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07 dic – In Germania caccia al ”commando” di Tito

di STEFANO GIANTIN su Il Piccolo del 7 dicembre 2010

Omicidio politico. È questo il capo d'imputazione che pende su 14 ex cittadini jugoslavi, tra cui 2 agenti segreti, ricercati dalla polizia tedesca per ordine della procura federale di Karlsruhe. I nomi di parte degli indiziati sono ancora segreti, ma un'inchiesta pubblicata sull'ultimo numero di Der Spiegel indica in ventidue i dissidenti jugoslavi di origine croata, assassinati in Germania dal 1970 al 1989. Per ordine diretto del Maresciallo Tito.

ATTENTATI. «Gli esecutori materiali degli attentati non sono mai stati individuati», spiega al settimanale tedesco il settantenne croato Gojko Bosnjak, da 40 anni in Germania. Bosnjak è scampato ai killer nel 1973, cavandosela con una pallottola alla gamba. Il croato è convinto che ci fosse «Tito dietro i commando dei killer. E dopo il 1980 il partito comunista ha continuato a far eseguire i suoi ordini sul territorio della Repubblica federale tedesca». Una prima sentenza contro i "commando di Tito", emessa nel 2008 nel silenzio dei media dal tribunale di Monaco, conferma le parole di Bosnjak. «I responsabili politici jugoslavi avevano impartito ordini di morte», si legge nelle 118 pagine del verdetto. Che analizza episodi come quello di Stjepan Durekovic, ammazzato nel 1983. Manager della compagnia petrolifera croata Ina, Durekovic era fuggito a Monaco con una valigia piena di documenti compromettenti per il regime jugoslavo. Gli 007 di Tito lo individuarono e lo liquidarono brutalmente. Dietro l'azione ci sarebbe stato Josip Perkovic, croato, fino al 1986 capo della sezione "criminali emigrati" dei servizi di Zagabria e ora ricercato dall'Interpol. Perkovic vive da tranquillo pensionato in Croazia. Per ora.

SCAMPATI. Trent'anni dopo, gli scampati come Bosnjak – sostenuti dalla potente lobby che sta dietro all'Associazione mondiale dei croati di Mijo Maric – mirano infatti in alto. Vogliono non solo giustizia, ma addirittura che il ministro degli interni di Berlino, Thomas de Maizière, revochi "post-mortem" la più alta onorificenza tedesca concessa a Tito nel 1974, l'Ordine al merito. Ne era indegno, visti i metodi utilizzati contro gli esuli. Per lo Spiegel, non sono remote le possibilità che questo accada. Non sono più i tempi dell'amicizia tra Belgrado e la Germania di Willy Brandt e della deferenza verso il "socialismo balcanico" del Maresciallo.

LO STORICO. «Penso che la storia degli omicidi sia vera. Il regime di Tito, anche se più liberale di altre dittature comuniste, era comunque autoritario e soffocava ogni tipo di opposizione, anche quella fuggita all'estero. Uccideva non solo croati, ma anche serbi, cetnici, monarchici, liberaldemocratici, ex fascisti ustascia», spiega a Il Piccolo lo storico serbo Cedomir Antic. Che poi chiarisce: «I dissidenti croati all'estero erano in maggioranza pro-occidentali e democratici, ma sempre molto ben organizzati e nazionalisti. Negli anni '60 e '70 era riuscita a imporsi un'influente minoranza composta da terroristi, seguaci degli ustascia, che aspiravano a una Croazia indipendente. Erano costoro a rappresentare un pericolo vero per Tito, non tanto i dissidenti usciti dal partito, gli europeisti, i revisionisti o i nuovi socialisti come Milovan Djilas». In ogni caso «la Jugoslavia, e perfino l'Urss, erano formalmente stati di diritto e i metodi della polizia segreta di Tito non si possono giustificare». Indipendentemente dal fatto che sistemi così eterodossi fossero usati «contro ustascia o cittadini pacifici», rei solo di non riconoscersi nella Jugoslavia del Maresciallo.

 

 

 

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