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Spadaro, tre presidenti a Trieste: ricordo e opportunità (Il Piccolo 12 ago)

INTERVENTI

L'incontro dei tre Presidenti ha il valore di una riflessione sul passato, ma anche segnala una opportunità per il futuro perché simbolicamente rappresenta la sconfitta della lunga e spesso drammatica stagione dei nazionalismi. Così all'ex Balkan si è ricordato simbolicamente l'inizio delle violenze contro i cittadini italiani di lingua e nazionalità slovena e croata, così al monumento dell'Esodo di piazza della Libertà ci si è soffermati per ricordare simbolicamente gli Istriani, Fiumani e Dalmati costretti ad abbandonare per sempre i loro luoghi sotto l'urgere di un altro totalitario nazionalismo. Per questa ragione la cerimonia di piazza Libertà è stata anche un momento doloroso per gli Istriani, di ricordi tristi: i luoghi abbandonati, i silenzi, le difficoltà e le diffidenze.

Non era un giorno lieto il 13 luglio per gli esuli, perché anche simboli rinnovano il dolore. I 350.000 che il monumento ricorda sono tanti, sono un popolo intero, espressione di un'antica civiltà adriatica. Una storia e un'identità a lungo negate, non solo dai nazionalisti sloveni e croati, ma anche da una cospicua parte dell'opinione pubblica italiana – in particolare della sinistra – che la confondevano con la presenza del nazionalismo italiano.

Ora c'è un solenne riconoscimento di quella storia e di quell'Esodo; si può prendere le distanze e condannare, come hanno fatto i Presidenti, i totalitarismi del Novecento; si possono fare i conti con il passato, ma senza restarne paralizzati e continuare a tenere il presente ostaggio di quelle vicende. Per gli Istriani non è stato facile farlo, c'è voluto grande senso di responsabilità come più volte hanno dimostrato in questi decenni. Ma è la città di Trieste, soprattutto, che ha avuto la capacità di dare risposte, e sempre sul terreno della Democrazia, in situazioni che per anni sono state particolarmente difficili, perché c'era uno Stato troppo vicino, alla porta di casa, e un altro paese, il nostro, troppo lontano, che considerava estranea la vicenda giuliana (è solo del 2004 la legge del ricordo dell'Esodo).

In questi anni la città ha saputo guardare a tutte le pagine del passato, senza nascondere nulla della ventennale repressione subita dagli Sloveni e dai Croati, ma anche senza sorvolare o sottovalutare le tante buone ragioni dell'Italia e degli Italiani del confine orientale. Si fanno sentire ancora le voci dei due nazionalismi, quella dell'estrema destra italiana e la destra nazionalistica slovena, rappresentata a Trieste dall'Unione Slovena, che non solo non ha detto una parola di condanna per le politiche di allora del comunismo e del nazionalismo iugoslavo in Istria, ma ha trovato anche in questi giorni l'acrobatica impudenza di non nominare "l'Esodo" istriano. Ma sono espressioni di atteggiamenti sempre più marginali, perché il senso comune della città di Trieste è ormai diverso, è cambiato e simbolicamente il 13 luglio rappresenta la fuoriuscita da una mentalità nazionalista per la quale solo le ragioni della propria parte debbono essere riconosciute come degne di rispetto. Ora il gesto dei tre Presidenti rende possibile non solo riconoscere il male che una parte ha inferto all'altra, ma anche la dignità delle proprie buone ragioni nazionali. Non si tratta di condividere le ragioni divise. Ma di riconoscerne la dignità.

Dunque non rimuovere nulla in nome di facili entusiasmi. Ma non per questo restare paralizzati dal passato: il 13 luglio rappresenta dunque non solo un momento di ricordo, ma una opportunità per tutte queste terre. La messa in soffitta della novecentesca teoria del territorio etnico, potrà finalmente aprire la strada ad un atteggiamento che non si porta dietro le ostilità e le categorie del passato. Ciò vale per il "rispetto delle memorie" di cui ha parlato il Presidente della Repubblica di Croazia: si pensi al rispetto dei luoghi che hanno segnato e segnano la presenza degli Istriani, Fiumani e Dalmati di lingua italiana (le opere d'arte, le tradizioni, le tombe dei cimiteri) ma si pensi anche alla possibilità di non vedere più nella richiesta di restituzione di beni abbandonati una sorta di "rivincita", di imposizione, di sopraffazione nei confronti degli attuali cittadini sloveni e croati dell'Istria, ma come espressione di una volontà di ripristinare presenze culturali e civili che i nazionalismi hanno cercato e cercano di cancellare; così a Trieste i diritti individuali e l'identità dei nostri concittadini di lingua slovena non saranno confusi, come i nazionalismi nel passato hanno fatto, con "postazioni etniche" da rivendicare o da negare. Credo sia pacifica la consapevolezza che tutta l'area, dalla Dalmazia alla Venezia Giulia, sia un'area plurale.

Sono convinto che questa strada sia non solo augurabile ma anche possibile. L'incontro del 13 luglio non è stato infatti qualcosa di artificiale, quasi imposto alla città. C'è il lavoro di due sindaci, Illy e Dipiazza, che si sono mossi in questa direzione: per unire la città, per superare, senza rimozioni, vecchie e giustificate diffidenze. Diffidenze che spesso nascevano dall'evidente carattere unilaterale delle iniziative politiche e culturali per cui ogni parte vedeva solo il proprio spezzone di storia e di sofferenze. Non è stato facile il lavoro iniziato da Illy con la grande apertura mentale che lo ha contraddistinto come sindaco; lavoro difficile che Roberto Dipiazza ha continuato con convinzione e intelligenza.

Lavoro che ha saputo cogliere le esigenze che stavano maturando in città; come hanno saputo cogliere le esigenze, indispensabili, per Trieste di aprire una strada nuova personaggi come il professor Diego de Castro e la senatrice Tina Anselmi che nell'autunno del '93 hanno promosso e accompagnato con trepidazione gli sforzi di quanti a Trieste volevano operare per un futuro della città, nell'interesse di Trieste e dell'Italia.

Stelio Spadaro

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