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08 apr – Esuli e sloveni: l’incontro Toth-Budin

di Silvio Maranzana su Il Piccolo dell'8 aprile 2009

Il dibattito ”Memorie a confronto. Nuove prospettive a 70 anni della guerra” che ha gremito con trecento persone ieri pomeriggio una sala troppo piccola della Stazione Marittima ha segnato un punto di svolta nell’atavica contrapposizione etnica e politica cittadina perché oltre a sancire un indubbio riavvicinamento tra italiani costretti ad abbandonare le terre perdute e sloveni in Italia, ha posto fine a un ultradecennale malinteso, la cui via d’uscita è stata ben delineata dallo stesso Budin: «Non si tratta di costruire un passato comune, bensì un presente e un futuro comuni». «Anche a tavoli come questo – ha aggiunto Toth – fino a poco fa parlavamo al plurale: noi e voi, il che significava contrapposizione, ora ci rivolgiamo l’un l’altro al singolare: tu e io, il che significa concordia».

Le ragioni della memoria altrui vanno ascoltate, non necessariamente condivise, al contrario di quanto era sembrato assurgere a comandamento dopo lo storico confronto al Teatro Verdi tra Gianfranco Fini e Luciano Violante. E in effetti Toth e Budin, pungolati dai direttori del Piccolo, Paolo Possamai e del Primorski Dnevnik, Dusan Udovic, hanno riferito proprio ricordi diversi, ma aspirazioni uguali. «Dopo la caduta dell’Austria-Ungheria – ha detto Toth – gli sloveni del Carso hanno incominciato a guardare a Trieste con avidità perché Lubiana era ancora un piccolo centro e in effetti la più grande città slovena era proprio Trieste. Fascisti e comunisti hanno tragicamente cavalcato questo scontro etnico». «La mia generazione è cresciuta con rabbia e odio – ha calcato la mano Budin – impossibile chiedere a chi ha patito sulla propria pelle lutti e sopraffazioni di cancellare tutto, ma oggi il buon senso della riconciliazione sta prevalendo».

E il passato non è stato tutto bianco, o tutto nero o tutto rosso. Sbagliata anche l’immagine degli sloveni da una parte e degli italiani dall’altra. «Rovigno era una città italiana e rossa – ha ricordato Toth – non pochi con il cognome italianissimo furono partigiani comunisti. Ma sull’altro versante è ora di ricordare che anche sloveni si arruolarono nella Repubblica sociale italiana, non nella Belo Garda o con i Domobranci, ma proprio nella Rsi di Mussolini».

Ma qui arriva un punto cruciale sul quale i due relatori ancora una volta hanno concordato: la memoria storica non va utilizzata per scopi politici. Si torna alle affermazioni ricordate all’inizio e forse al fatto che la storia di Trieste è stata condizionata dai nazionalismi contrapposti. Budin su questo si è spinto molto avanti, dando probabilmente uno scossone all’ala più radicale slovena presente in aula con lo stesso professor Samo Pahor. «Il fascismo è ormai un passato che non può tornare – ha ammonito – il fascismo e la violenza proditoriamente subita oggi non possono più essere il punto di riferimento per la nostra identità, per l’identità degli sloveni». «Io che sono di Zara per lingua sono molto simile a un siciliano – ha aggiunto Toth – ma forse nei modi assomiglio di più a un croato della Dalmazia»

La comunità slovena dunque invitata a seppellire definitivamente la fase di un presunto vittimismo. Un invito che però non è stato altrettanto esplicito sull’altro versante del quale l’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia non rappresenta il lato più intransigente spesso manifestato dall’Unione degli istriani il cui presidente Massimiliano Lacota non era presente alla manifestazione come del resto nemmeno alcun rappresentante di spicco dell’ormai ex partito di Alleanza nazionale. Sono invece intervenuti oltre al prefetto Giuseppe Balsamo, i sindaci di Trieste, Roberto Dipiazza, di Duino Aurisina, Giorgio Ret, di San Dorligo-Dolina, Fulvia Premolin, di Sgonico, Mirko Sardoc.

Oggi la collaborazione tra Italia e Slovenia può essere addiritura un esempio da imitare su altri confini caldi. «È stata fatta una commissione tra Germania e Republica Ceca – ha riferito Toth – e sta per insediarsi una tra Grecia e Turchia. Su questo versante siamo stati noi ad aprire la strada». «Il modello di collaborazione che si è sviluppato qui in Alto Adriatico – ha aggiunto Budin – potrebbe essere ora esportato nei Balcani dove purtroppo le ferite sono molto più recenti, datate solo una decina d’anni».

Ma il riavvicinamento definitivo potrà avvenire solo con l’ampliarsi dell’Unione europea che indirettamente ha già portato vantaggi agli italiani. «Se la Croazia non volesse entrare nell’Ue – ha detto Toth – l’istituzione di un asilo italiano a Zara avvenuta recentemente e che salutiamo come un fatto estremamente importante, non sarebbe mai stata permessa».

 

 

 

(un'immagine della sala gremita oltre la capienza durante l'incontro. Fonte Il Piccolo)

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