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09 giu – Cinque anni fa moriva Padre Flaminio Rocchi

Il 9 giugno 2003 a Roma si spegneva la novantenne vita terrena di Padre Flaminio Rocchi, il "Frate degli Esuli" che aveva dedicato tutta la sua vita e le sue energie alla causa dei profughi.

Il suo impegno fu totale: dall'assistenza materiale a quella spirituale, dalle lotte per le leggi all'impegno mediatico, dalla scrittura dei suoi libri allo studio di ogni aspetto dell'esilio.

Figura universalmente riconosciuta come esempio di francescanità e amore per il prossimo, a lui si deve la gran parte della ricostruzione della identità di istriani, fiumani e dalmati all'interno della nazione madre.

A cinque anni di distanza lo ricordiamo con un inedito fornitoci dal Maestro Luigi Donorà, scritto da Padre Rocchi nel 1997 e destinato ad essere musicato.

 

"La mia vita era la luce del mio sole.
il calore del mio focolare.
Era la gioia del mio cielo
e della mia libertà.

Gli olocausti e le foibe
i muri e le carceri hanno
aperto nella storia una
strada di lacrime, di sangue:
la strada degli esuli.

Gerusalemme, Gerusalemme,
si secchi la mia destra,
la lingua si attacchi al palato
prima che io ti dimentichi
prima che si spenga
la mia canzone gioiosa, (salmo 137)

Hanno rovesciato le lampade del Tempio
legate le campane
spezzate le braccia delle croci.
Hanno trafitto le anime.
Le Madonne addolorate
sono cadute in pezzi.

Le Foibe sprofondate
nella pietraia del Carso
urlano come
antiche canne d’organo.
Gli olivi abbandonati piangono.
Le barche spaurite tremano
nei piccoli porti.
Il vento sbatte le finestre
perché gli esuli sono scappati.
Nelle baracche dicono
che non piangono
perché nessuno crede alle loro lacrime.

Cadono le stelle false.
Crollano i muri.
Dai monumenti scappano
uomini e cavalli.
Nomi e medaglie
cadono nella polvere.
Gli esuli e i pellegrini,
i vivi e i morti cantano:
Vita e fede
Patria e libertà.

                         
P. Flaminio Rocchi"

 

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