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26 nov – Antichi nemici, rinnovate indifferenze

Da Difesa Adriatica – novembre 2009

Nessun precedente governo si era impegnato formalmente nei confronti delle associazioni degli esuli giuliano-dalmati come quello attuale. Nelle due riunioni del Tavolo di coordinamento Governo- Associazioni del 5 febbraio e dell’11 giugno scorsi, presieduti dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e con la presenza
di cinque Sottosegretari e di più di venti direttori generali e alti funzionari dei rispettivi ministeri, sono stati presi impegni precisi sui vari problemi: dalla restituzione dei beni al loro definitivo indennizzo, dall’edilizia popolare all’anagrafe, ecc.

Si sono succeduti durante la primavera e l’estate incontri tecnici interni alle amministrazioni
per trovare le soluzioni più appropriate a soddisfare le nostre aspettative.

Eppure a fronte di questi impegni ufficiali c’è un’atmosfera generale sul piano politico che lascia perplessi. Il primo interrogativo riguarda lo stato dei rapporti italo-sloveni e italo-croati. Quanto ai primi, dietro il linguaggio felpato della diplomazia si avverte chiaramente uno scontro a muso duro.
Appena raggiunto l’accordo con Zagabria – grazie anche ai buoni uffici italiani –sulla lunga controversia confinaria in Istria, Lubiana, con il consueto stile, ha aperto le ostilità con Roma sul rigassificatore di Zaule. Non cede di un millimetro sulla tutela della minoranza italiana in Istria, dichiarandosi pienamente adempiente agli accordi stipulati malgrado non sia affatto vero e accusando l’Italia di non fare altrettanto con la minoranza slovena nel nostro
Paese. Sulle restituzioni ritiene il problema chiuso.

Quanto alla Croazia, si legge sui giornali che l’Italia è la grande mallevatrice dell’ingresso di quel paese nella Ue. L’ultima visita del Ministro al Commercio estero Adolfo Urso viene descritta in termini trionfali. Zagabria lamenta addirittura che malgrado la presenza in Croazia di banche italiane in posizione dominante e malgrado l’Italia sia il suo primo partner commerciale, i nostri investimenti sono solo al sesto posto e ne vogliono di più!

Sulle zone ittiche l’accordo è stato raggiunto e anche sulle ricerche di idrocarburi va tutto liscio, con una stretta collaborazione tra la nostra Eni e la corrispondente società di Stato croata. Si deve supporre che il patrimonio tecnologico sia quello italiano. Tanto più che l’ Eni sta realizzando in questi mesi accordi giganteschi, dall’Asia centrale all’Irak, alla Libia.
Ecco, appunto, la Libia! Nell’ambito del mega-accordo Berlusconi- Gheddafi sotto le tende il nostro governo è riuscito a farci entrare il problema degli indennizzi ai profughi italiani dalla Libia: 150 milioni di euro distribuiti
in tre anni. Non che li paghi Gheddafi naturalmente, che ha voluto le scuse per il nostro dominio coloniale.

Li tira fuori il governo italiano.

I diritti degli Esuli

Allora la domanda che l’Anvgd ha posto nell’ultimo incontro alla Farnesina del 13 ottobre è come mai un governo capace di tali successi trovi invece così enormi difficoltà nel trattare con la Croazia e con la Slovenia sul problema delle restituzioni e non sappia come reperire le risorse necessarie per i nostri indennizzi, che sono meritevoli di almeno uguale considerazione. È vero che la Legge 137 del 2001 riguardava solo noi. Ma è pur vero che tutti i governi hanno riconosciuto che il problema è aperto e che il nostro diritto all’indennizzo equo e definitivo è giuridicamente ineccepibile.

Abbiamo rivolto la domanda al Sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica perché è l’uomo politico a noi più vicino in questo momento e perché è stato proprio lui ad avere la sensibilità di accostare il nostro problema a quello dei profughi dalla Libia.

La controffensiva sul Giorno del Ricordo

Dall’altro lato a nessuno sfugge che si sia aperta una controffensiva culturale da parte slovena contro il Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo, con tesi vittimistiche come quelle di Boris Pahor o negazioniste come quelle di Joze Pirjevec.
Alle prime questa associazione ha risposto in tono fermo e pacato, come si conviene con un ultranovantenne reduce da tante traversie, ma rintuzzando il suo vittimismo del tutto unilaterale, cieco e sordo a ogni argomentazione
contraria. Alle seconde hanno risposto efficacemente gli storici Giuseppe Parlato su «Libero» e Roberto Spazzali su «Il Piccolo». Sul piano dell’obiettività scientifica non c’è molto da aggiungere. Il riduzionismo di Pirjevec è un passo indietro di cinquant’anni. Il professore dell’università del Litorale torna ai tempi della propaganda titina degli anni Cinquanta. «Trst je nas» o giù di lì.

C’è solo da osservare che Pirjevec attribuisce agli ispiratori della legge sul Giorno del Ricordo – e quindi sostanzialmente a noi e ai nostri predecessori nelle associazioni giuliano-dalmate – una capacità diabolica di inventare scenari inesistenti; di raccogliere prove, per lui fasulle, dai servizi segreti inglesi e americani (che sarebbero stati infiltrati da nostri agenti); di raggirare storici e giornalisti di vaglia (da Montanelli a Oliva, da Pupo a Salimbeni, da Pansa a Melograni, da Rodotà a Mieli, da Valiani a Canfora, da Galli della Loggia a Sergio Romano) fino a tre Presidenti della Repubblica, per indurli a riconoscere un quadro della realtà del tutto fantastico.
Se fosse vero quello che dice Pirjevec saremmo stati proprio bravi ! A fare fessa tanta gente importante.

Il fatto è che all’appello dei nostri morti troviamo migliaia di nomi di persone prelevate dai vari tentacoli dell’armata di liberazione iugoslava che non abbiamo più rivisto. E di questi – ormai è acclarato – i fascisti erano una minoranza. E comunque non si uccidono così neanche i cavalli! A meno che per i partigiani comunisti di Tito massacrare a guerra finita i propri nemici e alleati, militari e civili, fosse cosa lodevole di cui ancora vantarsi.

Di fronte a questi ritorni di fiamma per noi esuli e per i tanti amici che si sono uniti a noi in questi anni c’è un dovere solo: tenere duro sia verso i nemici esterni che verso le tergiversazioni dei nostri governi. Riunire le forze e non abbassare la guardia, perché il lavoro da fare è ancora tanto e la lotta per i nostri diritti e la difesa della nostra memoria è ancora lunga ed ha bisogno di energie nuove.

Lucio Toth

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