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Panorama EDIT – 150507 – Ricordati di ricordare i tuoi diritti

di Silvio Forza, Direttore dell'EDIT, casa editrice degli italiani di Croazia e Slovenia. 

Caso primo: il governo vuole chiudere lo storico Tribunale comunale di Rovigno e passarne le competenze a quello di Parenzo. In questa maniera l’uso paritetico delle lingue croata e italiana, garantito al foro rovignese, andrebbe a farsi benedire. Protestano il Comune di Rovigno, la Regione Istriana, protestano il deputato al Sabor Furio Radin e l’UI e l’allarme, almeno per il momento, rientra.

Caso secondo: promuovendo le verifiche esterne delle competenze degli alunni, il Ministero dell'Istruzione non inserisce nelle scuole italiane la verifica delle competenze di lingua e solo quando la minoranza reagisce, annulla il paradosso. Eh sì, spesso è tanto difficile accorgersi dell'ovvio.

Di casi in cui l'autorità non s'accorge delle più elementari ovvietà, ce ne sono tanti: manuali scolastici, rappresentanza CNI negli enti pubblici, bilinguismo visivo, toponomastica… Casi sconsolatamente frustranti, a dimostrare che nel passaggio dal paese legale – quello delle buone leggi per le minoranze – al paese reale – quello dei casi primo, secondo, ecc. -, la disattenzione di chi di volta in volta ha il potere, è testardamente patologica. I diritti minoritari diventano un ingombrante optional obliato spesso e volentieri: per disattenzione, ignavia, ignoranza, superficialità, disinformazione, a volte arroganza o malafede.

Certo che sono superficiali e poco professionali gli altolocati funzionari del Ministero all’Istruzione, che per compiti di lavoro dovrebbero "conoscere" le scuole minoritarie, quando concepiscono standard e programmi nuovi, si scordano con regolarità di pensare alle soluzioni per le scuole minoritarie.

In definitiva, l’esercizio reale dei diritti CNI dipende dalla sua vigilanza, capacità di prevedere e anticipare (per imbottita esperienza) e poi a reagire con insistenza a soluzioni governative che certamente saranno "a perdere".

Il messaggio che così si trasmette alle minoranze è sostanzialmente: Vuoi i tuoi diritti? Vieni a reclamarli, ne hai pieno diritto!

E se nessuno protesta, tutto finisce in cavalleria. Si salva qualcosa solo quando reagiscono l’UI, i nostri deputati, le nostre istituzioni, le CAN e i Consigli per le minoranze. E la DDI che dà una mano. Che a Fiume però – e si vede – non conta a Fiume dove i diritti su bilinguismo e toponomastica nemmeno si pongono: semplicemente non esistono.

È proprio nel bilinguismo che si nota meglio quanto sia dura spuntarla con autorità centrale e locali sempre nascoste dietro un muro di gomma. Anche laddove è in vigore, sostanzialmente nei Municipi dell’Istria occidentale, il suo "svolgimento" ricorda tanto quei compiti in classe fatti per obbligo ma con scarsissima convinzione. E quando mai entusiasmo e partecipazione?!

La comunicazione ordinaria e le bollette delle aziende municipalizzate (acqua, gas, aree verdi, ecc.), i biglietti degli autobus, gli slogan "homo, gremo" dell’azienda trasporti, i tombini delle strade, la comunicazione visiva durante i vari festival, fiere, spettacoli organizzati dai comuni, ma anche altri certificati rilasciati dalle autorità locali in aree bilingui, sembrano tutti essere precauzionalmente vaccinati contro il bilinguismo. Come si usa per tenere alla larga il morbillo e la tubercolosi.

La cosa più assurda – che nasconde un ragionamento che sarebbe ridicolo se non fosse umiliante – è lo status degli uffici dell'amministrazione statale (e dunque monolingue) in territorio bilingue: in quegli uffici di bilinguismo non si può parlare. Dunque, quando vado a pagare il gas, ho diritto di usare l’italiano perché il gas fa capo ad un’azienda municipalizzata di proprietà di un municipio bilingue: quando invece, dieci metri più in là, sempre in territorio bilingue, mi reco in posta – che è statale e dunque antibilingue – mi trasformo in un altro e non ho più bisogno di comunicare in italiano.

Il bello della diversità? No di certo! È invece la classica logica per la quale lo stato non vuole adeguarsi alla logica del territorio bensì subordinare questo alla logica uniformante dello stato. Con una nobile eccezione, dovuta al pressing di Furio Radin: nelle questure (statali) c'è lo sportello bilingue e tale è pure il certificato di residenza. Una specie di vacca grassa nel pascolo in cui abbondano vacche magre e confuse.

Il bilinguismo costa e non è pratico, a volte rallenta persino la comunicazione, ma è estremamente importante. Lo è specialmente per gli anziani che spesso necessitano di cure mediche: ma i dottori, a parte nobili eccezioni che comprendono anche medici del popolo di maggioranza, comunicano la loro diagnosi (quando la comunicano) in una lingua che i nostri vecchi non comprendono e letteralmente non sanno "di che morte morire". Per questo è proprio verso il settore sanità che si dovrebbero indirizzare quanto prima gli sforzi dell’UI e delle autorità locali croate e slovene poiché è quello che prima di altri deve essere attrezzato a gestire la reale necessità di bilinguismo. Facendone persino una questione umanitaria, prima che politica.

Ma il bilinguismo è anche importante per il rispetto che una città dimostra di avere per tutti i propri cittadini e in definitiva per se stessa e la propria anima. La città che cura il bilinguismo stimola la conoscenza dell’altro e l’atteggiamento positivo nei suoi confronti, il plurilinguismo, il multiculturalismo, la convivenza. Una città bilingue nella toponomastica è una città che si mostra e si racconta ai propri abitanti come ai suoi visitatori.

Purtroppo tutto ciò viene tradito quando del bilinguismo ci si dimentica, o quando, tanto per fare un esempio, nelle comunicazioni urbane (ad esempio le targhe davanti ai monumenti), tra le quattro lingue offerte (croato, inglese, tedesco, italiano), l’italiano viene riportato all’ultimo posto, come se fosse unicamente una lingua turistica. Ma noi turisti non siamo.

È chiaro a tutti che il bilinguismo non rappresenta, come dovrebbe, un punto obbligato nel vademecum dei doveri dei nostri amministratori. Non sarebbe dunque ora di scuotere un po’ le coscienze introducendo, a livello di statuti e regolamenti locali, sanzioni contro i trasgressori del bilinguismo? Sanzioni magari blande, ma con decreto scritto in due lingue.

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