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Taglio delle Regioni, l’Istria in trincea – 25ott13

Troppi vassalli, valvassini e valvassori. Il bilancio dello Stato croato è asciutto e molti enti locali stanno dichiarando fallimento. Automatica, in queste condizioni da quarto mondo, scatta l’idea di una riforma delle autonomie con pesantissimi tagli in grado di bloccare o almeno drenare la spaventosa spesa pubblica.

E così, in questi giorni, in Croazia si parla di tagliare 250 degli attuali 429 comuni, 77 città su 127 e 15 contee (regioni) su 20. A farne le spese sarebbe anche la Contea istriana che, secondo il progetto più accreditato, verrebbe accorpata a quella Litoraneo-montana della Lika e Segna.

Ma in sede di riunione al ministero dello Sviluppo regionale e dei Fondi europei, alla presenza del ministro e vicepremier Branko Grcic, il presidente dell’Istria Valter Flego (Ddi) ha chiaramente espresso il suo “no” a ogni forma di accorpamento: «Ogni legge che sarà approvata successivamente a quella sullo sviluppo regionale, ad esempio la nuova legge sulle comunità turistiche, prenderà in considerazione la suddivisione prevista dallo sviluppo regionale e per noi questo è inaccettabile». «Pertanto – conclude Flego – non siamo favorevoli alla nuova architettura amministrativa e nel caso non si voglia rinunciare alle nuove aree di pianificazione chiediamo che l’Istria sia un’area autonoma».

«La suddivisione proposta – replica il ministro Grcic – non significa la contestuale abolizione delle Contee». «Non insisteremo su nulla – precisa Grcic – intendiamo raccogliere i vostri punti di vista, le nuove aree sono realtà informali». Ma la controreplica del presidente dell’Associazione delle contee croate e presidente della Regione di Vitrovica e della Podravina, Tomislav Tolušic non lascia spazio ad alcun margine di manovra. «Noi non sosteniamo – spiega – la proposta di nuova suddivisione amministrativa della Croazia. Riteniamo di funzionare bene in qualità di Contee e non mancano le sinergie informali fra di noi, basti pensare alle collaborazioni in essere, ad esempio, tra la Slavonia, la Dalmazia, l’Istria e le altre regioni». «Rispettiamo la proposta del ministero – conclude Tolušic – ma ci aspettiamo che venga analizzata anche quella che abbiamo avanzato noi e che venga raggiunto un accordo tra le parti».

Il problema per le casse dello Stato però rimane. Basti pensare che i centri croati con lo status di “città” sono tanti quanti quelli in Gran Bretagna e che dieci anni fa i dipendenti degli enti locali erano 28mila mentre oggi superano quota 40mila. Alcuni calcoli poi evidenziano come l’intero “sistema” del decentramento costi allo Stato ogni anno qualcosa come 3 miliardi di euro e che le paghe dei dirigenti variano dalle 8 alle 15mila kune mensili (dai 1000 ai 2mila euro mentre le pensioni minime viaggiano attorno ai 240 euro mensili). Insomma la riforma delle amministrazioni locali va avviata subito, spiegano gli economisti. Ma vassalli, valvassini e valvassori sono già pronti a schierare la cavalleria.

Mauro Manzin
www.ilpiccolo.it 24 ottobre 2013

 

 

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