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Sergio Endrigo se ne andava 8 anni fa: i suoi ricordi di gioventù – 06set13

Il 7 settembre 2005 Sergio Endrigo lasciava orfana la sua moltitudine di estimatori e il mondo della musica. A otto anni di distanza vogliamo ricordarlo con la parte della sua autobiografia che riguarda le sue origini di Pola e la sua gioventù. Un modo per sentirci ancora con lui e continuare a tenerlo abbracciato a tutti gli Esuli istriani, fiumani e dalmati.

 

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Sono nato a Pola il 15 giugno 1933 a mezzogiorno in punto da Romeo Endrigo e da Claudia Smareglia.

Pola era il capoluogo dell’Istria: nel 1947 è stata assegnata alla Jugoslavia e adesso è in Croazia.

Mio padre Romeo era figlio di uno scalpellino che aveva la sua baracca di lavoro proprio davanti al cimitero. Mio padre, assolutamente autodidatta, si dedicava anche alla pittura e divenne uno scultore molto conosciuto a Pola. Al cimitero di Pola ci sono molte sue sculture e bassorilievi in marmo. Le ho riviste nel 1963, passando per Pola, mentre mi recavo in vacanza con mia moglie a Lussinpiccolo (oggi Malilosini), dove da ragazzino ero stato ospite di mio zio. Negli uffici comunali della mia città natale e nella provincia c’erano le riproduzioni in gesso dei busti di Mussolini e di Vittorio Emanuele III scolpiti originariamente in marmo da mio padre. Inoltre era anche tenore (autodidatta): cantò dal 1922 al 1924 e con grande successo. In quegli anni si esibì al Teatro Dal Verme di Milano ne La Bohème e nella Madama Butterfly. La Scala era chiusa a causa dei bombardamenti della prima guerra mondiale, quindi il Dal Verme era il primo teatro di Milano. Mio nonno mi aveva dato un quaderno con tutti gli articoli di giornale riguardanti l’attività di mio padre come tenore. Purtroppo nei miei trasferimenti di città in città, negli anni ’50 l’ho perso. Ma un particolare lo ricordo ancora. Diceva, più o meno, che finalmente c’era un tenore che non esagerava con gli “ooooooh” e gli “aaaaaah”… Credo che quell’articolo abbia avuto una grande influenza su di me. Non ho mai amato i gigioni e il “birignao”.

Devo dire però che praticamente io non ho potuto conoscere mio padre, perché dai tre ai sei anni fui ospite dei miei zii a Trieste, e lui morì nel 1939 quando io avevo sei anni.

La mia vocazione di cantante la scoprii a circa dieci anni. Io abitavo con mia madre in una soffitta al quarto piano; sotto casa nostra c’era un’osteria ed ogni tanto lei mi incaricava di andarvi a comprare un po’ di vino. Il padrone dell’osteria era soprannominato Bepi Mustaccia perché aveva due grandi baffi alla Francesco Giuseppe. A mezzogiorno c’erano operai e manovali che mangiavano salumi avvolti nella carta oleata ed il Mustaccia, per intrattenerli, mi sollevava di peso, mi metteva in piedi su un tavolo ed io cantavo La Donna È Mobile. Quando finivo di cantare tra gli applausi il padrone mi regalava un paio di lire. A me sembravano proprio tante perché allora si andava al cinema con …settanta centesimi.

Tra i miei interessi c’era anche la lettura. Da bambino leggevo “Il Corriere dei Piccoli”. A otto o nove anni ho cominciato a leggere Salgari. Mia madre andava a letto molto presto perché lavorava la mattina. Ed io, con il lume a petrolio, facevo mezzanotte

Avevo una piccola collezione di francobolli regalatimi da uno zio. La diedi al maresciallo per il quale lavorava mia madre ed in cambio lui mi diede i soldi necessari per comprarmi una chitarra. È successo a Venezia ed avevo 14 anni.

 

1948 – Collegio di Brindisi. Stavo partendo per andare a passare tre anni in un collegio per profughi giuliani e dalmati a Brindisi (nel 1947 la regione dell’Istria è stata riconosciuta alla Jugoslavia e tutti gli italiani lì residenti furono costretti ad espatriare).

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Prima di andare in collegio a Brindisi, ero ospite di un mio carissimo zio, fratello di mia madre che era primario all’ospedale di Grado. In casa c’erano degli scaffali zeppi di libri ed io li sceglievo a caso perché a quell’età non avevo orientamenti precisi in tema di letture. Ho letto I promessi sposi saltando, però, il capitolo delle “grida”. Mi sono piaciute da morire le Novelle di Maupassant ed il teatro di Ibsen. In collegio circolavano i romanzi di Cronin e di Steinbeck. Quest’ultimo mi piaceva moltissimo. Nella mia vita mi è sempre piaciuto leggere. Ho letto molti romanzi e molte poesie.

Poi a 17 anni sono stato cacciato dal collegio perché avevo “osato” svolgere un tema di italiano su un argomento mio personale che mi piaceva sviluppare, invece che su quello scontato e retorico dettato dalla professoressa. Questa insubordinazione mi costò l’espulsione dal collegio.

Interrotti gli studi ginnasiali nel 1950, da Brindisi tornai a Venezia: mia madre faceva la domestica presso un maresciallo della Guardia di Finanza e con quello che guadagnava mi manteneva in una pensioncina familiare proprio dietro piazza S.Marco. A quel tempo svolsi svariati lavori, tra i quali fattorino alla Mostra del Cinema, lift-boy all’Hotel Splendin Swisse e l’ufficiale di censimento.

 

1953 – Embassy Night Club, Milano Capitò che il nuovo direttore delle Poste a Venezia fosse nativo di Pola e che mia madre lo conoscesse. E così mia madre mi disse che avrei potuto entrare in Posta come portalettere e poi, con un concorso interno, andare allo sportello delle raccomandate. Le risposi che da quel momento non le avrei più chiesto aiuto e che mi sarei arrangiato da solo ma che in Posta non volevo entrare. Andai a Udine in treno all’ I.R.O. (International Refugee Organization) per tentare di emigrare in Canada o in Australia. Non mi presero perché quel giorno reclutavano boscaioli ed io non avevo il fisico adatto.

(…)

 

Sono partito da una famiglia poverissima, ma non ho sofferto. Mia madre ha fatto di tutto, veramente di tutto, per mantenermi e per rendermi facile la vita. Ha vissuto fino a sessant’anni nella miseria più nera ed io sono felice – grazie al successo – di averle fatto vivere una vecchiaia bellissima, per ventidue anni, da gran signora. I soldi non fanno la felicità, però …

Ho avuto anche dei parenti che mi hanno molto aiutato.

Dagli anni ’60 sino a metà degli anni ’90 ho abitato in una villa a Mentana. Con noi stava anche mia madre, fino alla sua scomparsa, nel 1987.
Attualmente risiedo a Roma.

Mi sono sposato nel 1963 con Maria Giulia Bartolocci, presentatami da Riccardo del Turco, che ne sposò la sorella. Nostra figlia Claudia è nata nel 1965. Nel 1994 sono rimasto vedovo.

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da www.sergioendrigo.it 

 

 

 

Un giovanissimo Sergio Endrigo con la madre al mare

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