ANVGD_cover-post-no-img

L’istriano Mitton: 35 anni da precario (La Stampa 16 set)

di GIANNI GIACOMINO

TORINO Matteo Mitton ha quasi 58 anni. Per una vita è stato insegnante precario, cattedra dopo cattedra. Anzi. Da «supplente» è pure andato in pensione, lo scorso settembre. Trentacinque anni trascorsi senza mai una nomina fissa, sballottato da una parte all’altra della provincia di Torino a fare il tappabuchi ovunque l’emergenza lo richiedesse. E mai lo straccio di una firma su un foglio che dicesse: «Assunto a tempo indeterminato».

Insomma quasi un record in questa scuola di follie, di aggiustamenti, del tiriamo a campare. Ma un anno dopo la pensione, due settimane fa, al poco invidiabile primato s’aggiunge la beffa: a casa arriva una bella lettera per comunicare che il dott. Matteo Mitton sarebbe entrato di ruolo, con la ricostruzione della carriera e tutti i benefici economici.

«Mi sento preso in giro – dice il professore di ruolo mancato – ho vissuto per trentacinque anni sperando di esser riconfermato da qualche parte, di racimolare un pugno di quattrini in più per campare meglio. E’ un calvario che non auguro a nessuno».

Mitton è abituato alla durezza, praticamente fin dalla nascita, quando la sua famiglia dovette lasciare l’Istria dopo la guerra, diventata jugoslava e socialista. Lui e suo fratello gemello, per l’anagrafe, sono jugoslavi. I suoi genitori «austriaci». Contro la «diversità», le bizze della burocrazia, della Storia e dei regimi, insomma, ha dovuto scontrarsi sempre.

Nella scuola ha accettato quel che passava il provveditorato. Ora no. Non più. «Non sono rassegnato a percepire come pensione 18 mila euro lordi l’anno, che vuole dire 766 euro di pensione per i prossimi due anni e 1158 euro di pensione per il futuro quando mi verrà riconosciuto tutto l’iter che ho dovuto affrontare. Quando sono andato in pensione mi sono arrivati da compilare sia il Cud dello stipendio che quello da pensionato effettivo. E’ incredibile visto che non sono mai stato di ruolo».

La storia professionale di Mitton è «più che un macello». Ha iniziato le supplenze nel 1970 all’Itis Burgo di Torino come insegnante di educazione fisica. Poi ha continuato con supplenze annuali in diversi comuni della provincia, rimandato da settembre a ottobre per delle sostituzioni. Una vita costellata di ricorsi, controricorsi, speranze ed attese.

«E’ stata un calvario – sbotta -. Non ho mai goduto di scatti o di avanzamenti di carriera. Solo nel 1995 ho inoltrato un ricorso al Consiglio di Stato ottenendo per gli “articoli 43” il riconoscimento del 2,5% sullo stipendio».

Matteo Mitton è alto 1 metro e 94 centimetri. Da giovane è stato un ottimo cestista. Ha giocato come guardia in serie A con la Saclà-China Martini (finalista 30 anni fa della Coppa Korac), trovando soddisfazioni e qualche soldo. Anche la moglie, Rosanna Vergnano, ha giocato a basket ad alti livelli. Ha vestito la maglia della Fiat, e quella azzurra alle Olimpiadi di Mosca nell’80. Ora vivono insieme in un rustico di campagna, a Fiano, «il paese dei ricchi». E la casa con giardino, precisano entrambi, è stata comprata con il sudore e i canestri, non certo con i magri compensi del ministero. Ma la carriera sportiva piena di successi a livello professionistico non cancella le amarezze rimediate nel campo dell’insegnamento.

«Qualche anno fa, pur di insegnare ai ragazzi a giocare a basket ho accettato contratti di supplenza paradossali. Insegnavo due ore di educazione fisica e poi, per altre sedici ore, restavo a disposizione. Potevo sedermi dietro la cattedra e impartire lezioni di religione, italiano, storia o altro. Vi sembra una cosa seria?».

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.