17.06.2025 – Lo scorso 21 maggio, su invito delle insegnanti e grazie alla disponibilità del dirigente scolastico prof. Domenico Bresich, il Comitato provinciale di Novara dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia è stato ospite dell’istituto comprensivo “Achille Boroli” di Novara per raccontare agli studenti dell’ultimo anno della scuola media la tragedia dell’esodo della popolazione dell’Istria, della Dalmazia e di Fiume nel primo dopoguerra della Seconda guerra mondiale: uno scorcio della nostra storia cancellato e dimenticato per oltre 50 anni.
Il Presidente del Comitato novarese Flavio Lenaz, assieme alla signora Ausilia Zanghirella e al signor Boris Cerovac, hanno avuto modo di raccontare ai giovani studenti quei drammatici momenti da loro stessi vissuti per l’abbandono delle case, delle proprie cose, dei ricordi, dei propri morti e i momenti difficili della prima accoglienza nelle diverse nostre regioni. L’Italia, uscita sconfitta dalla guerra, aveva perso quei bellissimi territori, da secoli abitati da italiani ma per volontà dei vincitori del conflitto concessi alla repubblica popolare comunista di Jugoslavia del dittatore Tito.
Dopo un breve inquadramento storico della nemesi che ha generato l’esodo giuliano-dalmata sono state esposte ai ragazzi le esperienze e le storie vissute direttamente. Ausilia Zanghirella si è particolarmente soffermata sulle difficoltà patite dalla propria famiglia, una bella famiglia numerosa, composta da padre, madre e 9 figli, dirottati più volte in località sempre diverse, sino a giungere finalmente alla destinazione definitiva, a Novara in quello che era chiamato allora “Campo Profughi”, dislocato presso la caserma “Ettore Perrone”, poi divenuta col tempo sede universitaria. Nella caserma vivevano in promiscuità più di 300 famiglie che si arrangiavano come potevano per crearsi un po’ d’intimità dividendo gli stanzoni con le coperte appese ai fili affinchè fungessero da pareti divisorie. Trascorsero 10 anni in quelle condizioni, ma sempre con la dignità che contraddistingue la gente del nostro nord-est .
Boris Cerovac invece racconta che ebbe un’esperienza diversa di resilienza nella repubblica popolare comunista di Jugoslavia. Proveniva da una famiglia mista, ovvero suo padre era croato mentre la mamma era italiana il padre, cresciuto in Istria da generazioni in una famiglia di agricoltori, dopo la resa italiana dell’8 settembre 1943, venne imprigionato e deportato dai nazisti nel campo di concentramento e sterminio di Mauthausen dove rimase sino alla liberazione alleata del 1945. Nel momento storico dell’esodo con la volontà di difendere i diritti di proprietà dell’azienda agricola, costata sacrifici di generazioni, il padre di Cerovac, vantando il credito dei 2 anni trascorsi da internato in Germania, ritenne di rimanere nella propria terra. Il ragionamento che fece era semplice: pensò che se fosse andato via avrebbe perso tutto, se invece fosse rimasto avrebbe potuto difendere la sua terra, però fu tutto inutile! Nel 1962 esasperato abbandonò la casa e tutti i suoi beni per ricongiungersi con i parenti della moglie esodati nel 1948 e già residenti a Novara.
Nel 1953 la Prefettura del capoluogo piemontese insieme all’amministrazione comunale concesse mandato all’Istituto Autonomo per le case popolari per dare via alla realizzazione del Villaggio Dalmazia: sorse così un nuovo quartiere nella periferia Sud di Novara destinato ad ospitare le 300 famiglie del Centro Raccolta Profughi. Finalmente una casa costruita da mattoni, che SOGNO!!! Era il 3 ottobre 1954 quando venne posta e benedetta la prima pietra. Per Flavio, Ausilia e Boris, pur con mille difficoltà, Novara si è rivelata col tempo una città accogliente. Nel nuovo quartiere i bambini vivevano sereni e felici, si parlavano 12/13 lingue diverse essendoci rifugiati provenienti oltreché dall’Istria e dalla Dalmazia anche dalla Romania, dalla Grecia, dalla Turchia, dalla Tunisia, dalla Somalia e dal nord Africa.
Il racconto di Flavio, Ausilia e Boris è stato struggente, ma gli stessi hanno espresso gratitudine nei confronti della città di Novara che li ha accolti, li ha visti crescere ed affermarsi nel lavoro e successivamente formare le loro famiglie .Gli studenti si sono dimostrati partecipi e interessati agli argomenti trattati e a quel periodo di storia ancora per molti sconosciuto e che l’Associazione si sforza di testimoniare, raccontando con i testimoni quella pagina triste della storia italiana a lungo cancellata dai libri di scuola.