di MAURO MANZIN
TRIESTE Scrivere, nella Croazia che sta per fare il suo ingresso nell’Unione europea, che alcuni scrittori nazionalisti serbi, e croati sono dei ”talebani cristiani” per quanto hanno espresso nei loro scritti durante la guerra nell’ex Jugoslavia, scrivere che «sugli uomini della penna ricade la colpa di una parte preponderante di quello che è successo» costa cinque anni di galera. Ne sa qualcosa l’intellettuale e scrittore Predrag Matvejevic che proprio per queste frasi è stato condannato alla pena suddetta (con due anni di condizionale) dalla Corte suprema di Zagabria.
A denunciarlo per diffamazione è stato Mile Pesoroda citato da Matvejevic assieme a Dobrica Cosic («maestro del duce serbo), Ivan Araliaca (che sostenne il Supremo croato e usò la sua penna spuntata per giustificare l’aggressione della Bosnia), Momo Kapor («che teneva il microfono sotto la barba al sedicente gonfaloniere serbo – Karadzic ndr. – mentre questi randellava Sarajevo) e altri. Matvejevic condannato il prima istanza non è mai ricorso in appello «perché – spiega – non volevo legittimare quel processo», ora però la condanna definitiva.
«Sono deluso e sorpreso – spiega – non credevo che nel 2010 potessero trovarmi colpevole di un’opinione, anzi di na metafora. Io ho parlato di ”talebani cristiani” di quegli scrittori che hanno sostenuto la guerra in ex Jugoslavia. E pensavo che questo fosse un merito per la libertà di parola e di critica e invece mi sono reso conto che di nuovo continuano queste cose. E pensare che chi mi ha accusato era un grande titino per poi facilmente tramutarsi in un volta gabbana». «E io nella mia carriera ho lottato molto contro i volta gabbana e quindi non ho risparmiato di dire quello che pensavo di questi ”talebani”, dicevo che dovevamo andare diversamente avanti per quanto riguarda la cultura e la critica. Pensavo che tutto fosse finito. E invece».
Matvejevic continua a ricevere minacce e lettere minatorie ma per lui sono molto più importanti le attestazioni di stima che ha ricevuto in queste ore a iniziare da Claudio Magris che fu il fautore dell’acquisizione della cittadinanza italiana conferitagli allora dal presidente Oscar Luigi Scalfaro. Per Matvejevic l’Italia resta un’altra Patria, dove ha insegnato alla Sapienza, dove ha amato i suoi studenti, dove pochi giorni fa ha consegnato a Garzanti la sua ultima opera «Pane nostro» che uscirà il prossimo settembre, mentre sta lavorando a un’opera sull’Europa dell’Est.
Per lui che difese Kundera, Gotovac, Solzhenitsyn, Brodsky che credeva «che un socialismo dal volto umano non può chiudere dietro le sbarre le persone per un delitto verbale», che scrisse dell’esodo degli italiani e parlò delle Foibe durante il regime titino senza dimenticare i crimini perpetrati dalla camicie nere italiane in Jugoslavia cui «Ante Pavelic regalò la Dalmazia mentre i suo i sgherri venivano addestrati dai fascisti alle isole Lipari», lui che con ”Breviario mediterraneo” disegnò in un’opera letteraria la geopolitica d’Europa, oggi si ritrova condannato proprio per un delitto verbale in un Paese che sta per entrare nell’Unione europea. Delusione, si diceva, ma assolutamente nessun rinnego. «Quello che ho scritto lo ribadisco anche oggi ad alta voce, esistono anche i ”talebani cristiani” e io non smetterò mai di smascherarli e di denunciarli».