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L’omicidio De Winton (Il Piccolo 19 set)

PROFUGHI

Leggo (14 settembre) sull’uccisione a Pola nel 1947 del generale De Winton. Non intendo certamente giudicare l’omicida Maria Pasquinelli: se la veda lei con la sua coscienza. Ne ha avuti, di anni, per questo esame. Rigetto però l’asserzione che proprio lei debba essere considerata simbolo della tragedia degli istriani, fiumani e dalmati. Figuriamoci.

Le mie considerazioni rivestono comunque un preciso aspetto. Nel suo libro-intervista sulla Pasquinelli, Rosanna Turcinovich Giuricin pone e si pone (lei, rovignese…) questa domanda: «Perché gli istriani, invece di andarsene, non si difesero con le armi?».

Una domanda inconcepibile, che mi riporta a parecchi anni addietro quando, assieme alla signora Marucci Vascon, ero stato ricevuto dall’allora console generale d’Italia (d’Italia, si noti bene) a Capodistria, del quale – per carità di patria – tralascio il nome. Dovevamo parlare di una manifestazione che si sarebbe dovuta tenere in quella che era stata la nostra piazza del Duomo. Il diplomatico, saputo che eravamo due esuli capodistriani, esclamò: «Finalmente avrò la risposta a una domanda che mi assilla da anni: perché voi istriani, invece di abbandonare le vostre case, non vi siete ribellati con le armi?». Semplicemente folle. La signora Vascon balzò in piedi e, voltandosi verso di me, esclamò: «Andiamo via, subito. Pensavamo di trovarci nel consolato italiano. Abbiamo sbagliato indirizzo». E io: «Sono pienamente d’accordo». Quel console, dall’alto della sua lungimiranza, si sarà posto chissà quante volte la domanda: ma perché se ne sono andati?

Sempre nell’articolo sulla Pasquinelli si accenna, a proposito della perdita delle nostre terre, al mancato plebiscito che avrebbe potuto salvare l’Istria. E allora diciamolo molto chiaramente. Il prof. Diego De Castro, consigliere politico del governo italiano presso quello alleato, aveva affermato senza tema di smentite che il plebiscito era stato rifiutato da Alcide De Gasperi. Il presidente del Consiglio e ministro degli Esteri aveva scritto il 25 agosto 1945 all’ambasciatore Tarchiani: «Il plebiscito rischierebbe di creare un precedente pericoloso per l’Alto Adige, dove potremmo conseguentemente trovarci nella necessità di accettare una soluzione parallela». Ne deriva che con un plebiscito libero De Gasperi avrebbe potuto salvare l’Istria, ma avrebbe rischiato di perdere Trento e Bolzano a favore dell’Austria. Meditate, istriani, meditate.

A titolo di cronaca si può ricordare che il 14 luglio 1941 Roosevelt aveva inviato a Churchill un dispaccio nel quale sottolineava la diceria pazzesca («crazy») secondo la quale il governo britannico avrebbe promesso Trieste e l’Istria alla Jugoslavia (quella di re Pietro, naturalmente, Tito ancora non esisteva). La Carta atlantica – in una delle clausole – escludeva esplicitamente modifiche territoriali che non si accordassero con i desideri liberamente espressi dalle popolazioni. Veniva così recepita l’idea del plebiscito. Questa è Storia.

Ranieri Ponis

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