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Lucio Toth ci ha lasciati – 28apr17

 

Se ne è andato un Amico.
Prima ancora delle cariche è dei ruoli ricoperti nella sua intensa, fervida e appassionata vita, Lucio era ed è un Amico. Uno di quelli che si incontrano, per grazia o per fortuna, nell’età adulta. Uno di quelli verso il quale ti senti attaccato non per convenienza o per soggezione, né per routine o perché ‘così fin dall’infanzia’. No. Lucio è un Amico con il quale si condivide la tensione dell’ideale, la storia nata dalla comune identità, i disegni ed i progetti per il futuro, realistici eppure carichi di positività ed aspettativa. Un amico che conosce bene l’arte della profonda saggezza e, al contempo, della serena ilarità.
Frequento la casa di Lucio da molti anni e prima di Pasqua – a ridosso della visita dei Ministri Alfano e Lorenzin che si sarebbe tenuta a Pola, di lì a poco – andandolo a trovare per condividere con lui il da farsi per la nostra causa, era contento di non dover più camminare, finalmente, con il supporto che lo aiutava dal suo ultimo devastante infarto. Nel clima sempre famigliare del suo studio straripante di libri, testi, documenti, file che non riusciva mai a stampare se non tickettando febbrilmente e un po’ impacciato sulla tastiera, mi guardava con l’intenso desiderio nel voler ancora partecipare attivamente a quella visita ed a quegli incontri, tanto ne capiva la loro importanza.
“Ti vengo a prende con un taxi ed andiamo insieme alla Farnesina, poi ti riporto”, gli dicevo mentre vedevo il suo sguardo carico di nostalgia sapendo che non sarebbe venuto: “No, non mi fido, sai, oggi che ci sei tu, è la prima volta che mia moglie si è permessa di uscire, non vuole lasciarmi solo ed il medico dice di non strafare. Ma mi sento meglio! Guarda: cammino senza quel trespolo, vedi sto riprendendo bene”.
Ecco com’è Lucio: un pensiero positivo che costruisce e che cerca l’unità anche lì dove, a volte, sembra impensabile poterla ricomporre, perché la tensione ideale viene prima, perché il senso di giustizia viene prima, perché la bellezza della propria identità viene prima. E se questo è essere ‘democristiani’, nel senso spregevole con il quale certi babbei lo apostrofavano, allora desidero esserlo anch’io! Del resto, lavorare per ri-costruire, come lui ha fatto, è sempre più difficile rispetto alla facile distruzione, al dileggio ed alla calunnia gratuita.
“Ciao e tieme informado. Fa una bona Pasqua e bone pinze, se sentimo, ciamime”. Così mi salutava sulla porta. Ed ancora. La settimana dopo Pasqua, sentendolo al telefono, sorpreso per il suo improvviso ricovero, dopo aver liquidato in fretta le informazioni che gli chiedevo sul suo stato di salute – importanti per lui, ma in fin dei conto non troppo! – dal letto dell’Ospedale dove era ricoverato si entusiasmava, come ha sempre fatto, quando gli raccontavo gli ultimi aggiornamenti: il Tavolo col Governo, i Beni Abbandonati, la Medaglia a Zara, i codici fiscali, i programmi di scuola…
Ora Lucio lo voglio immaginare seduto sul molo nella sua Zara a guardare il tramonto, coi piedi dentro il mare Adriatico che, come lui diceva, unisce e fa da cerniera, perché la guerra, l’odio, la distruzione, l’umiliazione, le soverchierie, sono roba truce ma facile, ma altro, molto altro, è muoversi per realizzare la giustizia.

Antonio Ballarin
Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati

 

 

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