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03gen12 – A Roma è scomparso Azaleo Cergnul

A Roma si è spento Azaleo Cergnul, fiumano residente nel Quartiere Giuliano-Dalmata della capitale.
 
Cergnul era attualmente attivo collaboratore del Comitato di Roma e della Sede centrale. A livello nazionale ricopriva fino ad oggi l’incarico di Revisore dei Conti supplente, mentre per il Comitato di Roma svolgeva le funzioni di Delegato all’Amministrazione.
 
Persona mite, di grande dignità, generosità e benevolenza, non si era mai tirato indietro quando gli erano stati affidati delicati incarichi associativi per l’ANVGD:
Per ricordarlo, riportiamo alcuni passaggi di un articolo apparso sulla stampa quando aveva partecipato come testimone diretto ad una manifestazione per il Giorno del Ricordo.
 
 
«Sono profugo da Fiume – racconta Azaleo Cergnul – Sono venuto in Italia insieme a mio fratello. Avevo 23 anni. E mio fratello 26. Siamo andati a vivere al campo profughi di Gaeta, alla caserma Cavour. Mia madre no. Una delle condizioni che riguardava la possibilità di rimpatriare l’avevano delegata alla Jugoslavia, che decideva quale “elemento” poteva partire e quale no. In questo modo hanno smembrato le famiglie. Mia madre è venuta in Italia nel 51. Eravamo in tanti – prosegue -. Secondo il “dettato”, per la qualifica di italiano, bisognava essere nati prima del 10 giugno del 1940, essere cittadino italiano e avere la “lingua d’uso” italiana. Ma in realtà non c’era un documento che qualificasse che io, in casa, parlavo italiano o croato. La città di Fiume aveva 56mila abitanti: 50mila l’hanno abbandonata».
  
«Gaeta non presentava niente – ricorda ancora Cergnul -. In tutto eravamo un centinaio. Una trentina eravamo giovani. Ma c’erano anche famiglie intere. Li trattenevano lì – spiega – in attesa di una destinazione migliore». Ma poi aggiunge: «Eravamo lì perché non avevamo niente. L’America dava un dollaro per ciascuno di noi al giorno. Circa 620 lire. 100 lire venivano date a noi per piccole spese. Le altre 500, invece, servivano al Governo italiano per mantenere tutto: dalla sicurezza a un pasto caldo. Noi non avevamo più i nostri beni». Ma la permanenza al campo profughi, per fortuna, dopo due anni, volge al termine. «Nel ‘50 mi sono arruolato nell’esercito. È stata la mia salvezza».
 
La sua vicenda, seppure drammatica, ha un risvolto positivo. Azaleo la racconta con passione, ma senza dimenticare l’eccidio delle foibe. «Nel ‘45 – prosegue – è calato come qualcosa di cupo». Eppure c’era un eccidio in corso. Ma tutto avveniva di nascosto. «Si sapeva che erano stati arrestati e basta – sottolinea Azaleo Cergnul -. Ma non si sapeva immaginare…».
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