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Pasquinelli: la verità in una cassetta di sicurezza (Il Piccolo 14 set)

TRIESTE In una cassetta di sicurezza di un’agenzia dell’Unicredit banca, a Trieste, sono conservati documenti relativi al caso Pasquinelli, con ogni probabilità documenti del processo del 1947. Le chiavi della cassetta di sicurezza le ha il vescovo di Trieste, Eugenio Ravignani, che afferma di non aver mai esaminato quelle carte. La circostanza è riportata nel libro di Rosanna Turcinovich Giuricin, «La giustizia secondo Maria», che in appendice al volume riproduce un biglietto manoscirtto della Pasquinelli, indirizzato al vescovo, in cui la stessa Pasquinelli autorizza la giornalista a consutare la «documentazione a Voi affidata». Ma al momento di mandare in stampa il volume all’autrice non era ancora pervenuta dalla Curia alcuna «delibera in tal senso». La circostanza rimanda a un altro misterioso episodio: all’Archivio di Stato di Trieste, dove sono depositati tutti i fascicoli dei processi svolti a Trieste tra il 1945 e i primi anni Cinquanta manca del tutto il fascicolo del processo Pasquinelli. Probabilmente, spiegano all’archivio, se lo portarono via gli Alleati (negli archivi di Washington è conservata una cospicua documentazione relativa al caso Pasquinelli). Fra le carte perdute dovrebbe esserci la requisitoria del pubblico ministero, in pratica tutto l’impianto accusatorio a carico della Pasquinelli, che dai tempi del processo nessuno ha più visto. Cosa c’è allora nella cassetta di sicurezza dell’Unicredit banca? È il fascicolo del Tribunale oppure è documentazione privata di un ufficio legale? È lì la requisitoria? E perchè quei documenti furono messi sotto chiave dall’allora vescovo Antonio Santin, come spiega nel libro Rosanna Giuricin?

«Fatte salve le norme sulla consultazione degli archivi e l’espressa volontà in tal senso di Maria Pasquinelli – risponde il vescovo Eugenio Ravignani, anch’egli esule polesano -, non ho alcuna difficoltà ad aprire la cassetta di sicurezza a e rendere noto il suo contenuto, che per altro non conosco». Quei documenti, spiega ancora il vescovo, «furono depositati da monsignor Santin in una cassetta di sicurezza intestata a Maria Pasquinelli verso al fine degli anni Settanta, e probabilmente provenivano dallo studio dell’avvocato Morgera, uno dei legali del collegio di difesa». «Nei primi anni Ottanta – racconta ancora Ravignani – dopo la morte di Santin, Maria Pasquinelli mi affidò la cassetta di scurezza, che intestai a nome mio e di don Bruno Speranza; tuttavia non ne ho mai esaminato il contenuto, e non ho alcun problema a farlo adesso, sempre che le norme me lo consentano». (p. spi.)

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