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Olga Milotti, una fiaccola accesa per 60 anni (26mag14)

 

Riceviamo dal Presidente onorario Lucio Toth un intenso ricordo di Olga Milotti, dirigente illuminata e insostituibile dell’Unione Italiana, scomparsa pochi giorni addietro.

 

La morte di Olga Milotti ci riporta indietro nel tempo ma ci lascia una luce che illuminerà ancora l’avvenire di noi tutti, italiani dell’Istria, del Quarnaro e della Dalmazia. Come ha ricordato il suo allievo Furio Radin, Olga è stata per decenni, come insegnante e come dirigente dell’Unione Italiana, una chiave di volta di tutta l’istrianità italiana negli anni difficili e vari per eventi drammatici in cui ha vissuto, condividendo con i connazionali lotte e paure, minacce e speranze.
Dalla prima volta che la incontrai a Pola nel 1993 ebbi subito il convincimento di aver trovato nella professoressa Milotti un punto di riferimento sicuro per ricostruire un rapporto non di collaborazione, ma di fraterna coesione tra Esuli e Rimasti. La sua lucidità e onestà intellettuale, la sua libertà da ogni condizionamento ideologico e da ogni sedimentazione negativa della memoria, mi comunicarono il suo solido entusiasmo, la sua realistica capacità di costruire e di mantenere saldo ciò che aveva costruito, chiamando a raccolta le energie di tutti; evitando polemiche strumentali e divisive. Aveva certo le sue opinioni e le difendeva con vigore, com’è proprio delle personalità forti, ma sapeva poi scegliere i compromessi necessari per creare sinergie durature.
Aveva un suo carisma Olga, se i suoi scolari la ricordano con un affetto così struggente. Ma lo aveva anche per le energie vitali che sapeva trasmettere a chi le era più vicino nell’azione delle nostre comunità e a tutti i destinatari della sua instancabile opera di difesa e di sviluppo della nostra comune cultura istro-veneta.
Anche per noi esuli incontrarla, vederne lo sguardo fermo e ardente, la voce calda e sicura, era un’iniezione di ottimismo, di positività. Parlando con lei e vedendola lavorare si capiva che nulla era perduto e che da quella tremenda tragedia degli anni 1941-1954 potevamo uscirne insieme, ricostruendo la nostra identità di italiani in una terra plurale, dalla quale si era cercato di sradicarci totalmente. Se quel “totalmente” non c’è stato lo dobbiamo a persone come lei.
Olga Milotti ha attraversato fasi terribili per le nostre comunità nazionali: dalla subordinazione al regime quando era giovane, alle lotte per conquistarci una dignitosa autonomia all’interno di un sistema che rischiava di schiacciarci, quando alle strettoie ideologiche di un socialismo popolare agonizzante si aggiunse il pericolo di rinnovati nazionalismi aggressivi. Un momento decisivo fu quello della transizione dalla Federazione iugoslava ai nuovi stati nazionali all’inizio degli anni Novanta. La gestione Tudjman avrebbe potuto travolgere quanto restava di italiano nelle nostre terre trans-adriatiche. Non è avvenuto. L’Istria è diventata un esempio in tutta l’Europa di come si possa risolvere la legittima rinascita di stati nazionali nel rispetto delle minoranze che vivono in territori che le alterne vicende della storia hanno bene o male definito. Problema attualissimo guardando ai tragici eventi di questi giorni in Ucraina, altra terra dove i confini sono passati sulle popolazioni come ruspe devastatrici.
Senza “la” Milotti – scusatemi questa espressione ormai desueta “in lingua”, ma sempre usata nei nostri dialetti, dove anche gli uomini vengono definiti con un articolo determinativo che ne precede il nome – l’Istria di oggi e la Pola di oggi non sarebbero quelle che sono ritornate ad essere. O quasi…

 

Lucio Toth

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