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Le colpevoli ideologie del Novecento (13apr15)

 

La notizia della recente approvazione, nei giorni scorsi da parte del Parlamento ucraino a larga maggioranza, di un provvedimento di legge che equipara le ideologie nazista e comunista sancendone dunque la medesima natura criminale e vietandone di conseguenza l’esibizione dei simboli, delle immagini, delle bandiere e nella toponomastica, ha trovato modesta attenzione presso i mass media italiani, limitatisi per lo più a riportare le reazioni del Centro Wiesenthal di Gerusalemme, che ha definito la decisione della Rada (il Parlamento di Kiev) «oltraggiosa» in quanto intesa a sfumare – se non a derubricare – i crimini dei collaborazionisti ucraini nel corso della seconda guerra mondiale. Una riflessione più articolata si deve invece a Fiamma Nirenstein, che su “Il Giornale” del 10 aprile scorso (Comunisti e nazisti uguali? Significa dimenticare la Shoah) affronta pacatamente l’argomento e chiarisce che «dal punto di vista generale la comparazione fra i due regimi totalitari e assassini più importanti del Ventesimo secolo non è illegittima. La sofferenza che ambedue hanno inferto al mondo è immensa, il numero dei morti fatti anche dai russi pazzesco». In realtà, a parte le Repubbliche baltiche, già nel 2010 la Polonia assunse un analogo provvedimento volto a reprimere l’apologia dei regimi totalitari, inserendo il comunismo nel novero dei sistemi repressivi e delittuosi del Novecento, ma l’intervento del Parlamento ucraino nella fase di acuto conflitto con la Russia di Putin non poteva non assumere un maggiore ed anche scontato rilievo. Così il presidente russo, per tramite del suo portavoce, ha stigmatizzato la decisione dei vicini di confine, che – come riferisce il settimanale statunitense “Newsweek” – il 9 maggio, 70.mo della sconfitta del nazismo e alla vigilia della grande sfilata prevista a Mosca «farà piangere lacrime tanti veterani della grande guerra patriottica».

 

Ora, l’equiparazione per legge delle ideologie nazista e comunista ad opera di Kiev è stata, per lo più, condannata senza appello in quanto maturata in un clima e in una società, quelli ucraini, storicamente pervasi di antisemitismo e in significativa parte fiancheggiatori degli orrori di Hitler. Ma, per altro verso, è luogo comune – e come tale semplifica i ragionamenti altrimenti troppo complessi – asserire che, benché colpevoli entrambe di nefandezze e di persecuzioni, al comunismo si deve riconoscere tuttavia l’aspirazione a creare un uomo e una società nuovi, egalitari e ispirati al riscatto delle masse subalterne, come se la teorica positività dell’ideologia potesse attenuare l’enorme, globale e tragica portata delle repressioni, delle deportazioni e dell’annullamento totale dell’individuo nella macchina infernale della dittatura di partito, dei campi di rieducazione e dei gulag. «Un tratto specifico del mondo sovietico fu quello del completo sterminio di tutta la sua classe dirigente. Chiunque non fosse d’accordo veniva deportato o fatto fuori», rammenta Nirenstein nel suo commento: ma non solo di una classe dirigente, bensì di intere comunità, singoli intellettuali e qualsivoglia dissidente.

 

L’argomento, riproposto dalla legge approvata a Kiev il 9 aprile scorso, in realtà andrebbe estrapolato dalla contingenza e affrontato, per così dire, con atteggiamento laico, perché non può e non deve ridursi ad ennesimo scontro tra fronti ideologici ma esige di essere analizzato con onestà intellettuale, con la distanza che il palese, definitivo fallimento dei totalitarismi permette di assumere da quei tragici, irreparabili eventi del secolo scorso dai quali, in gran parte, ci sentiamo salvi. La presunta idealità del comunismo, smentita da tutte le sue incarnazioni storiche in ogni parte del mondo, svanisce davanti alle memorie delle vittime e rivive nelle pagine di quanti ne hanno sperimentato e trascritto la sistematica follia, «la democratizzazione del terrore o la volontà di potenza nel sospetto generale», come ha scritto nel 2007 Galli della Loggia citando Tzvetan Todorov. La denuncia e la condanna dei crimini non devono più obbedire alla convenienza di fallite dottrine contrapposte o a improprie logiche di comparazione, ma devono piuttosto scaturire dalla lettura libera e responsabile delle atrocità commesse dai sistemi concentrazionari di ogni segno: di certo non si privilegeranno le vittime di una parte rispetto a quelle della parte opposta, come taluni dichiarano di temere con il provvedimento di Kiev. La nostalghija di quei tempi e di quegli assetti storici può ben dirsi colpevole e menzognera a qualunque sistema dispotico si ispiri, perché il terrore è stato globale e nulla può salvarsi di quella eclisse di umanità e di democrazia.

 

Patrizia C. Hansen

 

L’articolo di Ernesto Galli della Loggia: http://archiviostorico.corriere.it/1997/agosto/05/Nazismo_comunismo_due_terrori_due_co_0_9708058484.shtml

 

L’articolo di “Newsweek”:

http://www.newsweek.com/ukraine-purges-symbols-its-communist-past-321663

 

L’articolo di di Fiamma Nirenstein

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/comunisti-e-nazisti-uguali-significa-dimenticare-shoah-1114919.html

 

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