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Province, addio a Gorizia e Pordenone (Il Piccolo 24 giu)

Una conferma, il taglio della Provincia di Gorizia. E una sorpresa, quello della Provincia di Pordenone. Nell’agenda del governo c’è un nuovo piano che riduce gli enti di area vasta sulla base di tre parametri: abitanti, estensione, numero di Comuni. Il Friuli Venezia Giulia, in questo schema, perderebbe Gorizia e Pordenone, salvando Udine e Trieste, piccola e con poche amministrazioni comunali, ma capoluogo di regione. Le prime reazioni? Non diverse dal solito.

 

«Sugli enti locali siamo autonomi», alza subito le barricate la politica regionale. I ricorsi A Roma si attende che la Corte costituzionale, il prossimo 6 novembre, si esprima sui ricorsi di sei Regioni ordinarie (Piemonte, Lombardia, Veneto, Molise, Lazio e Campania) contro l’articolo 23, commi 14-21, del decreto “salva-Italia”, quello che tra l’altro dispone che organi di governo delle Province sono presidente e Consiglio (con non più di 10 componenti eletti dai Comuni), e dunque non più la giunta, e che la gran parte delle funzioni di area vasta, con risorse umane e finanziarie, vengano conferite alle amministrazioni comunali. La riforma avrebbe dovuto diventare operativa da aprile di quest’anno ma, di fronte alla ribellione della periferia, il governo ha infilato un comma nella versione definitiva del decreto che prevede una legge statale, da emanarsi entro dicembre 2012, per dare il via al nuovo corso. Nulla di facile, insomma. Né l’approvazione della legge né la prospettiva della Consulta che, accogliendo i ricorsi, farebbe evaporare la riforma.

 

Così, ecco la novità che rimbalza dalla capitale, il ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi ha pronto un piano B, da attuarsi via decreto legge. A quanto filtra, il progetto prevede che le Province mantengano tre funzioni: viabilità, ambiente e gestione delle aree vaste. Non manca l’operazione dimagrimento. Azzerate le giunte, come del resto nel “salva-Italia”, Patroni Griffi salva solo le Province che soddisfano almeno due requisiti su tre: superficie non inferiore a 3mila km quadrati, popolazione superiore ai 350mila abitanti e più di 50 Comuni entri i confini. In questo modo, salvati i capoluoghi di Regione che non hanno i requisiti (Venezia, Ancona, Campobasso e proprio Trieste) si passerebbe dalle attuali 107 a 54 Province.

 

In Regione il quadro sulla carta è semplice: oltre a Trieste si salva Udine, che soddisfa tutti i tre requisiti, mentre spariscono Gorizia e pure Pordenone, sotto soglia come superficie e abitanti. Tutto questo al netto di possibili accorpamenti, anche se Gorizia nemmeno sommandosi con Trieste raggiungerebbe i tetti minimi. Nuovi scenari che non spostano la politica Fvg dal fortino. Già impegnata in un confronto con il governo sul “salva-Italia”, la maggioranza non intende adeguarsi. «L’idea di risolvere i problemi e abbassare i costi cancellando le giunte provinciali è ridicola – afferma Isidoro Gottardo, segretario del Pdl –, bene ha fatto la Regione a resistere.

 

Premesso che l’autonomia sugli enti locali è sancita dalla Costituzione e nessuna norma ce la può sottrarre, il nodo vero è partire dalla revisione della spesa corrente dei Comuni, un tema che affronteremo prestissimo». «Roma, che non finanzia le nostre autonomie, la smetta di molestarci, altrimenti saremo al caos istituzionale oltre che all’aumento dei costi – attacca anche Daniele Galasso, capogruppo pidiellino –. Potremo tener conto delle indicazioni generali, ma la riforma ce la faremo da soli».

 

Anche Alessandro Ciriani, presidente della Provincia di Pordenone, difende l’autonomia: «I tagli fatti in laboratorio producono danni. La nostra Provincia è nata anche su basi storiche e culturali, la Regione non potrà non farsi sentire a tutela di un’identità così forte». Gianfranco Moretton, capogruppo del Pd, parla infine di «schizofrenia legislativa nazionale». Che fare in Consiglio? «Serve un disegno organico che consenta alle future aree vaste di governare i processi a costi più bassi».

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