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Svizzera la casa, abbaziana la storia (Voce del Popolo 06mag13)

Un’Abbazia dal passato tutto austriaco. D’accordo, purché ci mettiamo almeno una casa svizzera, anzi “La casa svizzera”, che si unisce ora agli altri edifici a documentare i primordi della cittadina divenuta simbolo del turismo di queste terre.

Dopo un accurato ripristino, da venerdì scorso l’edificio situato nei pressi di Villa Angiolina accoglie infatti la mostra “Saluti da Abbazia”, a testimoniare non soltanto l’attività turistica (di pertinenza dell’adiacente Museo tematico) ma il passato dell’abitato inteso in senso generale. Congratulandosi per l’iniziativa, l’ambasciatrice austriaca a Zagabria, Andrea Ikić-Böhm ha ricordato l’intensa collaborazione mantenuta fra il suo paese e la cittadina (chiamata significativamente anche con la denominazione italiana, in uso ai tempi dell’Impero austriaco). A supporto della tesi sulla continuità ideale, Manfred Matzka, responsabile dell’Ufficio del cancelliere austriaco, nonché cittadino onorario di Abbazia, ha ricordato d’aver mandato da qui i primi saluti a Vienna fin dal lontano 1957.

Immancabile e precisa la risposta del sindaco Ivo Dujmić che, ricordati gli sforzi per il riassetto del pregevole edificio che ultimamente ospitava gli uffici di alcune aziende pubbliche, ha assicurato la continuità dell’amministrazione comunale nell’opera di ripristino. Un edificio di significativo valore tanto architettonico quanto storico, inserito nelle mappe catastali già nel 1865 con il passaggio di proprietà da Iginio Scarpa al conte Viktor Chorinski. Quasi vent’anni dopo passa alle Ferrovie meridionali che lo amplieranno e adatteranno alle nuove necessità con la denominazione “Schweizerhaus” e la precisazione “Ex milchstube” o “Ex latteria”. Seguiranno diversi altri usi, fino a quello amministrativo.

Curata da Tea Perinčić, e presente sui diversi piani dell’edificio, la mostra “Saluti da Abbazia” parte da queste semplici e si direbbe quasi banali parole inevitabilmente presenti sulle cartoline il cui invio era quasi un obbligo, per fornire uno spaccato della crescita della città espresso da manifesti, cartoline, immagini e guide di vario genere. Passo dopo passo, assistiamo così al cambiamento che, partendo da un’Abbazia austroungarica che è essenzialmente un centro di cura e riabilitazione, passa attraverso un’Abbazia italiana che si presenta come un centro prettamente mondano.

L’approdo successivo si identifica con la fase jugoslava, segnata da nuovi ospiti e soprattutto dalle ben note manifestazioni canore e festivaliere, per arrivare a quella attuale segnata da momenti e contenuti noti. Ottima e indovinata la scelta, se non fosse che la fase italiana, assolutamente esauriente nel materiale esposto, viene quasi del tutto trascurata nei testi d’accompagnamento.

Capitolo a parte, il sottotetto chiamato “Il soffitto: l’antimuseo” accoglie mobilio d’epoca che fa da corollario alle opere di artisti abbaziani contemporanei, tesi a raccontare la storia nascosta della città, non meno autentica di quella che abbiamo sotto gli occhi.

Mario Simonovich
“la Voce del Popolo” 6 maggio 2013

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