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«Trattato di Osimo fuori dalla Costituzione» (Il Piccolo 22 ott)

Tremino pure, i libri di storia. E gli irredentisti, dal canto loro, si tengano a freno. La notizia, però, a prescindere da come la si pensi, e dal seguito che potrà avere, è di quelle destinate per intanto a dare una scossa, in una città dal passato sensibile, qual è appunto Trieste. C’è in effetti un avvocato del foro di Udine – il quale, per inciso, non fa mistero d’essere un militante leghista – che sta mettendo in dubbio la validità giuridica del Trattato di Osimo del 1975, la sua dichiarazione di sana e robusta costituzionalià, con un quesito inedito: se per l’articolo 5 della Costituzione «la Repubblica è una e indivisibile» perché allora è bastato un passaggio parlamentare ordinario e non speciale per ratificare il distacco della “Zona B” previsto da quel Trattato, avallando di fatto una modifica alla Costituzione stessa? Altro che Osimo in dubbio per la fine dell’ex Jugoslavia, cioè uno dei due soggetti firmatari, come si dibatteva dopo il ’92.

 

Qui, insomma, siamo davanti a un presunto controsenso tutto italiano. L’avvocato si chiama Giovanni Turco, e di recente si è già preso titoli di giornale per aver fatto vincere una causa per danni morali e materiali, contro una conosciuta compagnia di telecomunicazioni, a una donna triestina rimasta per mesi senza collegamento internet e poi pure col telefono di casa muto. Stavolta Turco mira più in alto. E scomoda non solo il prefetto, mandandogli una lettera per chiedergli che ne pensa della costituzionalità del Trattato di Osimo, ma anche un giudice, per assicurarsi proprio che la questione non finisca in cavalleria, incastrata nei circuiti della burocrazia. Il giudice di cui sopra è il giudice di pace. In questo caso il coordinatore dell’ufficio del giudice di pace di Trieste, Francesco Pandolfelli, che nei giorni scorsi ha fissato per il 22 novembre l’apposita udienza, convocando per quel giorno il prefetto, in risposta alla cosiddetta istanza di conciliazione in sede non contenziosa presentata proprio dall’avvocato friulano il venerdì precedente.

 

Una risposta «immediata», esulta Turco, che nell’istanza rivolta al prefetto, tramite il giudice di pace, non esita a definire questo un «dilemma», «ultimamente d’attualità… anche alla luce dei dubbi di tanti giovani giuliani, praticanti in studi legali e non». Non è un vezzo, ma una cosa seria, giura, e neanche un fatto di denaro, posto che lui stesso scrive nel ricorso che «il valore della presente procedura è di ordine morale ed il valore economico è pari a euro zero». «L’avvocato – spiega a margine dell’istanza – nel nostro ordinamento, sancito anche dal Codice deontologico forense, deve assicurare la conoscenza delle leggi e vigilare sulla loro conformità ai principi della Costituzione». E l’articolo 5 fa parte proprio dei famosi «principi fondamentali».

 

E così – come recita la stessa istanza – Turco «chiede al prefetto interpellato di fornirgli in questa sede di conciliazione, davanti al potere giudiziario ove lo scrivente 35 anni fa giurava, un parere-chiarimento espresso relativamente all’effetto della divisione dal territorio dello Stato italiano della “Zona B” mediante ratifica parlamentare del Trattato di Osimo, se tale effetto abbia violato in qualche modo il principio espresso nell’inciso iniziale dell’articolo 5 della Costituzione». La vertenza, chissà se a caso, scoppia in tempi in cui i nostalgici del Tlt fanno causa a Equitalia disconoscendone la potestà sulla città, e i triestini si chiedono che fine debba fare il Trattato di pace del 1947, lo stesso che introdusse la scissione tra Zona A e Zona B, là dove parla del Punto franco. Il nodo Porto vecchio, tanto per capirsi.

 

Ma da dove nasce una simile istanza? «Dal mio cervello, ho fatto solo due più due uguale quattro», ridacchia l’avvocato. Ma perché un leghista che crede nell’«indipendenza della Padania» ora, tutto sommato, fa una battaglia d’italianità che tanto sarebbe piaciuta ai missini d’un tempo? «Mio padre – risponde sempre Turco – era un partigiano classe ’22, lottò per Trieste, ricevette pure una medaglia. Mi sento giuliano anch’io. Più che altro faccio una battaglia per Trieste, la mia militanza mi rende sensibile alla condizione di Trieste e, più in generale, delle popolazioni giuliane. Questo è poi un periodo storico caldo per gli indipendentismi, pensiamo solo a Catalogna, Fiandre, Bretagna, Scozia…»

 

Piero Rauber

“Il Piccolo” 22 ottobre 2012

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