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Senza barriere ma senza pregiudizi (Il Piccolo 21 dic)

di MAURO MANZIN

TRIESTE Schengen un anno dopo. Trecentosessantacinque giorni dalla caduta dell’ultimo «baluardo» della Cortina di ferro. È cambiato tutto. Non è cambiato niente. Nessun controllo alle frontiere con la Slovenia. Da Opicina a Capodistria in circa 15 minuti grazie all’inaugurazione della superstrada. Un lungo serpentone dal Carso al mare senza barriere. Eppure per i triestini vige ancora la legge dell’«andare in Jugo». La Slovenia è nell’Unione europea dal 1 maggio 2004 ma quella linea che ci divide, non più segnata dall’austero vigilare dei «granicari», il triestino non è ancora riuscito a metabolizzarla del tutto. E sul monte Cocusso resta lì la gigantesca scritta in pietra «Tito». Ieri forse una provocazione, oggi quasi un monito a non dimenticare la storia. Ancora non ben conosciuta dalle giovani generazioni, quelle dell’Europa di domani. Quelle senza confini, per l’appunto.

Paradossalmente sono stati gli sloveni quelli più veloci a cogliere lo spirito della caduta dei confini. Per uno Stato giovane con poco più di 10 anni di storia i cambiamenti si assimilano prima. Ed è indubbio che quello «svanire» dei confini ha cambiato, e non di poco, le abitudini dei quasi 10mila lavoratori transfrontalieri che ogni giorno dal Litorale sloveno e dall’Istria croata raggiungono Trieste. Un’osmosi produttiva che da Est arriva a Ovest mentre trova più difficoltà nel percorso inverso. Tanto che il discorso di collaborazione dei porti dell’Alto Adriatico, leggi in primis Trieste, Capodistria e Fiume resta nel limbo delle buone intenzioni.

A periodi è ricominciato il flusso triestino ai distributori di benzina sloveni causa la «morte» annunciata del carburante agevolato. Ma per quel che riguarda i prezzi in generale non c’è grande differenza. Lo shopping a Ponterosso è stato da tempo consegnato agli annali e oggi a Trieste arriva per fare acquisti solo la Lubiana o la Capodistria bene che trovano ancora nei negozi del capoluogo giuliano articoli di lusso non facilmente reperibili sul mercato nazionale sloveno. E la recente chiusura di alcuni storici grandi magazzini del centro di Trieste ne sono la riprova.

Ma, caduto il confine politico, ecco sorgere subito uno, forse meno palpabile, decisamente più subdolo, di carattere amministrativo. Il suo nome è «bollino autostradale» sloveno. Che nelle sue metodologie merceologiche (abbonamento solo per sei mesi o un anno al prezzo di 35 o 55 euro) ha innalzato una nuova barriera. Se ne è accorta l’Ue che ha inflitto un provvedimento di infrazione alle autorità slovene congelando i fondi comunitari per l’ultimazione di alcune infrastrutture viarie. Se ne sono accorti i nostri connazionali che vivono in Istria al punto da far chiedere una sorta di moratoria a Lubiana proprio per il Litorale dal deputato italiano al Parlamento di Lubiana, Roberto Battelli. Per ora la Slovenia tace. Il profitto innanzitutto. Ma l’Europa la pensa diversamente.

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