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Viaggio nei bunker antiatomici di Nova Gorica (Il Piccolo 01 ago)

Se a Nova Gorica si chiede dei rifugi antiatomici, la gente reagisce sbigottita, sorpresa. Eppure le viscere di Nova Gorica sono completamente bucate da molteplici bunker, testimoni di un passato definitivamente tramontato nella mente della maggior parte della gente. Precauzioni Dagli anni Sessanta in poi, nonostante la pesantezza del clima internazionale, la Jugoslavia ha mantenuto con i Paesi confinari un rapporto di buon vicinato, ma era sempre pronta in caso di attacco. È in questo contesto che va interpretato l’investimento massiccio per finanziare i rifuggi antiaerei. In Slovenia essi svolsero un piccolo ruolo durante la guerra di indipendenza che nel 1991 durò appena dieci giorni. Ben altra portata essi ebbero in Bosnia e in Serbia durante le guerre che fecero crollare la Jugoslavia. Pensati per difendere la popolazione da aggressioni esterne, trovarono il loro ruolo nella guerra civile e infine in quella del Kosovo. Nova Gorica essendo città di frontiera, quella che nei piani iniziali doveva essere addirittura un modello del socialismo da contrapporre all’occidente, ovviamente fu da subito dotata di rifugi antiaerei. In proporzione agli abitanti, Nova Gorica è la terza città slovena per numero di rifugi, circa sessanta, per una capienza variabile, ma che si aggira intorno ai duecento posti a rifugio. Fino al 1991, quando la Slovenia divenne indipendente, ogni costruzione (tranne le case private) doveva esserne munita. A tale proposito fu stanziato un fondo alimentato dal quattro per cento del costo totale della costruzione. Due tipi Ci sono due tipi di rifugi: quelli, più costosi, idonei in caso di attacco atomico, di contaminazione radioattiva; gli altri più semplici e meno costosi. I rifugi antiatomici dovevano avere una pressione più alta dell’aria. A ciò erano adibite delle attrezzature apposite in grado di filtrare l’aria con sabbia e carbone. Ancora oggi si continua a costruire i rifugi. In ogni edifico pubblico dedicato all’istruzione, alla sanità, all’esercito ubicato in aree di densità superiore ai 5000 abitanti, sono obbligatori per legge, e ovviamente lo Stato pretende che quelli già esistenti che hanno le stesse caratteristiche, siano mantenuti in buono stato. A Nova Gorica Il Comune di Nova Gorica gestisce ancora sei rifugi pubblici, alcuni dei quali sono a Salcano e a Kromberk. La maggior parte dei rifugi ubicati sotto i palazzi sono invece abbandonati a se stessi. Qualcuno è utilizzato come magazzino. Teoricamente dovrebbero poter essere riconvertiti in rifugio entro un mese. Tra gli ultimi rifugi costruiti ci sono sono due che non sono sottoterra. Sono stati posti nel 1986 uno di fianco all’altro verso la fine di via Cankar. Già due anni dopo erano adibiti l’uno a supermarket l’altro a macelleria, perché sin dall’inizio il progetto prevedeva l’uso molteplice di questi spazi. Ancora oggi i luoghi sono tenuti perfettamente e nel giro di 15 minuti possono trasformarsi in due rifugi antiatomici. Durante i dieci giorni della guerra slovena, i rifugi sono stati utilizzati complessivamente tre volte. La prima per una esercitazione, le altre due per il rischio concreto dell’attacco. All’epoca tutto si svolse ordinatamente. La gente fu efficacemente avvertita, tutti sapevano cosa fare. Bogdan Zoratti lavora al Comune di Nova Gorica come consigliere per la sicurezza. Ha svolto il corso di sopravvivenza dentro il rifugio, racconta delle difficoltà a sopravvivere con tante persone dentro un ambiente isolato, senza la luce del sole. La sua esperienza si è protratta per soli due giorni. «Non oso pensare come resistere lì dentro un mese. Le persone perdono la testa, vanno in stato confusionale». Renzo Obidic, faceva parte della guardia civile ed era il diretto responsabile di due bunker. All’epoca ogni rifugio era sotto il controllo, la responsabilità di una persona. Ancora oggi molti di loro, pur non avendo più un incarico ufficiale, hanno le chiavi e spesso gestiscono direttamente le questioni che riguardano il loro rifugio. In uno dei rifugi di Renzo, poco prima dell’aggressione del 1991, la Croce rossa sistemo tutti i suoi materiali: lettini, coperte e strumenti vari. Durante l’attacco tutto il materiale fu trasportato nel bosco di Trnovo, dove allestirono un ospedale da campo per poter intervenire soprattutto in caso ci fossero militari jugoslavi feriti. Nel bosco infatti era più difficile scappare e i militari erano facilmente controllabili. Al momento dell’attacco la maggioranza delle persone corse nei rifugi. L’atmosfera però non era troppo tesa. I bambini si portavano i cagnolini, i gatti, i pesci rossi, il giocattolo preferito. Non c’erano scene di isteria. Anzi, per i vecchi era un bella opportunità perché così erano tutti riuniti, in un luogo oltretutto fresco (eravamo in piena estate), nel quale potevano chiacchierare tranquillamente. Anche dopo il cessato allarme alcuni vecchi rimasero sotto a giocare a briscola e chiacchierare. Renzo doveva premurarsi soprattutto che alcuni anziani con difficoltà nello spostarsi, raggiungessero comunque in tempo i rifugi. «Essendo vicini al confine – ricorda Renzo – gli aerei avrebbero avuto difficoltà nel manovrare senza sconfinare in Italia. ma lo stesso il rombo degli aerei, creò comunque terrore». L’oblio I ragazzi della Teritorialna obramba pattugliavano costantemente il territorio. Prima che ci fosse l’autostrada, la strada principale che collegava Nova Gorica con l’entroterra sloveno era quella che passa per Aiševica. Da lì i membri della Teritorialna obramba avevano preso i carri armati e li avevano sistemati vicino all’unica chiesa di Nova Gorica, vicino alla stazione di polizia all’ingesso ovest della città. Al contempo altri portavano, tra le altre cose, informazioni fresche alla persone su ciò che accadeva a Rožna Dolina, la zona più calda, dove gli spari giungevano più di frequente. Ora la maggior parte dei rifugi sono praticamente abbandonati. Forse non è bene dimenticarsene ma la cosa più importante è che non tornino mai ad essere utilizzati come rifugi antiatomici.

 

di Jan Mozetic su “Il Piccolo del 1. agosto 2012

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