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Petech, si riscopre la figura di un grande umanista (Voce del Popolo 28set13)

“Mi piace pensare che questo sia il suo rientro a Trieste”. Parla una commossa Diana Petech figlia del grande orientalista italiano, con radici istriane, scomparso il 22 settembre 2010 lasciando un grande vuoto nel mondo dell’insegnamento e della ricerca nella disciplina accademica di studi asiatici. “Tutto il materiale iconografico che è legato alla sua vicenda triestina e in parte istriana è giunto nella sua destinazione ideale, laddove era giusto che arrivasse per tramandare la memoria e io sono qui anche per dare il benvenuto a casa” ha ribadito Diana Petech nel corso dell’incontro voluto dall’Istituto regionale per la cultura istriana, fiumana e dalmata di Trieste che ieri ha organizzato un momento di ricordo in onore di Petech intitolato Dall’Istria alle civiltà dell’Asia.

In apertura il presidente dell’IRCI, Chiara Vigini si è detta contenta di quest’iniziativa tanto elaborata, bramata e desiderata per vari motivi: innanzitutto perché Petech è stato uno studioso eccelso ed essendo l’IRCI un istituto di cultura è bene parlare di una cultura che non ha confini; in secondo luogo perché appartenente alla famiglia pisinota tra le mura del palazzo di via Torino 8 si trova praticamente a casa.

A parlare dell’orientalista e dello studioso e del professore è stata una sua ex allieva, Giacomella Orofino, dell’Università degli studi di Napoli “L’Orientale” nel suo intervento la prof.ssa Orofino ha evidenziato la profondità dello storico sempre attento e rigoroso, intellettualmente acuto, finissimo, di uno sapere sconfinato che però ha sempre saputo avvicinare i suoi studenti a civiltà lontanissime con battute sornione, notizie e annotazioni dotte e divertenti. Petech leggeva le fonti in lingua originale (e quindi era un poliglotta che parlava ben 12 lingue), che verificava con rigore le sue fonti ma poi trasformava il suo sapere in una prosa scorrevole, rapida come tipico dei grandi umanisti e lui come maestro al Liceo aveva avuto Gianni Stuparich.

Petech non amava grandi paradigmi e teorizzazioni, rifuggiva dai fantasmi delle banalizzazioni e delle forzature che ossessionano spesso il panorama scientifico e sottoponeva tutto a continue verifiche. Ne è emerso un uomo altamente preparato, serio con una profonda passione per il Tibet, un uomo che nascondeva con l’umorismo le sue emozioni, il suo orgoglio.

Un fatto è certo che è sempre stato fiero del suo legame con Trieste, città nella quale purtroppo non è potuto tornare, ma anche delle sue radici istriane. La figlia Diana ha raccontato di un viaggio in Istria quando lui aveva ormai oltre ottant’anni, un giro da Parenzo, Pisino fino alla costa a Pirano per rivedere luoghi del cuore. La famiglia Petech ha lasciato all’IRCI una serie di cimeli appartenuti a Fabio Filzi, parente di Petech e relativi alla prima guerra mondiale, esposti al quarto piano del Civico Museo della civiltà istriana – fiumana – dalmata e che ieri sera i presenti hanno visitato sotto la guida del direttore dell’IRCI Piero Delbello, della signora Diana Petech e della professoressa Orofino.

Ilaria Rocchi
“la Voce del Popolo” 28 settembre 2013

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