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Sagome di vita (Voce del Popolo 10 set)

di Aljoša Curavić

Ho sotto gli occhi una vecchia cartolina di Pirano. Una di quelle cartoline d’epoca, d’inizio Novecento. Si vede uno scorcio di piazza Tartini, nel sottofondo il palazzo del comune e il campanile di San Giorgio. In primo piano due filobus che sembrano due giocattoli, se paragonati alle vetture pubbliche di oggi, e una marea di curiosi: uomini con il berretto, donne con le “cotole” larghe, guardie in pose marziali e bambini in pantaloncini corti. Qualcuno viene immortalato mentre, indifferente, tira dritto. Tanta gente che guarda verso l’obbiettivo della macchina fotografica. È, quella che si suol dire, una foto d’altri tempi, quando la vita era ancora lì a guardare perplessa l’occhio del fotografo, e si metteva in posa sicura di essere all’appuntamento con l’immortalità. Oggi le piazze delle nostre cittadine, anche quando vengono appiccicate sulle cartoline, hanno il desolante aspetto di spazi senza vita, di manifesti pubblicitari. L’immortalità ha le sembianze del vuoto o, al massimo, ci appare come l’ovale di Podrecca fotografato dalle vecchie mura del Duomo (Boris Podrecca è l’architetto che ha fatto il restyling di piazza Tartini dandole l’attuale forma di ellisse in pietra bianca).

Nel bel libro La camera chiara, Roland Barthes ci parla della fotografia come dell’arte del contingente, dove l’oggetto fotografato si trasforma in immagine che sopravvive alla caducità del corpo. È per questo che certe fotografie riescono a stupirci, perché portano in sé ciò che non c’è più. Scrive Barthes che un giorno gli capitò di guardare una fotografia dell’ultimo fratello di Napoleone e in quel momento si disse, stupito, di osservare gli occhi che videro l’Imperatore. Così come io nella vecchia cartolina di Pirano guardo volti e occhi che portano impresso ciò che non c’è più. Al contrario, le cartoline di oggi, quelle che i turisti mandano a casa, non portano impresso niente, a parte qualche bel sedere o qualche scorcio urbanistico senza vita e senza memoria. L’immagine ha soppiantato la vita e non immortala più niente a parte se stessa. La gente si è trasformata in sagome. Un po’ come sta succedendo, emblematicamente, con lo stadio Nereo Rocco di Trieste dove, per risparmiare sui costi della gestione, le tribune sono state riempite con sagome di cartone al posto dei tifosi veri.

È un’idea che si potrebbe trapiantare nelle cittadine istriane.

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