandonando anche i loro averi. Per questa categoria di persone ci sono stati dei trattati internazionali che dovrebbero essere ridiscussi e appare difficile che sino riviste le loro posizioni. Anche di quelli che hanno fatto la domanda fuori dai termini. Un'ulteriore conferma, come ha spiegato sul giornale ieri lo stesso deputato al parlamento croato, Furio Radin che è anche presidente dell'Unione italiana, che «La questione dei beni abbandonati degli esuli attende ancora di essere risolta».

Ad essere interessati dunque alle conseguenze di questo nuovo pronunciamento giuridico (ma ripetono i legali bisognerà vedere caso per caso e non è affatto scontato il successo) sono quelle persone o quelle famiglie che se ne sono andate più tardi, abbandonando i loro averi, con il cosiddetto svincolo, in base alle leggi ex-jugoslave. Questa è la categoria più interessata dalla sentenza della Corte suprema secondo i legali. E c'è una secondo gruppo, quello dei cittadini stranieri che hanno ricevuto delle proprietà per eredità o successione da nonni, zii o parenti morti come cittadini jugoslavi i cui beni sono stati nazionalizzati. Anche se hanno ereditato i beni infatti erano sottoposti alle leggi locali.

Ma ci sarebbe anche una terza categoria secondo gli avvocati croati: la famosa Lista A composta da 500 optanti a cui, per motivi vari sono stati lasciati in proprietà dei beni. Ne hanno mantenuto la proprietà secondo speciali leggi dell'ex Jugoslavia che prevedeva anche particolari limitazioni in base alle dimensioni dei possedimenti, del loro valore eccetera. Poi tutti questi beni sono stati comunque nazionalizzati e come altri 4300 persone anche questi stranieri hanno fatto domanda di restituzione.

Un passo significativo e importante, in Croazia gli avvocati non hanno dubbi, lo stato di diritto ha funzionato consentendo così l'apertura delle porte anche ai cittadini stranieri finora discriminati rispetto a quelli croati che potevano riavere i loro beni nazionalizzati. Certamente anche un altro importante avvicinamento di Zagabria alla Ue. Ma che, secondo molti, non è ancora sufficiente e che dovrà essere ancora rafforzato da altre decisioni.

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22 agosto – Quotidiano “La Stampa”

Giudici croati: ridate le case agli italiani

Via Radic 35. Centro di Zagabria. È questo l'indirizzo della speranza per gli italiani di Istria e Dalmazia che da oltre mezzo secolo sognano la restituzione delle loro proprietà nazionalizzate dalla Jugoslavia socialista. Con una sentenza storica, l'Alta Corte croata ha convalidato la decisione del 2008 di un tribunale amministrativo: la palazzina di via Radic 35 dovrà tornare alla sua antica proprietaria, Zlata Ebenspanger, una donna ebrea di origini croate, ma cittadina brasiliana.

Una svolta. Finora le leggi di denazionalizzazione, approvate dalle nuove repubbliche indipendenti dopo la dissoluzione della Jugoslavia del Maresciallo Tito, non avevano mai esteso agli stranieri il diritto alla restituzione delle proprietà confiscate. Anche in Croazia: i croati potevano riavere i beni (o un indennizzo), gli stranieri no. «Come se la proprietà privata dipendesse dalle varie cittadinanze», commenta un soddisfatto Furio Radin, presidente dell'Unione Italiana e deputato al parlamento croato (un seggio è riservato alla minoranza): «Aspettavamo da anni una sentenza del genere. Pochi credevano in un verdetto favorevole. Sembra invece che lo Stato di diritto abbia funzionato».

Dall'indipendenza della Croazia, nel 1991, sono 4.211 i cittadini stranieri che hanno avviato al Ministero della Giustizia di Zagabria l'iter per la restituzione dei beni espropriati dopo il 1945. In testa gli italiani (1.034), seguiti da austriaci (676), israeliani (175) e tedeschi (143). Ma per capire i limiti e la portata della sentenza dell'Alta Corte serve un ripasso di geografia e soprattutto di storia, in quest'area di frontiere mobili e di grandi tragedie, tra guerre, foibe e il doloroso esodo dei giuliano-dalmati.

Dopo la guerra, Tito confiscò tutti i beni degli italiani che, costretti dal crescente clima d'odio, avevano abbandonato i territori dell'Istria e della Dalmazia. Il Trattato di Pace di Parigi del 1947 stabilì in 125 milioni di dollari la somma di riparazione che l'Italia doveva versare a Belgrado per i danni bellici. Le autorità socialiste (anche se questo non era previsto dal Trattato, che anzi garantiva il diritto di proprietà) iniziarono ad attuare confische di massa, giustificando il comportamento proprio con la questione del mancato risarcimento. Nessun successivo Trattato (Osimo nel 1975, Roma nel 1983) ha risolto la questione.

La Jugoslavia si era impegnata a pagare per i beni nazionalizzati ma, con la dissoluzione, tutto è finito nelle tasche dei nuovi Stati. Così, solo per la Croazia, visto che si tratta in gran parte di palazzi e ville lussuose, il conto potrebbe arrivare a 500 milioni di euro. La possibilità di restituzione aperta dalla sentenza dell'Alta Corte riguarda solo una particolare categoria di cittadini stranieri privati dei loro beni. Innanzitutto, per il risarcimento, la domanda deve essere stata presentata entro il febbraio del 2003. E poi, per gli italiani, è più problematica la situazione dei molti a cui case e terreni furono nazionalizzati dopo il Trattato del 1947 perché non sono nella lista già stilata allora delle restituzioni. E la paura ulteriore, come spiega il presidente dell'Unione degli istriani Massimiliano Lacota, è che finisca come in Slovenia, dove molte proprietà sono state vendute dallo Stato ai privati, rendendo impossibile la restituzione. «Per evitarlo – riflette -, l'Italia dovrebbe sottoscrivere un accordo bilaterale che congeli la situazione».

Conosce bene queste insidie la signora Anita Derin, capodistriana doc, che spera ancora di poter tornare nei luoghi della sua infanzia. «Siamo scappati nel 1947, quando avevo dodici anni – racconta -. Un partigiano con i baffoni neri entrò e si prese la mia cameretta: il letto per sé, il divano per il suo cane lupo. Mi rimangono solo le chiavi d'ingresso e un pezzetto di muro, che ho recuperato anni dopo. Oggi la villa ospita alcuni uffici e non amo vederla così. Tutte le notti, prima di addormentarmi, torno con il pensiero a sessant'anni fa. Ricordo perfettamente ogni angolo, ogni lampada e ogni tappeto. Ho già dato disposizioni: se non mi restituiranno la casa voglio almeno essere sepolta con le chiavi in tasca».

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22 agosto – Quotidiano “La Stampa”

Mantica: chi vuole la UE deve risolvere il passato

Sottosegretario Mantica, siamo veramente davanti a una svolta sulle restituzioni dei beni?

«Siamo lieti della decisione dell'Alta Corte, ma invito alla prudenza. Intanto il provvedimento riguarda solo una delle tante fattispecie. E poi il governo di Zagabria ha sempre tenuto una riserva, in attesa della pronuncia della Corte. E non esclude la necessità di una legge».

Soddisfatto a metà, quindi?

«Se la sentenza, di cui ancora dobbiamo leggere il dispositivo, è in grado di mettere in moto il processo, ci va benissimo. Se dobbiamo invece attendere una legge, siamo un po' perplessi, perché i tempi si allun­gherebbero. E di molto, visti i precedenti. Nel 2003 una com­missione governativa italiana aveva sottoposto una serie di quesiti a Zagabria. Aspettiamo ancora oggi la risposta…» La Croazia sta per entrare nell'Ue, sono possibili pressioni in quella sede? «La questione non è vincolan­te per l'ingresso. Però auspichiamo che, quando uno entra in una famiglia, entri con tutte le grane del passato risolte. In ogni caso agiamo d'intesa con gli altri due Stati membri che hanno i nostri stessi problemi con la Croazia: Austria e Slovenia».

Quando si arriverà alla solu­zione del contenzioso?

«Non so dirlo, ma stiamo facendo passi avanti. Potremmo anche arrivare a un accordo bilaterale. Voglio ricordare che mentre la Slovenia ha ver­sato la sua parte dei 110 milioni di euro di risarcimento, la Croazia non lo ha mai fatto. Qualcuno ha anche ipotizzato una causa internazionale per rimettere in discussione la legalità del subentro di Croazia e Slovenia alla Jugoslavia in questa materia. Ma io credo che la soluzione debba essere politica. Noi la volontà di arrivare a una conclusione l'abbiamo manifestata chiaramente. Se ci affidiamo agli uomini di diritto e non ai politici temo che i nostri nipoti saranno ancora qui a discutere».

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22 agosto – Quotidiano “Il Piccolo”

Giovanardi: è l'Italia che deve risarcire gli Esuli

«Ma cosa vogliamo chiedere a Paesi stranieri se neppure tra noi italiani riusciamo a risolvere definitivamente la questione? Certo quello di Zagabria è un segnale positivo ma, posto che per commentare è necessario conoscere la sentenza nei dettagli, bisogna subito specificare che il recente intervento della Corte suprema croata riguarda una minoranza di situazioni, quelle che non sono regolate dai Trattati di pace e dagli accordi sui beni abbandonati». Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi è da sempre attento alle vicende e alle problematiche degli esuli e degli italiani che vivono Oltreconfine e riguardo la sentenza di Zagabria che faciliterebbe l'accesso ai beni nazionalizzati dal regime titino o al risarcimento ribalta i termini del problema.

«Non creiamo false illusioni – esordisce l'esponente del governo – in migliaia di persone coinvolte in casi diversi da quelli trattati dai supremi giudici croati. Detto questo, la sentenza è importante poiché almeno fissa un principio di parità di trattamento tra chi ha subito un'espropriazione a prescindere dalla sua nazionalità. Purtroppo però, dopo 65 anni, il problema rimane aperto».

Il sottosegretario questa volta però si riferisce addirittura ai propri colleghi dell'esecutivo. «Sono molto irritato – spiega -: da tempo ho inviato due lettere, alla Presidenza del Consiglio e al ministro dell'Economia, perchè all'inizio della legislatura, due anni fa, ho sollecitato l'avvio di un iter che portasse l'Italia ad assolvere a un preciso obbligo dello Stato nei confronti degli esuli, quello di portare a termine le liquidazioni per i beni abbandonati come stabilito da una legge del 2001». Secondo Giovanardi l'impegno era di «fare sedere a un tavolo comune il Ministero dell'economia e le rappresentanze degli esuli per un confronto, per tentare di stabilire, posto che la questione è davvero complessa, carte alla mano quali valori, con quali leggi e con quali modalità "cosa rimane da dare" a chi ha perduto beni immobili a causa in seguito alla Seconda guerra mondiale». Posto che «è la storia a chiudere i conti», per il senatore modenese c'è da tenere presente anche la rivalutazione monetaria rispetto agli Anni cinquanta e agli ultimi acconti distribuiti dal governo italiano agli aventi diritto. «Dopo ben due anni di governo – sbotta Giovanardi – il ministro Tremonti non si è ancora presentato a questo tavolo. Bene inteso, non per pagare, procedura che nell'attuale congiuntura negativa sarebbe anche comprensibile magari rinviare, ma neppure per stabilire nettamente i contorni della vicenda».

Vi è poi la questione dei soldi, 110 milioni di euro, che Slovenia e Croazia devono a titolo di eredi del debito contratto verso l'Italia dall'ex Jugoslavia, con Lubiana che ha già reso disponibili a Roma i suoi 30 milioni mentre Zagabria ancora tergiversa.

«È difficile fare la voce grossa – ironizza il sottosegretario – con gli altri mentre non riuscivamo a metterci d'accordo tra di noi. Il governo deve distribuire tali fondi, deve dare il saldo dopo avere distribuito negli anni acconti d'indennizzo per 12mila casi di nazionalizzazioni ed espropri. Purtroppo poi ci sono altre situazioni che rientrano in casistiche che necessitano di sentenze di tribunali. ecco in questo senso il recente verdetto di Zagabria è incoraggiante ma sta a noi incalzare l'interlocutore».

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22 agosto – Quotidiano “Il Piccolo”

Indennizzi, Kajin: speranze per la Zona B

FIUME La recente sentenza della Corte suprema croata con cui viene sancito il diritto degli eredi di Zlata Ebenspanger, ebrea-croata poi cittadina brasiliana, di rientrare in possesso o essere risarciti per un palazzo del centro di Zagabria nazionalizzato dall'ex regime jugoslavo nel Dopoguerra, riapre il controverso capitolo dei beni abbandonati.

Il verdetto spianerebbe la strada a una lunga serie di rivendicazioni analoghe. Dopo il crollo dell'ex Federativa e dall'indipendenza della Croazia, le richieste del genere avanzate da cittadini stranieri sarebbero almeno 4.211. E dal momento che la restituzione degli immobili requisiti (case, ville, terreni, negozi, ecc.) non è più ipotizzabile, si calcola che il risarcimento potrebbe comportare un pesantissimo rimborso: almeno sul miliardo di kune, cioè 137-138 milioni di euro. Solo a Zagabria gli immobili a suo tempo nazionalizzati sarebbero 420. La vicenda Ebenspanger (causa avviata 13 anni fa) potrebbe quindi costituire un precedente per altri stranieri, le cui rivendicazioni farebbero capo alla normativa approvata dal Parlamento croato nel 2002 e potrebbero avere fondamento nel caso in cui la causa fosse stata avviata non dopo il 7 gennaio 2003 e solo se la materia – come sottolineato nella sentenza della Csc – non risultasse regolata da appositi trattati interstatali a carattere bilaterale.

Il caso Ebenspanger riapre anche la questione dei beni abbandonati dagli esuli (o optanti) dall'Istria, Fiume e Dalmazia, anche se in questo caso l'accoglimento delle loro rivendicazioni presenta sfaccettature giuridico-legali assai più complesse, che affondano le radici negli accordi bilaterali fra Roma e Zagabria e nei rapporti diplomatici fra i due Paesi. Stando a quanto si sostiene nella capitale croata, la questione dei beni degli esuli è stata definitivamente posta "ad acta" da appositi accordi interstatali, per cui ogni ulteriore discorso è inutile e superfluo. Atteggiamento che troverebbe un solido pilastro di appoggio – sebbene tenacemente contestato dalle associazioni degli esuli – anche in quanto sarebbe scaturito dalla visita a Zagabria del ministro degli Esteri italiano Franco Frattini nel gennaio 2009. Un "pilastro giuridico" che si fonda peraltro pure sugli accordi bilaterali sottoscritti da Italia ed ex Jugoslavia dal Trattato di pace del 1947 in poi: ex Jugoslavia della quale l'odierna Croazia si presenta come Stato-successore, con tutti gli impegni e le implicazioni o derivazioni giuridiche che ciò comporta. Anche secondo il politico istriano Damir Kajin, deputato al Parlamento croato – interpellato in proposito dal quotidiano polese "Glas Istre" – , almeno in linea di principio le rivendicazioni degli esuli non avrebbero molte possibilità di essere avallate dalla giustizia croata. Lo stesso Kajin ammette tuttavia che vi sono anche casi (non più di 3mila) in cui i beni nazionalizzati nell'ex Zona B potrebbero essere ancora oggetto di vertenza e rivendicati in sede giudiziaria. (f.r.)

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22 agosto – Agenzia “Ansa”

Lacota a Giovanardi: ripugnanti sue dichiarazioni

(ANSA) – TRIESTE, 22 AGO – L'Unione degli istriani ha criticato oggi, in una nota, il Sottosegretario Carlo Giovanardi secondo il quale ''non si puo' chiedere la restituzione dei beni degli esuli alla Croazia perche' e' l'Italia che deve pagare''. ''Cio' che dice Giovanardi e' in parte vero – ha detto Massimiliano Lacota, presidente dell'Unione – ma e' ripugnante sentire dal sottosegretario, il quale non perde occasione per dichiararsi 'vicino' agli esuli, che ora, proprio alla luce della sentenza della Corte di Zagabria da tempo attesa, non si puo' comunque chiedere alla Croazia di restituire i beni illegalmente espropriati''. ''Chi ha subito l'esproprio della propria casa – ha aggiunto Lacota – ha il diritto inalienabile di averla in restituzione, e' un principio assoluto che non puo' e non deve essere neanche minimamente messo in discussione, ed e' fatto grave e preoccupante che un membro del Governo, in contraddizione con il Ministro ed il Sottosegretario agli Esteri, che ci avevano confortato in questo senso, lo sostenga''. Il presidente dell'Unione degli Istriani inoltre ha precisato la questione tirata in ballo dal Sottosegretario Giovanardi circa i 93 milioni di dollari, dei 110 originari, che Slovenia e Croazia ancora devono all'Italia in conseguenza dell'Accordo di Roma del 1983 sulla Zona B. ''La grande incognita – secondo Lacota – e' che se il Governo decidesse di ritirare quei soldi essi andrebbero a finire nel calderone del Tesoro e giammai redistribuiti agli aventi diritto, cioe' coloro che erano proprietari di case e terreni nella sola ex Zona B''. (ANSA).

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23 agosto – Quotidiano “Il Piccolo”

Giovanardi: Lacota lupo a Trieste e agnellino a Roma

TRIESTE Può darsi che serva una nuova legge del governo di Zagabria di definitiva interpretazione dopo la sentenza della Corte suprema che ha confermato il verdetto del Tribunale amministrativo sul diritto alla restituzione dei beni nazionalizzati anche ai cittadini stranieri non solo ai croati. Era stato lo stesso governo croato, anni or sono, a ricorrere contro questa sentenza rivolgendosi proprio alla Corte suprema e anche questa volta la vicenda, già complicata, potrebbe ingarbugliarsi e dilungarsi.

«Ho qualche preoccupazione» lancia il sasso il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica, che spiega: «Secondo noi la sentenza della Corte suprema dà l'interpretazione, e già dal giorno dopo diventa esecutiva». Ma c'è un ma: «Le mie preoccupazioni – insiste Mantica – è che può darsi che serva una legge Croata di definitiva interpretazione. Sapendo come funziona in Italia con le leggi e quanto tempo serve perchè vedano la luce, mi immagino in questo momento In Croazia, alle prese con altre questioni, quanto tempo servirà».

Un ulteriore garbuglio diplomatico che a questo punto solo Zagabria potrà chiarire e dipanare e nel frattempo in Italia, dopo la positiva sentenza che comunque riguarda specifici casi (oltre 4 mila cittadini stranieri di cui oltre mille italiani che hanno fatto domanda entro i termini) si apre un botta e risposta tra esuli e ministero degli esteri. A fare da scintilla la posizione del sottosegretario Carlo Giovanardi che ha affrontato anche la questione dei beni abbandonati tornando sulla questione dei rimborsi che deve fare l'Italia e sulle rivalutazioni. Una questione su cui ha tuonato ieri in particolare il presidente dell'Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota.

Mantica comunque, pur invitando alla cautela, è fiducioso: «Questa sentenza oltre agli italiani riguarda austriaci e sloveni di origine croata – commenta – e che rivendicano dei beni in quelle terre. Senza porre alcun veto alla Croazia per l'entrata nell'Ue, se risolvessero questo problema prima dell'ingresso, sarebbero accolti con qualche sorriso in più dai loro vicini di casa».

Quello che emerge è comunque l'esigenza da una parte di nuovi accordi bilaterali tra Italia e Croazia, ma anche della soluzione dei tanti nodi ancora aperti sulla questione dei beni abbandonati degli esuli. Ieri Lacota è intervenuto pesantemente sulle dichiarazioni di Giovanardi che sosteneva che è l'Italia che deve pensare ora a risarcire gli esuli. Ha detto che «Ciò che dice (Giovanardi ndr) è in parte vero ma è ripugnante sentire dal sottosegretario che ora alla luce della sentenza non si può chiedere alla Croazia di restituire i beni». Il presidente dell'Unione degli istriani insiste sul fatto che chi ha subito l'esproprio della casa ha il diritto inalienabile di averla in restituzione e che è «grave e preoccupante che un membro del governo in contraddizione con ministro e sottosegretario agli esteri che ci avevano confortato in questo senso, lo sostenga».

Gelida la replica, ieri, dello stesso Giovanardi a Lacota.

«Quello che è ripugnante è che Lacota continui a pigliare in giro gli esuli dicendo cose assurde e incredibilmente fuori dalla realtà sulla restituzione dei beni. Cosa vuole che dichiariamo guerra a Slovenia e Croazia? Io sono sincero e quello che dico a Trieste lo ripeto a Roma. E so che chi fa il lupo a Trieste viene poi a Roma a fare l'agnellino».

Non ammette repliche il sottosegretario Giovanardi che ripete: «Quello che ho dichiarato al giornale lo hanno detto anche gli altri – conclude – ho detto che storicamente si è concluso un processo, lo Stato Italiano deve pagare i risarcimenti agli esuli e che è ancora inadempiente».

Lo stesso Mantica getta acqua sul fuoco delle polemiche e dà ragione a Giovanardi e in parte anche a Lacota. «Hanno detto entrambi cose vere – sostiene – Da una parte c'è la sentenza della Corte suprema che apre tutta una serie di questioni davanti ai Tribunali su casi specifici. Dall'altra c'è la questione degli indennizzi agli esuli e ai risarcimenti che spettano all'Italia. Se l'Italia avesse affrontato tempo addietro questo problema con la Croazia non ci troveremmo in questa situazione».

In ballo ci sono 110 milioni di euro che Slovenia e Croazia devono a titolo di eredi del debito contratto verso l'Italia dall'ex Jugoslavia. «Lubiana ha già aperto un conto con 55 milioni – conferma Mantica – e ci ha già detto che quando vogliamo si chiude. La Croazia invece li ha messi nel suo bilancio».

Tante questioni ancora aperte, troppe forse. «I passaggi sono due – insiste Mantica – la prima è che bisogna regolare le questioni con la Croazia. Bisogna fare degli incontri e arrivare a degli accordi. Da una parte c'è il dovere di Zagabria di restituire ai cittadini quei beni ancora disponibili. Poi che ci sia un'indennizzo ed è talmente chiaro che non serve discutere e parlo dei 35 milioni fissati ancora dell'accordo di Osimo».

E c'è la questione di cui parla anche Giovanardi: «Sì – conclude Mantica – fatto tutto il lavoro che manca, compresa la questione dei documenti che riportano ancora i nomi non in italiano e con la dicitura ex-jugoslavia, ci deve essere l'indennizzo con la rivalutazione. Giovanardi ha ragione quando dice che sono cifre ridicole perchè al valore attuale parliamo di 2-3 miliardi di euro. C'è un grosso deficit politico dell'Italia, ma bisogna dare atto a Berlusconi di avere finalmente aperto con il sottosegretario Gianni Letta un tavolo degli esuli a Roma per cercare di chiudere finalmente tutti questi nodi».

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23 agosto – Agenzia “Agi”

Lacota: altre associazioni hanno preso i giro gli esuli

(AGI) – Trieste, 23 ago. – ''Giovanardi venga a Trieste o a Roma ad intervenire ad un dibattito pubblico cosi' si potra' fare chiarezza su chi fra i vertici delle nostre associazioni, ha preso in giro gli esuli da oltre sessant'anni a questa parte''. L'invito al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri viene dal presidente dell'Unione Istriani di Trieste Massimiliano Lacota dopo che l'esponente del governo aveva tacciato Lacota di essere ''lupo a Trieste e agnellino a Roma''. Per Lacota invece ''la realta' che si vorrebbe mascherare e' che ci sono troppe volpi dappertutto''.

''Respingo – aggiunge Lacota – le strumentali accuse del sottosegretario Giovanardi, poiche' l'unico obiettivo sul quale tutti, egli compreso, dovremmo ora concentrarsi e' quello di ottenere i massimi risultati da questa situazione che da anni ci si attendeva''. La situazione cui si riferisce Lacota e' la sentenza della Corte Suprema di Zagabria che ora offre le restituzioni dei beni, ancora in mano ai comuni e allo Stato croati, e confiscati agli italiani gia' proprietari in Istria, Fiume e Dalmazia e mai indennizzati da Roma. Ieri intanto a Zagabria si e' svolto un primo incontro tra Lacota ed i legali incaricati dall'Unione degli Istriani di interpretare la sentenza della Corte croata, istruendo da subito ogni passo necessario per una sua rapida applicabilita' anche con la partecipazione delle associazioni dei tedeschi e degli austriaci espropriati durante e dopo la guerra dei loro averi e che avevano fatto richiesta di restituzione di case e fabbricati. ''Siamo al lavoro per capire come ci si dovra' muovere, e il governo italiano e la Farnesina in particolare – ha detto Lacota – devono sostenere le richieste dei suoi cittadini soprattutto dal lato politico. Il risultato e' quello di ottenere il massimo possibile da questa situazione favorevole''. (AGI)

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24 agosto – Sito www.anvgd.it

Sentenza croata: l'incertezza resta, niente facili entusiasmi

Dopo la sentenza dell'Alta Corte croata, si susseguono in questi giorni dichiarazioni di rappresentanti a diversi livelli e ci giungono anche numerosi messaggi di speranza da parte di molti Esuli.

La nostra linea di concretezza e di realismo ci impone di invitare alla prudenza rispetto ai facili entusiasmi nati in questi giorni.

Vanno prima di tutto attese le motivazioni della sentenza, che interpreterà il caso della cittadina brasiliana, ex ebreo-croata, a cui fu sequestrato un immobile a Zagabria. Poi andrà chiarito a quali casi la sentenza può essere estesa; se è necessario che la Croazia vari una nuova legge ad hoc; se è necessario un accordo bilaterale Italia-Croazia per dare attuazione alla normativa. Già questo fa immaginare tempi certamente non ristrettissimi.

Ma cerchiamo di capire chi potrebbe beneficiare di questa nuova situazione (e sottolineiamo "potrebbe"). Diciamo subito che sono esclusi sicuramente tutti coloro che hanno una posizione aperta per gli indennizzi da parte dello Stato italiano (circa 32mila pratiche). I loro rimborsi sono susseguenti ai trattati tra Italia e Jugoslavia e ogni restituzione/indennizzo da parte della Croazia è da escludere in partenza. Lo stesso dicasi per chi, pur avendone diritto, non ha mai fatto domanda allo Stato italiano per detti indennizzi: i loro immobili erano comunque indennizzabili.

Da parte croata trapela al momento che i pochi casi beneficiati sarebbero quelli di sequestri avvenuti dopo il 1947. A questo punto si andrebbero a escludere tutti gli Esuli della prima ora, che optarono per la cittadinanza italiana in conseguenza della modifica dei confini imposta dal Trattato di Parigi, compresi quelli a cui erano stati sequestrati i beni senza la copertura dei Trattati.

Resterebbe in questo caso tagliata fuori anche la "lista dei mille", ovvero quell'elenco proposto più volte dall'Unione degli Istriani e che riguarda beni degli Esuli, ancora oggi di proprietà di amministrazioni locali o statali nella Zona B. Secondo la sentenza croata, infatti (ma ne attendiamo i particolari), non sembrerebbe essere rilevante l'attuale condizione dell'immobile, ma solamente l'atto di sequestro.

Lo stesso dicasi per chi negli anni passati aveva presentato alla Croazia domanda di restituzione dei beni. Non pare essere questo un elemento che apra automaticamente le porte alla restituzione/indennizzo da parte croata, soprattutto in presenza di indennizzi (sia pur scarsi) ottenuti dallo Stato italiano.

Come si vede, la materia è tutt'altro che chiarita e il dubitativo è d'obbligo su ogni singolo bene appartenuto agli Esuli. Chiunque, in questi giorni, faccia affermazioni certe, non ha in realtà gli elementi per proporvele.

Naturalmente l'ANVGD seguirà -come sempre- l'iter della vicenda, dando puntuale informazione qualora le notizie diventassero realtà certa per le attese dei nostri Esuli.

La Redazione del sito

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24 agosto – Sito www.anvgd.it

Lacota insulta le Associazioni degli Esuli

Nel botta e risposta di questi giorni con il sottosegretario Giovanardi, il presidente dell'Unione degli istriani, Massimiliano Lacota, nell'invitare il rappresentante governativo ad un pubblico confronto, chiarisce come in quella occasione si potrebbe "fare chiarezza a chiunque, su chi anche fra i vertici delle nostre associazioni, prende in giro ed ha preso in giro gli esuli da oltre sessant'anni a questa parte".

Senza attendere tale incontro, sarebbe utile sapere a chi specificatamente tale insulto è rivolto, quali ne sono le motivazioni (concrete, però, non di propaganda) e se tale dichiarazione va nella giusta direzione di una unità di intenti fra le Associazioni degli Esuli evocata dallo stesso autore per portare "fieno in cascina" dopo la sentenza croata sui beni.

In caso contrario, queste gratuite insinuazioni potrebbero apparire una delle consuete necessità auto-celebrative che passano al pubblico non con l'esposizione di meriti propri (già di per sé deprecabile), ma con  la sistematica costruzione di una falsa immagine dei demeriti altrui.

La Redazione del sito

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25 agosto – Sito www.anvgd.it

FederEsuli: evitiamo polveroni sulla sentenza croata

Ha suscitato una ridda di polemiche "gratuite" la notizia apparsa sulla stampa croata e sulle agenzie di stampa internazionali a proposito della decisione dell'Alta Corte della Croazia che a cinque anni dal ricorso ha considerato legittima la richiesta di una cittadina brasiliana di essere considerata alla stregua dei cittadini croati, lei nata a Zagabria, in materia di denazionalizzazione. La libera interpretazione di questa decisione, di cui non è ancora stata pubblicata la motivazione, ha portato a considerazioni e pareri a tutto tondo, spesso creando disinformazione. Ecco perché la FederEsuli, ha diramato una nota specificando quanto segue:

“Sulla recente sentenza della Corte Suprema di Zagabria, che per i casi sottoposti al suo esame ha dichiarato incostituzionali alcune norme ordinarie croate che vietavano la restituzione dei beni ai cittadini stranieri, bisogna essere cauti.

Da un lato rappresenta un indubbio passo avanti perché apre la strada a pronunce dei tribunali più favorevoli agli stranieri e quindi anche agli esuli giuliano-dalmati  dai territori ex-italiani passati alla ex-Iugoslavia.

La sentenza dimostra anche che le questioni studiate in materia di restituzioni dalla Commissione Leanza, istituita dal Ministero degli Esteri su richiesta della Federazione delle Associazioni degli Esuli, e dalla contemporanea Commissione Maresca della Provincia di Trieste, rappresentano una giusta base di ragionamento giuridico, che trova eco nell'opinione pubblica e nella giurisprudenza croate.

Occorre quindi proseguire subito nella trattativa con il governo croato, che appare oggi più matura che in passato, come rileva il Sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica.

Dall'altro bisogna tenere distinta la questione degli indennizzi che lo Stato italiano deve agli esuli che lo hanno richiesto rinunciando alla restituzione dei beni, cui fa cenno il Sottosegretario Carlo Giovanardi. E' un diritto soggettivo ampiamente riconosciuto dalle magistrature italiane e che il patrio governo continua a trascurare.

Pur nella difficile situazione attuale è giusto riprendere il discorso su questo tema al Tavolo di coordinamento con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, che non ha dimenticato questo contenzioso tutto "italo-italiano".

Trieste, 24 agosto

La Presidenza della Federesuli”

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25 agosto – Sito www.anvgd.it

Saro su anagrafe, beni e indennizzi: pressing su Ministeri

"Dare risposte concrete agli esuli". Il senatore Ferruccio Saro si allinea alla posizione espressa dal sottosegretario Carlo Giovanardi su questo tema che lo vede da anni impegnato a difesa dei diritti soggettivi. Se sulla sentenza croata che apre alla restituzione dei beni nazionalizzati sotto il regime titino – premette Saro – si attendono le motivazioni per capire a quanti casi possa applicarsi, con la consapevolezza comunque dell'esiguità dei beneficiari (visto che si tratta di casi svincolati da trattati di pace e accordi su beni abbandonati), "si deve invece sollecitare la ripartenza delle trattative fra Stato italiano ed esuli in ottemperanza della legge 137 del 2001 e su questo punto condivido le indicazioni fornite da Giovanardi nel senso di fare pressing sui Ministeri competenti affinché si avvii l'iter con l'obiettivo di portare a termine le liquidazioni per i beni abbandonati, come stabilito dal dettato normativo". Questo significa accelerare sui tavoli fra Ministero dell'economia e rappresentanze degli esuli per rivedere e stabilire i coefficienti di rivalutazione monetaria in modo che le quote dei risarcimenti non siano irrisori, ma adeguati.

Non nasconde Saro gli aspetti positivi connessi all'intervento della Corte suprema croata, come la parificazione nel trattamento degli espropriati indipendentemente dalla nazionalità, ad ogni modo è prioritario – afferma – "riprendere le discussioni fra lo Stato italiano e gli esuli nel tavolo di confronto, muovendosi parallelamente anche per imbastire trattative con la Croazia, del resto la sua adesione all'Ue è vincolata anche a queste decisioni".

INTERROGAZIONE – Saro esprime preoccupazione per quegli episodi di discriminazione e persecuzione della memoria storica che ancora oggi, nonostante le conquiste sul versante storico e storiografico, vessano gli esuli e i loro discendenti. Dalla minimizzazione, che arriva anche alla negazione della portata e dei numeri collegati alle tragedie che patirono, a nuove forme di discriminazione come quella oggi segnalata, una delle tante, dall'Anvgd (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia), relativa al mancato rispetto da parte di alcune compagnie telefoniche sull'osservanza della legge che riguarda l'Anagrafe degli Esuli. Su questo tema Saro annuncia un'interrogazione urgente. "Ci troviamo di fronte -spiega- a una grave violazione dei diritti soggettivi che non si limita a verificarsi solo nei contenziosi con gruppi telefonici al momento della stipula dei contratti, ma più in generale ogni volta che si affronta una qualche registrazione nelle banche dati. Il problema è che troppo spesso non viene fatta rispettare la normativa precisa che regolamenta l'Anagrafe degli esuli (legge 54 dell'89). Il problema riguarda i  cittadini italiani nati nella Venezia Giulia e Dalmazia e profughi in Italia dopo la firma del trattato di pace con l'ex Iugoslavia: spesso non vengono riconosciuti i loro codici fiscali, emessi ai sensi delle leggi in vigore, e al loro posto vengono assegnati codici fiscali non veritieri indicando altri comuni di nascita. "Tutto ciò è inaccettabile".

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