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Padre Flaminio Rocchi ricordato a Grado da Missoni – 14lug/08.54

da Il Piccolo del 14 luglio 2011 – Intervista di Maria Cristina Vilardo

 

La rassegna «Libri e autori a Grado» prosegue oggi con Martina Colombari e Luca Serafini, autori del libro «La vita è una». Seguirà domani l’atteso incontro con Ottavio Missoni per il suo libro «Una vita sul filo di lana», scritto con Paolo Scandaletti. Entrambi gli incontri si terranno alle 18, al Velarium Giardino del Gazebo della spiaggia principale (in caso di maltempo al Cinema Cristallo), con ingresso libero. I successivi due appuntamenti della rassegna saranno alla Basilica di Sant’Eufemia, con inizio alle 21: giovedì 21 luglio il colonnello Lorenzo Cadeddu parlerà del suo libro «La leggenda del soldato sconosciuto all’Altare della Patria», mentre venerdì 22 Susanna Tamaro, di cui è da poco uscito ultimo romanzo, «Per sempre», converserà con monsignor Armando Zorzin. In tutti gli incontri l’attore e regista Tullio Svettini leggerà, quale saluto finale, i versi di Biagio Marin. di Maria Cristina Vilardo Quelle note di “Summertime”, che lasciano in attesa l’interlocutore prima di far esplodere nella cornetta il suo saluto screziato dai colori del dialetto dalmato, non sembrano casuali.

 

Perché l’estate, per Ottavio Missoni, è la stagione in cui ricongiungersi alle proprie origini. È un uomo di Zara, terra che gli ha dato il sangue di atleta olimpionico. Poi, certo, è anche lo stilista che tutto il mondo ama. E che si racconta in prima persona nel libro scritto con Paolo Scandaletti, il giornalista ideatore della rassegna «Libri e autori a Grado». Edito da Rizzoli, «Una vita sul filo di lana» porterà Ottavio Missoni domani, alle 18, al Velarium Giardino del Gazebo della spiaggia principale di Grado.

 

«Zara, dunque, il mio posto, la radice che mi rimane dentro: nelle voci, negli accenti, nei colori, nei profumi, in una malinconia che talora mi prende e diventa nostalgia. Per questo ci torno tutte le estati, e giro in barca tra le magiche isole della mia Dalmazia, la mia vera patria, quella dell’anima». Così scrive lo stilista, nato però i natali Ragusa, l’11 febbraio 1921. «Quando mi chiedono dove sono nato, dico: ”Sono nato a Ragusa col passaporto italiano”. Perché nel 1918, finita l’Austria, ai dalmati è stata data la facoltà di scegliere fra il nuovo passaporto jugoslavo e il passaporto italiano. Quella di mio padre è stata una scelta per essere italiani, non riconoscendosi nella cultura slava. Noi della costa non siamo né Balcani né Danubio: siamo Mediterraneo da sempre. Io chiamo la mia terra Dalmazia, non Croazia. Ho avuto la fortuna di nascere là e ho trascorso la giovinezza a Zara. Non poteva esserci un posto migliore, per la natura, per il mare».

 

A Zara, scrive ancora Missoni, quando si incontrava qualcuno la mattina, si chiedeva: «Come hai dormito? Come stai? Hai fatto bei sogni?». E lui, che considerava tempo perso andare a scuola, la mattina dormiva a lungo. Con la complicità della madre, Teresa de’ Vidovich, contessa di Capocesto e di Ragosniza. La quale temeva che, svegliandolo presto, potesse diventare nervoso. «Mia mamma – dice Missoni – ha una grande parte in questa storia che ho scritto. A casa mia a Zara si parlava d’abitudine il dialetto veneziano-dalmato, però andavo tutte le vacanze a Sebenico, dal nonno Luca. Al terzo piano, c’era la cucina con el grande tavolon e mangiavano tutti là, dal vescovo al marinaio, ai pescatori. Così ho mantenuto anche l’uso della lingua croata, la madrelingua della mamma, che comunque parlava veneziano e un po’ di francese. A Sebenico giocavo in piazza con la mularia, che a quell’epoca non faceva distinzione tra chi era italiano, slavo o turco. A Zara nessuno dei 20mila abitanti parlava croato. Io lo parlo talvolta solo con Enzo Bettiza, che è di Spalato».

 

Se il padre era capitano “de mar”, un lontano avo di Missoni era pirata. «Due fratelli Misson, ufficiali bretoni, erano venuti in Italia al seguito di Napoleone – spiega. – Quando Napoleone tornò a Parigi, loro rimasero in Veneto, nella zona di Conegliano, dove c’è ancora qualche tomba col nome Misson. Sotto l’Austria, mio nonno era stato mandato dal Friuli a Ragusa (oggi Dubrovnik) come magistrato, e là sono nati cinque fratelli. Secondo i diplomi della Marina austro-ungarica, nel 1914 mio papà faceva Misson di cognome e nel 1915 diventò Missoni. In Bretagna esiste il clan delle famiglie Misson, una cinquantina, con il loro bollettino trimestrale. Dicevano di sapere che il mio cognome d’origine era Misson e d’ufficio mi hanno iscritto al clan. E loro raccontano che bretone era il pirata Misson, vissuto alla fine del ‘600. Era un pirata abbastanza singolare e utopico. Aveva fondato in Madagascar la repubblica Libertalia».

 

Il Capitano Misson compare anche nelle “Storie di pirati” attribuite a Daniel Defoe, l’autore di “Robinson Crusoe”. Secondo lo scrittore inglese, estendeva la sua fede nell’uguaglianza ai negri che accoglieva nel proprio equipaggio e ai nativi del Madagascar. Missoni cita invece il poeta Byron, che aveva definito il suo avo «l’uomo più mite che abbia mai affondato una nave o tagliato una testa». «Questa frase – precisa – l’ho sentita nel film “Cantando dietro i paraventi” di Ermanno Olmi. Lui sa tutto del pirata Misson, tant’è che adesso si è iscritto alla ciurma Misson. Quando mi scrive, comincia con “Caro Capitano” e si firma Ermann. Olmi ha letto il mio libro e mi ha telefonato. Gli ho spiegato che il pregio del libro è di non aver nessuna caratteristica letteraria né filosofica. Mi ha risposto: “Si sente benissimo che è un libro scritto con la semplicità del cuore”. Detto da lui…».

 

Il pubblico dell’atletica, annota poi Missoni, è fra i più belli e colti in assoluto. L’emozione delle vittorie, una dopo l’altra, fino ai livelli olimpionici, si sprigiona fra le pagine con precisione cronometrica, inseguendo le varie discipline in cui si è cimentato. Nei Master nazionali della Fidal del 2010, allo Stadio Olimpico di Roma, Missoni ha vinto l’oro nel giavellotto, nel disco e nel peso.

 

«Un dritto e un rovescio, far la maja xè questo», esclama parlando del suo mestiere, in cui l’ha costantemente affiancato la moglie Rosita. Dopo i primi passi con il piccolo laboratorio triestino Venjulia, che all’inizio produceva tute sportive di lana, i Missoni hanno pian piano consolidato l’azienda di famiglia, firmando abiti, maglie, tessuti, collezioni per la casa. Oggi esistono persino i lussuosi Hotel Missoni a Edimburgo e nel Kuwait, ed entro il 2014 sorgeranno in Turchia, nell’Oman e in Brasile. «Una volta ho detto: “Il vero creatore sono io, ma si dà il caso che la Rosita ha creato me”. E lei ha commentato: “Sei sempre il solito ruffiano!”. Non abbiamo nessuna scuola alle spalle, solo l’esperienza, quella che bevi con gli amici, quella che ti danno i libri che leggi, le baruffe, la natura attorno a te. Il non avere nessuna scuola specifica, né di maglieria né d’arte, ci ha sollevato da tanti problemi. Eravamo completamente liberi di scegliere, senza condizionamenti. Per fare qualche cosa di nuovo, si deve andare contro delle regole. Noi non eravamo legati a nessuna regola, e questa forse è stata la nostra fortuna perché abbiamo potuto creare qualcosa di diverso».

 

Flaminio Rocchi, padre francescano, parlava così del sindaco del Comune di Zara in esilio, carica ricoperta da Missoni per vent’anni: «Non ha mai coltivato un discorso. Ha gettato in mezzo a noi una manciata di parole colorate: la sincerità della natura». «Ah, ma guarda che bela roba che gà scrito! Straordinario, mi quasi pianzevo quando go leto. Padre Rocchi ha scritto un libro stupendo sull’esodo dei 350 mila giuliani, fiumani e dalmati, senza prender parte per nessuno. Lui raccontava i fatti, i dati, i numeri, e basta. Veniva sempre ai nostri raduni di Zara, che facciamo una volta all’anno».

 

Ovunque, attorno ai Missoni, pulsa la natura. Anche la loro azienda è immersa nel verde. «Apro la finestra – conclude lo stilista – e vedo il Monte Rosa. Ho un bellissimo giardino, che forse è più un parco, dove mi occupo dei fiori. Ce ne sono sempre in ogni stagione, pochi o tanti. In un giardino non si è mai soli. Coltivemo anche el radiceto e lo abbiamo tutto l’anno. Infatti mia moglie dice che il vero privilegio della ricchezza è aver radiceto de primo tajo e gli ovi del tuo pollaio. Allora radiceto e ovi assieme… che meraviglia!».

 

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