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L’esercito balcanico dei bambini poveri (Il Piccolo 1. giu)

Se il futuro è nelle mani dei bambini di oggi, l’Europa Orientale ha davanti a sé anni cupi e difficili. Non si può arrivare a conclusioni diverse leggendo il rapporto Unicef intitolato “Misurare la povertà dei minori”. L’analisi, indirizzata all’attenzione di «leader politici, stampa e pubblico», rivela infatti numeri impressionanti sulle condizioni di vita dei più piccoli nell’Est del Vecchio Continente. L’Unicef voleva scattare un’istantanea «della povertà infantile nelle nazioni più ricche» in Europa. I risultati sono sconcertanti. L’agenzia Onu ha sviluppato due criteri per analizzare le condizioni economiche dei bambini in 30 Paesi europei, «entrambi validi, non contradditori o mutualmente esclusivi». Il primo parametro mostra «la percentuale dei bambini che non godono di due o più fra 14 elementi», che i loro genitori «non possono permettersi». Quali? «Libri, una bicicletta, denaro per la gita scolastica, un vestito nuovo, due paia di scarpe, una connessione a Internet». Ma anche elementi vitali, che ormai si riteneva fossero garantiti a quasi tutti: «Tre pasti quotidiani, carne, pesce o pollo una volta al giorno, verdura e frutta fresche». La realtà è purtroppo ben diversa, soprattutto in alcuni Paesi della “nuova Europa”.

 

In testa, nella triste classifica «resa pubblica per la prima volta», risalta il dato sui bambini rumeni, bulgari e ungheresi. In Romania, il 72,9% dei minori fino a 16 anni vive in una famiglia che non può garantire loro due o più fra gli elementi classificati come essenziali per una vita decente. La percentuale dei “deprivati materialmente” scende in Bulgaria al 56,6% e in Ungheria al 31,9%. Numeri impressionanti, soprattutto se confrontati con quelli di altri Paesi europei. Anche se – va detto – Unicef sottolinea che questo tipo di classifica «enfatizza le differenze tra Paesi ricchi e Paesi più poveri». I numeri della “deprivazione” scendono a un 0,9% in Islanda, 1,3% in Svezia, 5,5% nel Regno Unito, 8,1% in Spagna, 17,2% nella derelitta Grecia, 27,4% in Portogallo. Forse più realistico ma altrettanto desolante, è l’esito che discende dal secondo parametro. Mostra la percentuale dei bambini che vivono in «povertà relativa», in «famiglie il cui reddito è minore del 50% della mediana nazionale». Anche qui, in un confronto che include Paesi extra-Ue come Usa, Canada e Giappone, la Romania ottiene un amaro primato, con il 25,5% dei minori che sopravvive in indigenza relativa, seguita da Usa (23,1%), Lettonia (18,8%), Bulgaria (17,8%), Spagna (17,1%) e Grecia (16%) mentre l’Ungheria migliora la propria immagine: “solo” un 10,3% di minori “relativamente poveri”.

 

Qualunque sia il parametro, «è evidente che ciò che sta accadendo in relazione alla povertà infantile è il risultato della crisi», sottolinea Unicef, condizione acuita dalle misure di austerità che stanno riducendo l’assistenza alle persone bisognose. Qualunque siano le ragioni che hanno creato un “esercito” di bambini indigenti, le conseguenze saranno drammatiche. «I bambini hanno una sola opportunità per svilupparsi normalmente nella mente e nel corpo e l’impegno per proteggerli dalla povertà deve essere mantenuto» nei tempi di grassa e in quelli di magra, ammonisce il rapporto. Se così non fosse, vuol dire che «una società sta incamerando insolvibili problemi sociali ed economici per gli anni a venire».

 

Stefano Giantin

“Il Piccolo” 1° giugno 2012

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