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La Voce del Popolo – 26.05.08 – Palatucci torna nella sua Fiume

FIUME – Ha tenuto tutti avvinti il racconto di Angelo Picariello, giornalista dell’“Avvenire” che si occupa di cronache e politica italiana, autore del volume “Capuozzo, accontenta questo ragazzo. La vita di Giovanni Palatucci” (Edizioni Paoline), saggio letterario imperniato sulla vita dell’ultimo questore italiano di Fiume, presentato sabato sera alla Comunità degli Italiani di Fiume, dinanzi ad un numeroso pubblico.
“Tenterò di essere affabulatore fino ad un certo punto. Quello di oggi non è un incontro come tutti gli altri – ha esordito il giornalista dell’”Avvenire” nativo di Avellino, dove è stato per un decennio consigliere comunale –. Questo è un incontro nel quale sarei più tentato di ascoltare che di parlare”. Picariello ha illustrato poi i valori con i quali è cresciuto Giovanni Palatucci, in particolar modo l’influenza francescana. Ben tre zii di Palatucci abbracciarono il saio francescano. La crescita di Giovanni è stata animata nella vita con il desiderio di fare del bene. Di non sprecarla per qualcosa che non ne valesse la pena. Un aspetto sempre presente in Giovanni, anche nelle sue scelte. E poi ancora testimonianze, raccolte dal giornalista per l’opera, di familiari, amici, conoscenti, colleghi e sopravvissuti al campo di Dachau.
Pur avendo finito gli studi in legge, Palatucci ripiega per la polizia, poiché avrebbe voluto fare in realtà il magistrato. “Era la professione – sostiene Angelo Picariello – in cui poteva contribuire realmente alla giustizia”.
“Palatucci a Fiume non c’era venuto molto volentieri. Fu trasferito da Genova nel capoluogo quarnerino, molto probabilmente per punizione. Si portava dietro le radici montuose della Campania. Radici come la fede e la carità. Arriva a Fiume il 15 novembre 1937, l’anno dopo sarebbero state introdotte le leggi razziali. Viene assegnato all’ufficio stranieri e si trova, nel giro di pochi mesi, ad avere a che fare con una comunità di ebrei che oscilla tra 1.700 e 2.000 persone. Una presenza molto forte e radicata. Con le leggi razziali, iniziano a fuggire centinaia di ebrei. Sapevano che a Fiume operava un funzionario ben disposto nei loro confronti. Dal ‘Canale fiumano’ si salvarono migliaia e migliaia di ebrei”, racconta il giornalista Picariello. Da lì a poco tuttavia il questore reggente di Fiume fu arrestato, imprigionato nel Coroneo di Trieste e poi trasportato nel campo di concentramento di Dachau, dove morì poco prima della liberazione. La Prima Conferenza mondiale ebraica, svoltasi a Londra nel ‘45 stabilì che il questore di Fiume aveva salvato la vita a più di cinquemila ebrei. Oggi è “Giusto tra le nazioni” ed è in corso la causa di beatificazione.
“L’ultimo a parlare con Palatucci, alla stazione di Trieste, già chiuso con altri mille deportati in un vagone sigillato, fu il brigadiere Pietro Capuozzo, padre del noto giornalista Toni, tra l’altro autore della prefazione del libro. Al fidato brigadiere Palatucci raccomanda non sé stesso, ma un ragazzo di Trieste che veniva deportato con lui a Dechau e gli fa scivolare tra le mani un biglietto, “Capuozzo, accontenta questo ragazzo”. Da qui il titolo dell’opera.
“Anche da Fiume c’è stato il tentativo di sminuire la figura di Palatucci,– continua Picariello – ricordato pur sempre come un funzionario della Repubblica di Salò e dunque stretto collaboratore con dei funzionari sanguinari. A queste accuse rispondo che in quelle condizioni e con la funzione che ricopriva ha operato nel miglior modo possibile. Una persona che lavorava in un luogo dove le nefandezze sono all’ordine del giorno, aveva ben più spazio per fare del bene”.
“È stato emozionate. Ovviamente c’è sempre il timore di non aver rispettato abbastanza la verità dei fatti” – ha risposto infine Picariello alla domanda di cosa abbia provato nel presentare il libro a Fiume, teatro di quelle vicende.

Gianfranco Miksa

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