Un governo sloveno zoppo e sempre più malconcio vuole smentire chi lo considera già clinicamente morto e mena un duro colpo di coda in faccia a Zagabria. Come se non bastasse il nodo gordiano della Ljubljanska Banka ora l’esecutivo sloveno sta pensando di riscrivere la documentazione relativa al contenzioso sui confini con la Croazia da presentare entro l’11 febbraio al Tribunale per l’arbitrato internazionale deciso in merito.
Semplice il ragionamento di Janša e compagni: se all’arbitrato chiediamo 100 otterremo 80 ma se chiediamo 120 otterremo 100. Quindi? Lubiana vuole il controllo dell’intero Golfo di Pirano spostando il confine sulla penisola di Salvore. In altre parole vuole che si rispettino i confini catastali di Pirano. Ma perché farlo adesso e non in quel fatidico settembre del 1991 quando le ruspe slovene si affrettarono invece a piazzare il confine sulla Dragogna mentre una donna in tutta fretta metteva in salvo il suo ultimo raccolto di cetrioli? Forse per non aggiungere alla Croazia un fronte occidentale a quello orientale (Vukovar e Krajine) già eruttante morti e orrori. Forse.
Ora, dunque, contrordine compagni. E la patata bollente, secondo le intenzioni del premier Janez Janša e del ministro degli Esteri Kral Erjavec dovrebbe essere discussa in una riunione del Parlamento a porte chiuse visto che il memorandum per l’arbitrato è top-secret. Ma dal Parlamento arriva immediato il “niet” del principale gruppo di opposizione, ossia Slovenia positiva (Ps), che fa notare come la volontà di Janša sia illegale visto che la responsabilità della preparazione del memorandum spetta al governo, il Parlamento ha “solo” potere di ratifica.
«Noi – afferma il gruppo di Ps – non diventeremo ostaggio delle beghe interne al governo». Da un punto di vista tecnico l’esperto di diritto marittimo, Marko Pavliha dichiara al quotidiano Dnevnik che dopo un primo esame del memorandum «il documento mi sembra corretto, ma in qualche parte poco ambizioso». «Certo l’arbitrato presume una soluzione di compromesso – spiega ancora il giurista – ma bisogna stare attenti a non chiedere la luna visto che tutto si discute e decide secondo le norme internazionali». Janša è convinto che entro l’11 febbraio la Slovenia presenterà il suo memorandum. Il ministro Erjavec poi è ancora più ottimista sostenendo che la Slovenia è in una botte di ferro visto che il suo avvocato, Alain Pellet, è il migliore al mondo visto che finora di arbitrati cui ha partecipato non ne ha perso nemmeno uno. Ma forse, ancora una volta, si perde di vista che l’arbitrato non è una sentenza, ma un compromesso e questo è raggiunto solo se, come diceva Churchill, entrambe la parti interessate si alzano dal tavolo insoddisfatte.
Sul fronte Ljubljanska Banka la Slovenia sta ricevendo pressioni molto forti dagli Stati Uniti e dalla Germania per togliere il veto all’adesione della Croazia all’Ue. E se Berlino avverte Lubiana: «Cercate di non diventare un problema per l’Europa», Washington preme perché la questione Ljubljanska Banka si risolva con un arbitrato. Magari davanti alla Banca dei regolamenti di Basilea. La Slovenia, riportando la questione nella successione alla Jugoslavia sarebbe anche favorevole, ma prima la Croazia deve bloccare le cause penali contro la Ljubljanska Banka. Una delle quali però è già andata a sentenza con il verdetto che costringe l’istituto di credito sloveno a pagare circa 255 euro. Una sciocchezza, ma fa giurisprudenza. Mercoledì a Bruxelles il capo della diplomazia croata Vesna Pusic incontrerà il collega sloveno Erjavec il quale sostiene che una soluzione è a portata di mano. Erjavec che però il 22 febbraio lascerà, anche lui dopo i ministri della Lista nazionale di Virant, il governo. Tutto maledettamente balcanico. Troppo balcanico.
Mauro Manzin
“Il Piccolo” 26 gennaio 2013)