17 marzo 1861, lo Stato italiano senza gli italiani dell’Adriatico orientale

«Italiani due volte, una per nascita ed una per scelta» è un’espressione attribuita a Indro Montanelli con riferimento alla dolorosa decisione di intraprendere la via dell’Esodo compiuta dagli italiani delle province annesse alla Jugoslavia comunista di Tito per effetto del Trattato di Pace del 10 febbraio 1947.

Ma questi italiani dell’Istria, del Carnaro e di Zara erano i discendenti di quelli italiani che il 17 marzo 1861 erano ancora sudditi dell’Impero d’Austria mentre nasceva ufficialmente il Regno d’Italia. In quel momento neppure il Veneto, il Trentino e Roma con il Lazio erano entrati a far parte del nuovo Stato nazionale, nel quale per giunta la consapevolezza di ciò che era avvenuto grazie al percorso risorgimentale era talmente rarefatta da far dire al Ministro D’Azeglio “L’Italia è stata fatta, ora bisogna fare gli italiani”.

Invece nell’Adriatico orientale gli italiani c’erano, era l’Italia che andava fatta. C’erano gli italiani che avevano acquisito la propria identità all’ombra dell’Arena di Pola e grazie al retaggio della plurisecolare presenza della Serenissima Repubblica di Venezia.

C’erano gli italiani che avevano combattuto per la libertà della rinata Repubblica di San Marco nel 1848 e poi avevano combattuto come volontari nelle guerre d’indipendenza o nelle fila dei garibaldini.

C’erano gli italiani che di lì a poco avrebbero boicottato le elezioni per la Dieta imperiale votando “Nessuno”, in quanto i propri rappresentanti avrebbero dovuto essere eletti nel Parlamento italiano, non in quello austriaco.

C’erano gli italiani che chiedevano al governo asburgico l’unificazione amministrativa dell’Istria con il Veneto, poiché si immaginava che una Terza guerra d’indipendenza avrebbe portato le truppe sabaude anche nella pianura veneta e quindi si sperava di seguire le sorti di quella regione nella sua imminente annessione all’Italia.

La storia dell’italianità adriatica spesso si trova spiazzata di fronte a date che corrispondono a celebrazioni istituzionali in tutta Italia, ma che nelle terre della frontiera adriatica acquisiscono un altro senso, eccezion fatta per il 4 novembre. Nonostante queste discrepanze, o forse proprio per effetto di queste differenze che hanno plasmato un forte senso di appartenenza ad una nazione magari idealizzata, ma che veniva vista costituirsi in Stato al di là di un confine, la consapevolezza di essere italiani non è mai venuta meno ed è anzi sempre stata orgogliosamente rivendicata da giuliani, fiumani e dalmati.

Lorenzo Salimbeni 

 

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