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Valige che racchiudono destini istriani (Voce del Popolo 25 apr)

PISINO – Inaugurata ieri presso il Museo etnografico d’Istria a Pisino, alla presenza di un folto pubblico, tra cui lo zupano istriano Ivan Nino Jakovčić, la mostra “Valiže i deštini – Istra izvan Istre” (Valige e destini – L’Istria al di fuori dell’Istria), presentata al pubblico dall’autrice dell’esposizione nonché direttrice del Museo Lidija Nikočević. Alla realizzazione della mostra hanno collaborato, tra gli altri, Maurizio Ferlin, Tamara Nikolić, Tajana Ujčić e Dragan Dimovski. Un’evento che tratta un fenomeno molto sentito nella regione istriana: l’emigrazione, a partire dalla fine del XIX secolo.

Sono poche le famiglie istriane delle quali qualcuno non se n’è partito per l’estero, Italia, Francia, Svezia, tanti oltre oceano, in America e in Australia. Diverse le ragioni: motivi sociali, economici, politici, alcune partenze erano forzate, altre semplicemente frutto del desiderio di avventura. Tutte, immancabilmente, accompagnate da emozioni fortissime.

“È stata per me una scoperta vera e propria, nel corso di alcune ricerche, rendermi conto dell’esistenza di tante memorie, documenti, oggetti e ricordi ancora freschissimi da parte di chi è rimasto e chi se n’è andato – ha confidato Lidija Nikočević –. Da ciò l’idea di raccogliere in un progetto comune le esperienze dell’emigrazione degli istriani del punto di vista etnografico, presentando similitudini e differenze tra le esperienze di chi oggi vive lontano dalla sua terra di origine, la diversità dei loro destini, tra ricordi ed esperinze nella nova Patria. Un modo per ridare dignità alla nostra gente spesso incompresa a ‘casa’ propria e anche in terra straniera. Un ringraziamento particolare a tutte quelle persone che con le loro testimonianze hanno dato un importante contributo alla realizzazione di questo progetto, nonché alle istituzioni che ci hanno dato il loro apporto, tra cui “Croatia Cronicle” di New York, il Programma documentario HTV, l’Archivio di stato di Pisino, l’Archivio di stato di Zagabria, l’Archivio di stato della Croazia, l’Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata di Trieste, il Museo storico d’Istria, l’Istrian Sport Club e il Rudar Soccer Club di New York”.

L’esposizione è concepita in diversi insiemi tematici che illustrano la partenza dal luogo d’origine, gli arrivi in terra straniera, i campi profughi, l’impatto con la nuova realtà e l’organizzazione della nuova vita, la comunicazione con i propri cari lontani, il tutto attraverso documenti – tra lettere, permessi, biglietti vari -, fotografie, valige piene di oggetti e di ricordi. Non manca la componente multimediale, con interviste fatte agli emigrati, le loro canzoni, alcuni film documentari, nonché, dal banco informativo, la possibilità di accedere alle varie Comunità degli istriani sparse per il mondo attraverso internet. Si parte, dunque, dalla fine del XIX secolo, con emigrazioni dovute alle varie avversità economiche, epidemie, disoccupazione. Tra le due guerre inizia l’italianizzazione dell’Istria, il fascismo e la successiva partenza di numerosi croati e antifascisti anche italiani. Dopo la II guerra mondiale, nuovo governo e una serie di cambiameni socio-politici e culturali e il conseguente espatrio di numerosi altri istriani, principalmente giovani, a volte illegalmente, ma anche famiglie intere.

Lo zupano della Regione istriana ha rilevato che l’idea del progetto, intrapreso circa da due anni e mezzo, lo ha sinceramente entusiasmato. Si tratta del destino dell’Istria e della sua gente, gente comune, gente ancora viva, che più è lontana più vive intensamente il legame con la propria terra. “È incredibile scoprire quanto questo sia forte e profondo – afferma Jakovčić, che durante alcuni suoi viaggi all’estero ha avuto modo di incontrare numerosi esuli –. Diversi, oltreoceano, hanno addirittura coniato dei sostantivi nuovi, un misto tra istriano e inglese, tanto il loro amore verso l’Istria. Ho, però, avuto modo di scontrarmi anche con degli estremi – confessa lo zupano. – Nei primi Anni Novanta alcuni esuli hanno addirittura rifiutato di incontrarmi, anche se penso di essere stato io ad aprire l’Istria agli esuli e a cercare di ricucire ferite dolorose. Ed è importante che gli esuli si aprano a noi. Ritengo che anche questa mostra abbia un significato fondamentale in questo senso, in quanto rappresenta un insieme di destini che tutti noi sentiamo più o meno vicini, ci fa conoscerli meglio; la mostra si astiene da qualsiasi tendenziosità in quanto rappresenta in modo veramente professionale uno specchio sulla realtà di quei tempi senza alterazione alcuna. Un progetto riuscitissimo che ci fa scoprire un volto piuttosto inesplorato dell’Istria, e che spero abbia un futuro, ossia una visione sugli immigrati in Istria, una realtà col tempo sempre più presenete e indicativa”.

Ardea Stanišić

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