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06 gen – Epifania e tempo dell’Esilio

Esilio, parola struggente quanto mai, che non sa chi non la vive: ti si impregna addosso nella pelle, ti scava nelle ossa, ti afferra alla gola togliendoti il fiato… finisce che non respiri più – non è più la tua stessa aria.

All’esule capita spesso di piangere, per chi ? Per chi non c’è, se esiste non è lo stesso, anzi cambia sempre, perché manca d’un “ubi consistam” se per caso gli pare di averlo trovato lo rigetta e fugge. Da tutti, anzitutto da se stesso. Non può trovare ciò che non c’è,  quindi non cerca nulla.

Non capisce gli altri perché essi non comprendono lui che, a questo punto, non osa più esser capito. In fondo sarebbe solo per poco e quindi più duro il rientro nella sua opaca, desolata solitudine.

La parola è impropria, perché solo non lo è davvero, bensì circondato dal fantasma del ricordo, non uno, molti, troppi, ma non riesce a distinguere che il volto del padre e della madre sepolti nella terra, che non sarebbe stata più la sua: quella dei giochi, dei primi incontri, del solo unico amore…

Allora ad uno ad uno i protagonisti di un Esodo inevitabile e inspiegabile sfumano da un mondo che sopravviverà solo nei loro cuori.

Il pensiero ricorre alle struggenti parole di Giuseppe Ungaretti in S. Martino del Carso: “Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro. Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto. Ma nel cuore nessuna croce manca. E’ il mio cuore il paese più straziato.”

E allora la nostra piccola storia farà la grande Storia…

Addio candide rocce purificate dai marosi color turchino, addio pini di smeraldo riflessi nell’adriatico mare, addio onde simili nel loro vibrare ad una sinfonia struggente ed incompiuta.

Addio canti intonati con gioia, frizzanti come il risveglio della primavera, in quella stagione che si avvertiva come un profumo aspro, acuto che si insinuava nel tuo essere con un’ebbrezza indicibile.

Addio Luce folgorante che si spargeva su persone e cose, dove non distinguevi il particolare, ma t’inebriavi in senso panico dell’universale, di questa immensità infinita…

Per tutto questo grazie ISTRIA: ISTRIA ADDIO!       

Romana de Carli Szabados

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