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05 dic – Zandel: la letteratura di frontiera come destino

di Giuseppe Mammetti su “Il Secolo d’Italia” del 4 dicembre 2010

Diego Zandel, il calderone letterario nazionale, lo frequenta già da molti anni. Ha esordito nell'81 per Mondatori con “Massacro per un Presidente”, uno dei primi romanzi italiani incentrati sul terrorismo e sui servizi deviati. Negli anni, all'attività di romanziere ha accompagnato quelle di giornalista, saggista e lettore di case editrici, incontrando i nomi storici dell'editoria italiana: Mondadori, Bompiani e Rusconi. Istriano d'origine, romano d'adozione e greco per scelta, Diego Zandel è uno dei pochi scrittori capaci di trasferire tutto il suo essere nella pagina letteraria. Del giovane esule istriano, a cinquant'anni dal suo arrivo a Roma, gli sono rimasti la tempra, l'amore per la sua cultura e il desiderio di scoperta.

Nel suo ultimo romanzo, “Il fratello greco” – appena uscito per le Edizioni Hacca (p. 238, € 14,00) – il protagonista è lui stesso, sotto le mentite spoglie di Errico Sapori: mago della comunicazione pensionato prima del tempo da una grande azienda. Per ritrovare il suo passato se ne va in Grecia, a Kos, sulla scia dei racconti di un padre soldato, scampato fortunosamente ad un eccidio. Perso nel mare dei ricordi, in un mediterraneo selvaggio, Errico farà la scoperta della vita.

Poche settimane fa è uscito questo suo decimo romanzo. Ancora una volta una sua fatica letteraria è ambientata in un luogo centrale nella sua esistenza. Inoltre, il personaggio centrale viene da una famiglia istriana. Qualcuno la identifica come scrittore autobiografico. Lei come si considera?

Mi considero uno scrittore che dall'autobiografia trae linfa e spunti per le invenzioni dei suoi romanzi. Qui il protagonista, Errico Sapori, è nato come me nel campo profughi istriano di Servigliano, nelle Marche, e, come me, con la famiglia si è poi trasferito al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma. I suoi genitori, però, sono completamente diversi dai miei. Il padre di Errico è un anarchico, quello mio, di temperamento ribelle in gioventù, era "di destra".”

La influenzano di più la sua storia o le suggestioni legate ai luoghi della sua vita?

Credo che storia personale e luoghi siano inestricabilmente legati. Il fatto di essere nato e cresciuto in mezzo a una comunità sradicata di profughi, che nonostante l'esilio ha mantenuto legami molto vivi con Fiume e l'Istria, ha determinato la mia identità. D'altra parte, sono sposato da 40 anni con una donna di madre greca, di Kos. Il destino poi ha voluto che anche quell'isola, come la mia Istria, fosse, non solo per le tre miglia marine che la separano dalla Turchia, una terra di frontiera, in cui convivono popolazioni di diversa etnia e religione, dove c'è spazio anche per una minoranza musulmana.”

Nel suo lavoro quanto conta la memoria storica?

"La ritengo fondamentale, soprattutto quando si narra una storia controversa come quella del confine orientale italiano o di quello greco orientale. Abbiamo parlato delle origini, mie e di mia moglie: entrambi abbiamo avuto nonni che nel corso della loro vita, pur non muovendosi dal luogo dove sono nati, hanno cambiato diverse nazionalità. I miei nonni sono stati prima cittadini austroungarici, poi italiani, poi jugoslavi, infine croati. Quelli di mia moglie, prima turchi, poi italiani, poi inglesi, infine greci. Lei capisce quanto è importante dare un senso a tutto ciò. Inoltre tendo a far mia una frase di Georges Simenon: un uomo senza passato non è un uomo vero.”

I suoi lavori hanno un respiro molto ampio, eppure in molti la identificano come autore di genere. Come mai?

Credo che ciò sia dovuto al primo romanzo che ho scritto, "Massacro per un presidente". Era uno dei primi romanzi – lo aveva preceduto solo "Il vomerese" di Attilio Veraldi – che affrontava il tema spinoso del terrorismo. I protagonisti erano due profughi istriani: uno è un colonnello dei servizi segreti italiani, l'altro un estremista di sinistra che, in nome dei comuni trascorsi e ricordi d'esilio, di cui il romanzo è carico, accetta la proposta del colonnello di fare l'infiltrato in un gruppo terrorista. Evidentemente la presenza dei servizi segreti ha fatto sì che, pur uscendo in una collana di narrativa italiana Mondadori, gli fosse appiccicata l'etichetta di romanzo di romanzo di genere. E poco valse l'aver scritto subito dopo un romanzo come "Una storia istriana" ispirato a una tragica storia della mia famiglia. Comunque, sono in buona compagnia: è un equivoco questo che ha accompagnato tutta la vita un autore da me molto amato come Graham Greene.”

Il suo ultimo lavoro è la cronaca di una rinascita. Un uomo di mezza età reagisce a un pensionamento forzato con la voglia di riscoprire le sue origini. Cosa l'ha ispirata?

Un'altra esperienza personale. Ero dirigente nell'ambito della comunicazione di una grande azienda, mandato in pensione a 54 anni in una delle prime ristrutturazioni aziendali. Ad essere messi forzatamente a riposo a quell'età, o si muore dal dispiacere oppure… si rinasce.”

Alcuni passi del suo ultimo libro fanno pensare a un romanzo di formazione. Se dovesse "rinchiudere" il suo romanzo in una o più categorie lei come lo definirebbe?

Credo che alla fine tutti i miei romanzi, e quindi anche quest'ultimo, siano romanzi d'avventura, intesa proprio come "formazione", per cui uno ne esce diverso, trasformato, da come ci era entrato. Lo ricorda molto bene Pietro Cheli il quale firma il risvolto di copertina del libro. Da buon istriano è anche un ottimo conoscitore della propria cultura.”

Se dovesse tracciare una panoramica sulla letteratura del suo popolo, specie quella contemporanea, dove la collocherebbe?

Non ho alcun dubbio: nell'ambito della letteratura di frontiera.”

Quali sono le maggiori differenze con quella italiana?

Il fatto che pur trattandosi di scrittori di lingua italiana, sono inseriti in un contesto molto più articolato dal punto di vista culturale, geopolitico, multietnico e multilinguisitco. Ne fanno parte non solo gli scrittori come me che vivono in Italia, ma anche gli scrittori di lingua italiana che oggi vivono in Croazia o in Slovenia.”

I giornali e i romanzi, di recente, continuano a dare del nostro paese un ritratto discorde. L'uno concentrato sulla sfera pubblica, l'altro rivolto prevalentemente a quella privata. La stimola di più l'Italia delle cronache o quella delle invenzioni letterarie?

La mia storia personale, quella della mia famiglia, della mia gente, mi ha insegnato quanto la sfera pubblica influenzi la vita privata e addirittura il destino di ciascuno di noi. Mi stimolano quelle storie, quelle invenzioni letterarie, che sanno cogliere il nesso tra questi due momenti solo apparentemente distinti.”

 

 

fratellogreco

 

 

 

 

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