ANVGD_cover-post-no-img

La Voce in più Mare – 14.05.08 – La traversata degli Abbà da Rovigno a Rimini

di Roberto Venturini

Tra le grandi barche da trasporto che fecero la spola tra il porto di Rimini e le coste istriane, un posto di rilievo è occupato da quelle della famiglia Abbà. Purtroppo, di questa famiglia di armatori e dei loro vascelli restano soltanto poche notizie, per lo più affidate alla memoria dei discendenti che vivono tuttora a Rimini.

La signora Zaira, prezioso archivio vivente

Il più prezioso archivio vivente è la signora Zaira Abbà, figlia di Eugenio, uno dei fratelli che navigarono con quelle barche. Grazie alla generosa disponibilità della signora Zaira abbiamo tratto le informazioni delle quali ci siamo avvalsi per questo pur breve ricordo della famiglia che nei primi decenni del Novecento percorse tutto il Mediterraneo e le rotte orientali.
Stando ai ricordi familiari, la famiglia Abbà ha origini istriane.
I primi rappresentanti di questa famiglia giunsero a Rimini da Rovigno (la famiglia è presente a Rovigno dal 1535 e nel censimento del 1.mo ottobre 1945 in città risultavano 16 famiglie Abbà, n.d.r.) e scelsero di stabilirsi qui in Romagna. I documenti attestano che si tratta di una famiglia di navigatori presente a Rimini da ormai due secoli. Il registro delle anime della parrocchia di San Nicolò, preziosissima fonte di informazioni, attesta indubitabilmente che gli Abbà erano presenti in città già nel 1880; la famiglia, infatti, figura iscritta nella sezione dedicata degli armatori già da quella data.
Sempre dagli stessi archivi emerge una testimonianza che consente di farne risalire l’arrivo a Rimini anche da tempi un poco più lontani. Nel 1863 la chiesa di San Nicolò fu rinnovata e per farle posto sufficiente i registri della parrocchia documentano che furono espropriate e abbattute proprio le case Abbà, che furono poi ricostruite poco più lontano.

Una vita legata al mare

Di questa importante famiglia ritroviamo dunque oggi la memoria di Eugenio, Pilade, Ernesta e Antonio, i quattro fratelli alcuni dei quali furono armatori. Eugenio, il padre della signora Zaira, era il primogenito, nato nel 1867. Era un capitano di lungo corso e navigò nella marina Militare come timoniere di prima classe.
Quando però si congedò abbandonò la vita sul mare e trovò impiego nel Consorzio Agrario. Morì a sessantasei anni, nel 1937. Il vero armatore della famiglia Abbà era il fratello Pilade il quale aveva due figli: il maschio si chiamava Davide e la figlia Stefania. Davide, dal quale prese il nome la nave ammiraglia della flotta degli Abbà, quella che contese al Mamma Rosa il primato nella flotta cittadina, morì nella guerra di Russia nel 1944, come riferirono i compagni che sopravvissero a quella tragedia. Il suo corpo però non fu mai ritrovato.
Stefania invece abitò dapprima a Londra. La ragazza conosceva benissimo l’inglese e durante la guerra lavorava come interprete con le truppe alleate. Fu così che conobbe il soldato britannico che sarebbe poi diventato suo marito, il quale la portò poi con sé nella capitale del Regno Unito. Da lì, successivamente, Stefania emigrò negli Stati Uniti dove si stabilì e dove morì lasciando un figlio.
La famiglia Abbà possedette diverse barche da trasporto. Tra queste resta la memoria del “Tullia Nives”, del “Gesù e Maria”, dell’“ Adelaide” e del “Davide”.

La tragedia del trabaccolo «Adelaide»

Le foto conservate dalla signora Zaira ci tramandano la memoria del “Gesù Maria” e del “Davide”. Il trabaccolo “Adelaide” è tragicamente legato alla storia dalla marineria riminese: su quella la nave erano imbarcati i fratelli Leurini, che perirono entrambi nella notte in cui l’imbarcazione fu investita dalla tempesta. Era il 12 novembre del 1930, ma solo pochi anni
prima, il 29 settembre 1924, l’“Adelaide” era stato investito da un’altra furiosa tempesta, sempre nelle acque del Quarnero, dalla quale uscì capovolto. Nell’incidente perirono quattro dei sei membri dell’equipaggio. La storia è raccontata nel libro “Le nostre barche” di Guido Simonetti (Luisè editore).

Il brigantino «Gesù e Maria»

Nello stesso libro si legge che il trabaccolo “Adelaide” fu costruito dal mastro d’ascia Guglielmo Moroni per i fratelli Abbà di Rimini. Il trabaccolo fu varato il 12 aprile 1912 e misurava 21 metri di lunghezza fuori tutto e stazzava 65 tonnellate lorde con portata di 130
tonnellate.
Molto più grande era il brigantino goletta “Gesù e Maria”. Come le altre, anche le caratteristiche di questa nave sono descritte nel libro di Guido Simonetti. Il “Gesù e Maria” era stato costruito nei cantieri Navigazione Velieri di Viareggio e varato nel 1920. Oltre agli Abbà, Davide e Gaspare, ne erano proprietari anche Abuta Vasini e il bellariese Oreste Lazzarini. La nave era lunga 36 metri e stazzava 238 tonnellate lorde, con una portata di 340 tonnellate.
Una foto che lo mostra inquadrato da poppa, scattata a Trapani il 4 dicembre 1939, oltre a mostrare la bellezza della nave evidenzia che anche la Sicilia era tra le mete dei traffici commerciali delle barche che facevano parte della marineria riminese.

«Davide», il gioiello della flotta

Come tante barche della flotta mercantile romagnola, anche il “Gesù e Maria” fu adibito a scopi militari durante la seconda guerra mondiale. Quella bella nave non sopravvisse al confl itto e finì affondata a cannonate da un sommergibile greco. “Ricordo – confida la signora Zaira – che da bambina feci il viaggio di inaugurazione subito dopo il varo del “Gesù e Maria”. Soffrii però il mal di mare e così, anni dopo, non volli ripetere l’esperienza al momento del varo del “Davide”. Il gioiello della flotta degli Abbà fu costruito dopo la guerra, nel 1947. Il “Davide” fu realizzato a Pesaro nei cantieri Cosmar; misurava 40 metri di
lunghezza fuori tutto e aveva una stazza lorda di 335 tonnellate e una capacità di carico di 480 tonnellate. “Il motoveliero Davide – racconta la signora Zaira – era di proprietà di Stefania e forse anche di mio fratello Gaspare al quale successe poi l’altro fratello Pilade in società con Gino Rossini”. Caratista di quella nave era anche la famiglia Plachesi.

La crisi del piccolo cabotaggio

Il “Davide” fu a Rimini il concorrente del “Mamma Rosa”, l’altra celeberrima nave da trasporto della marineria di Rimini, non solo per ragioni commerciali ma anche ‘di campanile’. Il “Davide” era stato infatti costruito nei cantieri di Pesaro mentre il “Mamma
Rosa” era tutto riminese, essendo stato costruito dai fratelli Voltolini nei cantieri della città. La rivalità fu purtroppo di breve durata visto che il piccolo cabotaggio entrò in crisi negli anni successivi e una a una le grandi navi da carico lasciarono per sempre il porto di
Rimini.

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.