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Multiculturalismo, patrimonio istriano (balcanicooperazione.it 01 lug)

Ivan Jakovčić, presidente Regione istriana – Foto di Andrea Pandini Negli anni '80, un gruppo di intellettuali dà forma all'idea di un'identità istriana basata su plurilinguismo e multiculturalismo. Tra loro Ivan Jakovčić, ora Presidente della Regione Istria.

Qual è l'origine del regionalismo istriano?

La cosa è molto semplice. Negli anni Ottanta, il partito [la Dieta istriana, n.d.r.] ha lanciato un modo di vivere nuovo in Istria: si fondava su quella che si può definire “una tolleranza totale” interetnica. Sappiamo che cosa abbiamo vissuto in Istria nei decenni precedenti, al tempo del fascismo e del comunismo… Le nuove generazioni hanno detto basta a queste esperienze.

Grazie a questa idea politica, oggi in Istria non solo gli italiani e i croati vivono insieme, parlando ognuno la propria lingua, ma anche coloro che si sono trasferiti
qui da altre parti della ex-Jugoslavia convivono
tranquilli con le comunità autoctone.

 

Che cosa ha caratterizzato l’esperienza istriana, dove questo modello multiculturale ha potuto affermarsi e radicarsi, rispetto ad altre aree della ex-Jugoslavia?

Io non sono un sociologo, io sono solo un politico per cui la mia esperienza vale quanto vale. Ma a mio parere si potrebbe dire che oggi i traumi che l'Istria ha vissuto in passato sono stati registrati nella memoria del nostro popolo. E probabilmente questo non ha permesso l'affermarsi del nazionalismo croato che si è sviluppato all’inizio degli anni Novanta, quando la Croazia si è formata come stato-nazione.

D’altra parte, non abbiamo neanche lasciato spazio allo sciovinismo serbo che era presente in alcune aree della Croazia e nelle altre Repubbliche della ex-Jugoslavia. In Istria questo non è accaduto. Non è che noi non l'abbiamo permesso; non ha preso piede tra i serbi che vivono qui, così come tra i musulmani della Bosnia che vivono qui. In realtà, sappiamo tutti che esistono rivendicazioni da molte parti: qualcuno dice che l'Istria è terra italiana, soprattutto la destra in Italia, e d’altra parte in Croazia, la destra affermerà sempre che questa è una terra sacra croata.

E così alla fine, grazie al partito istriano regionalista, si è fatta una politica intelligente che ha definito l’Istria come una regione europea che vuole essere più autonoma possibile e guardare al proprio benessere.

 

Come avete potuto bilanciare la necessità di integrazione tra le varie comunità con il rischio di una loro assimilazione, di schiacciamento delle identità nazionali sotto un’identità istriana?

L’identità regionale istriana include l’identità nazionale di ciascuno. Ma mi interessa chiarire questo aspetto dell’identità nazionale: io mi sento croato, parlo la lingua croata e sono di cultura croata. Però mia madre è austriaca per cui parla tedesco… Mio padre è nato qui in Istria, frequentava le scuole italiane – perché era Italia quando lui era bambino – ma parlava la lingua croata; ha frequentato le scuole italiane, ma si sentiva croato.

Oggi l’istrianità include il valore nazionale che ognuno vive; ognuno parla la lingua che pensa sia la sua, e io sono convinto che grazie a questa logica che non esclude, non c’è pericolo di assimilazione o esclusivismo istriano.

Esiste una forte identità regionale dell’Istria. E' importante capire che l’istrianità oggi esiste. Le persone si sentono istriane, e vogliono essere riconosciute come tali, senza che ciò escluda l’identità nazionale, quella croata oppure italiana, o altro.

Qualcuno dice che è difficile che un serbo o un bosgnacco diventino istriani. Io dico qualcos'altro: chiunque accetti i valori che l’Istria incarna, i valori della nostra tradizione, così come i valori moderni che abbiamo, è un istriano.

 

Quali sono questi valori?

Assolutamente il valore numero uno per me è la multiculturalità, la multietnicità che l’Istria esprime. Io l’ho detto molte volte: la diversità è la nostra ricchezza e la tolleranza è la nostra forza, intesa come valore culturale, politico e umano. Io sono convinto che solo con questo modello, con questo concetto l’Istria può vivere il futuro europeo, il futuro del nostro pianeta. Senza questo, l’identità istriana non esisterebbe. D’altra parte, l’Istria per me è un laboratorio delle culture, delle nazioni, delle religioni che dà risultati molto concreti.

L’Istria è anche una regione storica, oggi divisa tra due Stati. Il confine che l’attraversa, fino al 1991 era un confine interno jugoslavo e ora non solo è un confine internazionale, ma un confine esterno dell'area Schengen. Come influisce questa divisione con la promozione del multiculturalismo e della tolleranza?

Se voi riusciste a trovare delle fotografie o dei video del ’91, lì vedreste uno striscione che recita: “Dio non capiscono cosa stanno facendo”, che si riferiva agli effetti della creazione dei nuovi confini.

Noi abbiamo questa situazione del confine croato-sloveno che divide l’Istria, e inoltre, una piccola parte dell’Istria è in Italia; noi consideriamo anche Muggia e Dolina come parte dell’Istria. E' vero: oggi l’istrianità vera si vive solo nella parte croata dell’Istria. Ci sono anche dei sentimenti molto forti in Slovenia, ma questo non trova espressione nel voto politico perché il partito regionale istriano, che esiste anche lì, praticamente non esiste. Da noi questo concetto politico è più radicato, siamo riusciti a tenerlo forte negli ultimi 18 anni, ciò significa che è una realtà.

I confini, sì: oggi viviamo questa situazione, ma nel 2010 o 2011 probabilmente la Croazia entrerà nell’Unione Europea, e il confine di Schengen si sposterà probabilmente da un’altra parte. Più tardi si sposterà ancora. Per cui si farà tutto un giro per arrivare di nuovo a vivere senza confini.

 

Quale ruolo gioca la comunità italiana in Istria rispetto alla promozione dei legami con l'Italia?

La minoranza slovena a Trieste e la minoranza italiana in Istria, sono le due minoranze meglio organizzate in Europa.

L’Unione Italiana ha fatto tante cose importanti negli ultimi 15-20 anni, anche attraverso l'impegno politico. Saprete sicuramente che il vicepresidente della Regione istriana, secondo lo statuto è sempre un italiano, nel caso in cui non sia Presidente. Inoltre, ci sono molti sindaci di nazionalità italiana o di cultura italiana che amministrano città che in cui gli italiani non sono la maggioranza.

Siamo riusciti a promuovere il concetto che se una persona è brava, se è capace, non è rilevante che sia italiana, croata, serba o musulmana.

Su questo argomento, l’Unione Italiana ha fatto tante cose, soprattutto per le scuole, per i circoli degli italiani che sono stati rinnovati o costruiti nuovi; le scuole; gli asili; ed anche all’Università di Pola dove una parte dei corsi si tiene in lingua italiana.

 

Quali sono attualmente le priorità politiche e istituzionali dell'Istria?

Oggi noi registriamo un tasso di disoccupazione attorno al 6,3-6,4 %; lo vogliamo portare nei prossimi tre-quattro anni sotto il 5%. Il nostro PIL regionale pro-capite che oggi si aggira attorno ai 13-14.000€, vogliamo portarlo attorno ai 18-20.000€ che è possibile, è fattibile e abbiamo progetti concreti per realizzarlo.

Abbiamo grandi opere infrastrutturali, la strada Trieste-Pola, diventerà finalmente un’autostrada. Poi, la gassificazione e il problema delle acque sporche, l’immondizia, ecc., tutti questi grandi progetti saranno finanziati in parte dall'Unione Europea. Inoltre, la protezione dell'ambiente è tra le priorità in quanto significa competitività per il nostro turismo. Le possibilità di sviluppo turistico oggi sono sempre più legate alla qualità dell'ambiente.

Infine, devo sottolineare l'investimento nella creazione dell’Università di Pola per la quale siamo riusciti a convincere il governo nazionale ed il nuovo ateneo è stato fondato nel 2006. Io intendo puntare fortemente sull’argomento dello sviluppo universitario e delle scuole.

Per tornare al primo argomento, credo che l’educazione sia il mezzo attraverso cui questi valori istriani possono essere trasmessi. E' qualcosa che vorrei lasciare per il futuro dell’Istria come il patrimonio umano che siamo riusciti a creare.

 

L'Unione Europea è naturalmente tra i principali finanziatori di tutti questi progetti, così come dei progetti di cooperazione internazionale e transfrontaliera. In concreto, in cosa è impegnata l’Istria a livello internazionale?

Nel concreto, come regione croata, abbiamo creato tantissime relazioni con Regioni di altri paesi europei. Per esempio, in Italia abbiamo ottimi rapporti con la regione Friuli Venezia Giulia, il Veneto, la Toscana, ma anche altre Regioni che sono sul bacino adriatico attraverso l'Euroregione di cui il Molise e l'Istria sono capofila.

Poi naturalmente anche tante regioni in Austria, Francia, Spagna… Abbiamo un ufficio a Bruxelles che è importante: si tratta della prima regione della Croazia che ha aperto un ufficio di rappresentanza. Abbiamo 36 progetti europei.

Forse è interessante come esempio un progetto su cui lavoriamo con la Regione Veneto: intende recuperare i beni culturali veneti che sono in Istria e in Dalmazia. E' una bella cosa, recuperare e valorizzare i beni che si vedono, ma anche quelli immateriali come la lingua e i dialetti.

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