Si è spenta Maria Stefania Cepich, figlia di “Tonci”, pilastro degli esuli a Brescia

24.04.2025 – Il 6 aprile scorso , a Brescia, si è spenta Maria Stefania Cepich ved. Perini, di anni 72: ne hanno dato il triste annuncio la figlia Maria Grazia con Gianluca e le figlie. L’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Delegazione di Brescia insieme con i vari Comitati diffusi sul suolo nazionale e il Consiglio Nazionale con il Presidente Cav. Renzo Codarin, esprimono il profondo cordoglio per un lutto che coinvolge la comunità intera degli esuli e dei loro discendenti in ricordo, citando le sentite parole dell’ex sindaco di Brescia Paolo Corsini, della figura del padre, Antonio Cepich  “per un sessantennio animatore instancabile della comunità [giuliano-dalmata] in città, vivendo con forza e persuasione una nobile missione – perché di questo si è trattato – fatta di costante aiuto, conforto, lenimento delle pene e delle paure di uomini, donne e bambini che […] furono costretti all’esilio ed a costruire il proprio avvenire lontani dalla propria terra”.

Il comm. Antonio («Tonci») Cepich, storico presidente del Comitato di Brescia dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, le cui sorti resse per oltre mezzo secolo, era nato a Zara, nella Dalmazia oggi croata, il 31 dicembre 1920, in quella che era da poco diventata città italiana, dopo la Grande Guerra, e che sarebbe passata sotto la sovranità jugoslava, dopo le drammatiche fasi conclusive del Secondo conflitto mondiale, quando l’ Italia fu costretta a cedere al maresciallo Tito gran parte dell’ Istria, di Fiume e dei territori dalmati. Cepich era dunque un esule, ma un esule «speciale», sia per la sua storia personale, sia per il contributo straordinario offerto alla causa della diaspora giuliano-dalmata.

Nell’estate del 1945, il giovane ufficiale dei Bersaglieri Antonio Cepich giunse a Brescia di ritorno dai campi di prigionia in Germania, dove scontò il suo rifiuto di indossare la divisa della Rsi. I dalmati furono le avanguardie dell’esodo biblico dei 350.000 italiani in fuga dal terrore scatenato dai partigiani titini dopo la capitolazione del Terzo Reich. E a lui, la Prefettura e la Diocesi di Brescia chiesero di organizzare i primi campi profughi in città e provincia. Compito che assolse con grande impegno ed efficacia, e che in seguito continuò per cinque decenni come presidente dell’Anvgd bresciana, spendendosi per aiutare gli esuli che a ondate arrivavano o transitavano per Brescia, a trovare casa e lavoro. «Tonci» era un uomo retto ed equilibrato, con un’ampia visione delle dinamiche storiche che portarono al dramma delle foibe e dell’esodo.

Nella foto, che appartiene al fondo ANVGD Brescia di Laura Busecchian, Antonio Cepich alla destra di monsignor Doimo Munzani, arcivescovo di Zara, dopo la funzione in Chiesa  di Sant’Afra insieme alla nostra gente giuliano-dalmata seria e dignitosa che rientra al Campo Profughi di Via Callegari (caserma Goito).

Come del resto racconta il prof. Giovanni Spinelli nel suo recente libro DOPO L’ESODO DA PROFUGHI A CITTADINI  (Sestante; Ranica 2024), di cui pubblichiamo alcuni stralci per gentile concessione dell’autore.

Nei giorni del 1955 in cui affrontava le drammatiche tensioni provocate dalla sospensione dei sussidi, Antonio Cepich maturò la decisione di fare un passo indietro: «Io qui da solo non ce la faccio – scriveva – ed ho bisogno di riposo; ai primi di agosto me ne andrò in ferie e poi darò le dimissioni» […]

Ma la causa giuliano-dalmata era divenuta la sua ragione di vita: l’anno dopo, così, fu eletto per la prima volta consigliere nell’esecutivo nazionale dell’Anvgd, di cui avrebbe fatto parte ininterrottamente per decenni, divenendone presto una delle “personalità di spicco”, tanto da esserne designato in età avanzata consigliere nazionale onorario, e sempre sostenendovi con caparbietà e fermezza d’ideali e d’intenti le posizioni e le battaglie  dell’irredentismo democratico. […]

Instancabile promotore di eventi, Cepich, con la collaborazione dei membri più attivi della comunità, non si limitò a programmare e realizzare ogni anno i pellegrinaggi dannunziani e le celebrazioni per le festività patronali, sempre accompagnate da intense occasioni di socialità, ma prese a organizzare sempre più frequentemente cene sociali e viaggi collettivi, specie verso mete per gli adriatici cariche di suggestioni: Trieste, Monrupino, Basovizza, Redipuglia… Spesso tali iniziative erano anche occasione per stabilire contatti e annodare relazioni fra la comunità giuliano-dalmata bresciana e quelle delle altre province. Il culmine di tale genere di iniziative si toccò probabilmente il 26 ottobre del 1985, quando Cepich guidò la nutrita delegazione bresciana in occasione dell’udienza concessa agli adriatici dal pontefice Giovanni Paolo II. Ma Cepich si spese in particolare in iniziative quali concerti, mostre, convegni, conferenze, e soprattutto istituzione di realtà permanenti capaci di costituire presidi di cultura adriatica. Nel 1978 fu tra i fondatori del Centro di cultura giuliano-dalmata, con sede a Cremona, che aveva lo scopo di “raccogliere, conservare e far conoscere con scritti e pubbliche manifestazioni […] le origini della civiltà latina nella Venezia Giulia e nella Dalmazia””

Nel 1965, durante una cena fra amici, sorse l’idea di costituire la “Famiglia Zaratina”, un’associazione che avrebbe dato soddisfazione al bisogno “di ritrovarsi periodicamente, di scambiare quattro ciacole, di mantenere vive ed operanti le tradizioni zaratine, di creare un centro comunitario di mutua solidarietà”, a presiedere la quale fu chiamato Gino Bambara. Fu inoltre per iniziativa di Cepich e dello stesso Bambara che a partire dal 1972 presero a riunirsi ogni anno a Brescia, la prima domenica di giugno, decine di ex studenti ed ex insegnanti dell’Istituto Magistrale “Principe di Piemonte” di Zara, una consuetudine che fu mantenuta in vita per moltissimi anni, fino a che l’anagrafe lo consentì. E fu Cepich che il 12 marzo 1986, nel cimitero di Zara, dove Lino Drabeni aveva disposto che fosse traslata la sua salma dopo la sua morte, avvenuta il 15 dicembre 1985, a pronunciare l’orazione per l’amico e sodale di mille battaglie dentro l’Anvgd. In tale frangente Cepich tenne soprattutto a ricordare “gli ideali di pace internazionale, di comprensione ed amicizia fra i popoli, di giustizia sociale, libertà e democrazia” che avevano sempre condiviso.

La passione per Zara di Cepich si espresse anche nelle pubblicazioni cui si impegnò nell’ultimo quarto della sua esistenza, sempre in stretta collaborazione con l’amico e sodale di sempre Gino Bambara. Insieme firmarono un volumetto, edito nel 1990, in cui raccolsero documenti che testimoniavano l’attività della scuola della minoranza italiana fra il 1946/47 e il 1952/53, anno scolastico al termine del quale fu soppressa, e soprattutto il libro di memorie Da Calle Larga a Riva Nova. In giro per Zara, pubblicato nel 1995.

Nel 2004 il sindaco Corsini gli conferì la Vittoria Alata a riconoscimento della sua gloriosa attività al servizio degli esuli e della stessa città. Il giornalista e amico Valerio Di Donato, un anno dopo la morte di Cepich avanzò con fondate ragioni la proposta di “dedicare a quest’uomo probo un ricordo istituzionale adeguato, intitolargli una via o una biblioteca”: l’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia sicuramente porterà avanti la richiesta di un doveroso riconoscimento alla famiglia Cepich in questo momento colpita da un altro grande dolore.

 

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