demichelis

08 gen – De Michelis: la riconciliazione nacque nel ’92

di Mauro Manzin su "Il Piccolo" dell'8 gennaio

 

Bene la proposta del capo dello Stato croato Stipe Mesic di avviare il processo di riconciliazione tra Italia, Croazia e Slovenia dopo i tragici fatti della Seconda guerra mondiale. Ma l’idea merita un’attenta ricostruzione storica visto che la sua genesi risale al gennaio del 1992 quando l’Italia e l’Ue riconobbero l’indipendenza di Lubiana e Zagabria. A parlare è l’europarlamentare del gruppo socialista europeo Gianni De Michelis, uno dei principali protagonisti di quei delicatissimi momenti visto poi che ricopriva il ruolo di ministro degli Esteri della nostra Repubblica.

On. De Michelis come giudica la proposta di Mesic?

«Le vicende vanno collocate in un contesto storico preciso. Il problema si è posto quando è caduta la Cortina di ferro con la fine della Guerra fredda e quando si è posto il problema del riconoscimento dei nuovi Stati sorti dalla dissoluzione della Jugoslavia, cioè nel 1992».

Che cosa successe in quei momenti così delicati?

«Il presidente Mesic dovrebbe ricordare benissimo che in quel momento l’Italia pose alcune condizioni che andavano allora nella direzione di definire i termini della cosiddetta riconciliazione, per il superamento non solo delle vicende del ’44 e del ’45, ma anche di Osimo».

Lei era ministro degli Esteri, come si svolsero allora i fatti?

«Essendo veneziano e nordestino mi occupai con solerzia di questi temi. Dissi con chiarezza che, da un lato, di Osimo andava salvaguardato il fatto che non avremmo ridiscusso i confini, contrariamente alle pressioni che allora vi erano soprattutto da parte delle forze di destra dell’allora Msi di ridiscutere i confini per giocare all’interno di una contraddizione rappresentata dalla Jugoslavia che stava disintegrandosi, e della posizione dei serbi che sembravano disponibili a riconoscerci anche qualche possibilità in questa direzione, con croati e sloveni che ovviamente si opponevano. Dall’altro lato però era evidente che il problema della ridefinizione del dare e dell’avere tra l’Italia e i due nuovi Stati si sarebbe dovuto ridiscutere consentendo quanto in quel periodo veniva concesso a tutti gli altri Paesi dell’area ex comunista».

Qual era allora la strategia diplomatica?

«Bisognava poter rimettere in discussione le espropriazioni, i cambiamenti di propietà, le nazionalizzazioni che erano intervenuti come conseguenza del cambio di regime. E Mesic dovrebbe ricordarsi che divenne ultimo presidente della Jugoslavia grazie a un mio intervento personale nei confronti di Milosevic, in una notte abbastanza drammatica a Belgrado».

È quale fu la risposta della Croazia a queste «pressioni»?

«La Croazia disse di sì. Mentre in Slovenia ci fu una resistenza molto maggiore per cui, alla fine, pro bono pacis, accettammo di non pretendere che il Parlamento sloveno approvasse i termini di un’intesa che avevavmo fatto e che andava in questa direzione. Zagabria invece l’approvò, si dimostrò più disponibile. Poi nel tempo ha cambiato, e di molto, la sua posizione, portando a tensioni anche molto forti tra Italia e Croazia che poi sono state successivamente superate».

Bisogna, dunque, ricostruire il percorso storico riguardo alla genesi dell’idea di riconciliazione…

«Certo, bisogna vedere l’impegno che prese il governo croato del 1992 quando noi eravamo in condizione di bloccare il riconoscimento da parte dell’Europa della nuova Repubblica croata. E dovremmo ricostruire tutto il percorso, non fermandoci a degli episodi più recenti, ma tenendo conto del fatto che l’Italia dovrebbe sentire il dovere di tutelare i diritti di quella parte della nostra comunità esule che ha oggettivamente subito dei danni inaccettabili in una vicenda storica che è ormai definitivamente superata e rispetto alla quale il giudizio della storia è stato definitivamente dato».

Mesic dice anche che non bisogna porre fascismo e antifascismo sullo stesso piano. È d’accordo?

«Questo va benissimo. Non bisogna porre sullo stesso piano fascismo e antifascismo, ma si possono e si devono porre sullo stesso piano fascismo e comunismo. Su questo possiamo regalare al presidente Mesic un’intera biblioteca con volumi di storici autorevolissimi. Penso a Nolte, ma ce ne sono molti anche in Italia che sotto questo profilo hanno detto parole definitive. Bisogna quindi applicare gli stessi criteri politici e morali alle due grandi idee totalitarie e antidemocratiche del XX secolo, cioè fascismo e comunismo».

Un distinguo molto importante nella filosofia dell’idea di riconciliazione…

«Non parliamo di proteggere gli italiani o le comunità italiane in quanto rappresentative del regime fascista, ma parliamo del proteggere le comunità italiane rispetto alle operazioni non democratiche che il regime comunista ha fatto, sia in Slovenia che in Croazia, negli anni successivi alla fine della guerra. Ricordiamo le foibe ma anche le operazioni concrete di espulsione e espropriazione, di vera e propria pulizia etnica».

L’Italia è però molto attiva nel favorire il processo di adesione della Croazia all’Ue?

«Certo, e anche giustamente, ma noi non possiamo porgere l’altra guancia non avendo usato in termini ricattatori le nostre possibilità di veto per ottenere in cambio delle cose. Per cui ci vuole un rapporto equilibrato. Anche perché, visto che siamo a 20 anni dalla fine della Jugoslavia titina o post-titina, adesso si potrebbere in qualche modo registrare in maniera più precisa le responsabilità che hanno avuto in questa vicenda drammatica non solo i gruppi serbi o bosniaci ma anche le responsabilità che hanno avuto, dall’altra parte della barricata, i gruppi dirigenti sloveni e croati».

 

 

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.