C’è uno spirito rivoluzionario che lega Gabriele D’Annunzio ai movimenti del ’68, uno schema filosofico non hegeliano, che nega la ragione per dare spazio alla fantasia. Negli anni che seguirono, le contestazioni studentesche furono però corrotte da una volontà di inquadrarle in un sistema di pensiero marxista decretandone, come ebbe a dire Augusto Del Noce, il suicidio e perdendo così l’originale prosecuzione dell’ideale dannunziano”. Con queste premesse di Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega Nazionale, introdotto dalla presidente della sezione di Fiume, Elda Sorci, si è aperto giovedì scorso, negli spazi della LN di Trieste, il Convegno intitolato “Appuntamento con la storia: il dannunzianesimo ed il suo epilogo, a 91 anni dall’Annessione di Fiume all’Italia“, organizzato dalla Sezione di Fiume della LN e dall’associazione dei Dalmati di Trieste. Gianpaolo Dabbeni ha offerto un inquadramento storico delineando i motivi e le conseguenze della nascita del movimento irredentista a Fiume: dall’occupazione della città nel 1848, durata vent’anni, da parte dei croati, fedeli all’imperatore austriaco, fino al ritorno al Regno di Ungheria del 1867.
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