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Sloveni e croati rispolverano il culto di Tito (Il Piccolo 07 ago)

BELGRADO Stava per sfasciarsi, come la sua Jugoslavia. Oggi il mausoleo di Tito a Belgrado sta riscoprendo invece una nuova «primavera», passati gli anni dell’era Milosevic in cui il maresciallo ha rappresentato una sorta di icona negativa, di antesignano nemico del popolo serbo.

Sentimento che ha portato al completo degrado della sua tomba. Ma dalla fine della guerra nei Balcani uno strano «virus» si è propagato da Lipica a Maribor, da Zagabria a Osijek, sloveni e croati si sono finalmente trovati d’accordo su un fenomeno: la «Titonostalgia». Che non è sinonimo di «Jugonostalgia». Ma è una sorta di afflato storico che in alcune regioni dei Balcani non si vuole reprimere. Dopo tutto, dicono i nuovi difensori del Maresciallo, ci ha liberato dall’occupatore nazi-fascista e non abbiamo fatto la fine dell’Ungheria nel 1956. «E poi, quando c’era lui – precisa col dito alzato un vecchio pensionato sloveno vicino alla tomba dell’ex presidente jugoslavo – c’era lavoro per tutti». Non c’è dunque da meravigliarsi se oggi a Lubiana, dopo i sei mesi di presidenza dell’Ue da parte della Slovenia, nei negozi di souvenir della capitale, assieme al tipico dragone simbolo della città, si vendano piccole statue di Tito.

A Belgrado tornano decine di autobus targati Zagabria, Lubiana o Maribor pieni di turisti che con enorme rispetto salgono il vialetto che porta al mausoleo del Maresciallo. Una costruzione bianca, semplice nella sua fattura, con al centro la tomba coperta da una lastra di marmo con su la semplice scritta «Josip Broz tito 1892-1980». E in questi giorni proprio il mausoleo è animato da una schiera di operai che l’hanno completamente riattato. Risistemando le pareti che per anni sono rimaste coperte di muffa e lucidando la pietra tombale del maresciallo.
Anche il parco che lo circonda, almeno un ettaro di verde nel cuore della lussuosa collina di Dedinje che sovrasta Belgrado e che regala una vista da capogiro della Sava che si getta nel Danubio, è pulitissimo e curatissimo. All’ingresso c’è un custode che ti spiega come non ci sia da pagare alcun biglietto per l’entrata e precisa come a fianco del mausoleo ci sia anche un museo che ospita alcuni dei doni ricevuti da Tito durante le visite di Stato. Sali la salita che porta verso il monumento e incontri subito una statua bronzea del Maresciallo. Lucidatissima mostra l’ex presidente nella sua più classica delle divise, quella da comandante partigiano, la mano destra sotto il mento a indicare uno statista pensieroso.

Davanti al mausoleo una fontana fa bella mostra di sè. Un dono. Sì, ma non di un capo di Stato, bensì dell’azienda croata «Valek Commerce». E anche molti lavori di riattamento e ristrutturazione sono stati pagati con fondi privati sloveni e croati.

Mario Manzin

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