ANVGD_cover-post-no-img

Risposta dell’ANVGD per il Corriere di Vicenza

 

Gentile Direttore,

mi riferisco alla Lettera di Pio Serafin, dell’Associazione Partigiani, pubblicata sul Vostro quotidiano lo scorso 8 febbraio e riferentesi al Giorno del Ricordo.

In questi anni ho avuto il piacere di conoscere personalmente e, in qualche occasione, anche collaborare fruttuosamente, con l’avvocato Serafin, sempre presentatomi, per altro, come riferimento dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Vicenza e non come Associazione dei Partigiani.

Non sono certamente queste sedi giornalistiche le più opportune per una elaborazione storiografica poco conosciuta e che riguarda vicende assai complesse da interpretare. 
E molte considerazioni sviluppate nell’articolo possono senza alcun dubbio dirsi condivisibili.

Lascia, altresì, perplessi il riferimento al – cito testualmente – «ventennio [in cui] la popolazione slovena e croata aveva perso il diritto di rendere riconoscibile in qualsiasi forma la propria identità»: non già per la veridicità della stessa – incontestabile, se non che si deve pure aggiungere come in nessun contesto europeo di inizio Novecento vi fosse una particolare attenzione per i diritti delle minoranze, in una sostanziale assimilazione del concetto “uno Stato-una Nazione-un popolo” –, ma in quanto pare indurre al fatto che gli infoibamenti e le stragi compiute dalle truppe titine trovino logica giustificazione nei precedenti avvenimenti, in una sorta di concatenante causa ed effetto.

La differenza tra “vendetta” e “pulizia etnica” risiede nel fatto che la prima è sostanzialmente un affare privato, mentre la seconda avviene quando consapevolmente si decide di eliminare un popolo. 
E fu per questo che così quasi 10.000 italiani trovano la morte nelle cosiddette foibe, cavità carsiche in cui si veniva gettati vivi, legati tra loro. Barbarie commesse e che la Storia ha voluto dimenticare, non più abituata a racconti così cruenti e bestiali.

Con il settembre del ’43 e l’aprile del ’45, infatti, la Storia della nostra Penisola si divideva letteralmente in due, con il Confine Orientale sostanzialmente abbandonato a sé stesso e stretto dalle barbarie dei soldati jugoslavi, il cui unico scopo era quello di conquistare più territori possibili, eliminando contestualmente la presenza di chi non la pensava come loro o, genericamente, poneva ostacoli alla realizzazione del socialismo reale. 

Il risultato fu un esodo di massa: 350.000 nostri connazionali che, a seconda guerra mondiale conclusa,  dovettero abbandonare le loro terre, proprio per rimanere italiani, per mantenere tradizioni, religione, lingua e cultura. 

E dovettero essere dimenticati, in quanto prova provata di una guerra che si doveva dire di aver vinto, quando invece la si era perduta. 

Oggi, a quasi settant’anni di distanza, il tardivo omaggio di un Ricordo imposto per Legge, per un’Europa che sappia trovare un giusto equilibrio tra solidarietà e rispetto, identità e comunità, in cui il turista che visiti l’Istria, Fiume e la Dalmazia possa tornare a respirare aria di casa ed ascoltare un dialetto così simile al nostro.

Nel ringraziarLa dell’attenzione, rimango a disposizione per ogni necessità, pregandoLa sentitamente di dar voce a questa.  

 

Coriolano Fagarazzi

Presidente del Comitato Provinciale di Vicenza

Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.