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05mag/14.21 – Corrado Belci e la memoria della Venezia Giulia

È mancato a Trieste, il 4 maggio 2011, Corrado Belci, esponente politico, parlamentare e giornalista, esule nel secondo dopoguerra da Dignano d’Istria, dove era nato nel 1926. Eletto nelle fila della Democrazia Cristiana per quattro legislature, dal 1963 al 1979, membro del Consiglio nazionale e della Direzione centrale della DC, è stato direttore de “Il Popolo” dal 1976 al 1980.

Belci intraprese l’attività giornalistica nel 1946 a Pola –  allora unica città amministrata dagli Alleati a fronte dell’Istria occupata dalle truppe jugoslave di Tito –, nella redazione del quotidiano “L’Arena di Pola”. Con l’esodo della popolazione italiana si portò a Trieste, dove fu redattore del quotidiano triestino “Le Ultimissime”, de “Le Ultime Notizie” (edizione serale de “Il Piccolo” e successivamente redattore capo redazione triestina de “Il Gazzettino” di Venezia.

Stretto collaboratore di Benigno Zaccagnini, ha sempre inteso la politica «come luogo di confronto, di dialogo e di costruzione di mediazioni e di convergenze» come ha sottolineato Pierluigi Castagnetti, presidente di turno della Camera dei Deputati, nel rievocarne la figura in Aula.

Il nome di Belci è strettamente connesso con le vicende della Venezia Giulia nel corso e al termine della Seconda guerra mondiale, alle quali ha dedicato molte energie politiche e diversi libri. Tra questi, Quei giorni di Pola, con la prefazione di Arrigo Levi (LEG Editrice, Gorizia), memorie di una città e di volti scomparsi che l’Autore ha voluto rievocare per restituire loro  il ricordo che meritano, nella vicenda collettiva e nella sua personale. L’esodo della popolazione italiana dalla città assume, nel racconto di Belci, la tragica grandezza della Storia. Un libro, ne ha scritto Arrigo Levi, comunque «di riconciliazione della memoria con i luoghi e con il tempo della giovinezza»

Al confine orientale del Novecento Belci ha dedicato anche i volumi Trieste, memorie di 30 anni (Morcelliana, 1989), Quel confine mancato. La linea Wilson (Morcelliana, 1996), e Il libro della bora (Lint, 2003), che testimoniano il profondo attaccamento di Corrado Belci alla tormentata storia dei territori italiani investiti nel Novecento da opposti nazionalismi e violenze ingiustificabili, come le Foibe.

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